9 Luglio 2018 - 10:11

The Looming Tower, l’11 Settembre come non l’abbiamo mai visto

The Looming Tower

The Looming Tower (nella traduzione italiana, La Torre Incombente) è una miniserie trasmessa da Hulu e basata sull’omonimo romanzo di Lawrence Wright, premio Pulitzer nel 2007

La miniserie (10 gli episodi totali) The Looming Tower è stata considerata dalla critica come una delle sorprese – positivamente parlando – del panorama seriale di questa prima metà del 2018.

La serie si costruisce attraverso una dicotomia: un pre ed un post 11 Settembre 2001, nefasta data dell’attacco terroristico ad opera di Al-Qaeda al World Trade Center e al Pentagono.

Tra docu-serie e drama

Per chi è amante del genere documentaristico, The Looming Tower è sicuramente un prodotto da non perdere. L’andamento lento, perché preciso ed attento ad i particolari, risulta essere più un fattore positivo, piuttosto che negativo. Ci vuole del tempo per familiarizzare con i tantissimi nomi (i più di terroristi o aspiranti tali) e con il complesso apparato della sicurezza a stelle e strisce. Hulu non ha avuto timore nel portare sul piccolo schermo un prodotto particolare e con un pubblico di un certo target, un lavoro sicuramente non facilmente “commerciale”, ma di indiscussa qualità.

Interessante l’approfondimento di vicende che, ai nostri occhi – magari – sono risultate scollegate dall’11 Settembre. Infatti, nei primi episodi, vengono raccontati gli attentati terroristici in Kenya e Tanzania (1998): un’escalation dal finale drammatico (passando per l’attentato alla nave militare statunitense Cole nello Yemen).

Nel lavoro di Alex Gibney & Co. è immediatamente ravvisabile, oltre all’aspetto di ricostruzione dei fatti, il fronteggiarsi di due agenzie governative che troppo spesso – non solo nell’immaginario collettivo – si sono pestati i piedi, la CIA e l’FBI. Questione, questa, che risulterà essere determinante, ora in modo negativo, sull’epilogo della vicenda.

Diversi, ma forti

John O’Neill è a capo di una divisione della I-49 dell’FBI, Martin Shmidt ne è la sua nemesi, un dissacrante analista della CIA. Personalità poste agli antipodi: O’Neill è estremamente espansivo nei suoi atteggiamenti fuori e dentro l’ufficio: sposato ma con due amanti, capo troppo spesso ossessivo, con il vizio dell’alcool.

O’Neill fu il primo ad primo a intuire la minaccia terroristica che incombeva sugli Stati Uniti ma, purtroppo, come spesso accade, venne considerato alla stregua di una Cassandra. D’altra parte, l’enigmatico ed ambiguo Shmidt, ampiamente convinto di essere l’unico in grado di proteggere la nazione, rifiutò categoricamente di collaborare con il capo dell’FBI, reo di bruciare troppo velocemente ed inutilmente le tappe, così da non poter colpire alla base il gruppo terroristico.

Da questo complicato rapporto è subito estrapolata la (sommessa ed aggiuntiva) causa che ha portato all’11 Settembre: la sottovalutazione della minaccia di Bin Laden, il clamoroso fallimento della politica di prevenzione anti-terroristica.

“Se diciamo tutto all’FBI, andranno in giro per il mondo ad arrestare pesci piccoli, per lo più in Arabia Saudita. Usciranno notizie; il signore e la signora Smith saranno scandalizzati per la relazione insistente tra gli Stati Uniti e la famiglia reale saudita, dopotutto danno rifugio ai terroristi, o così come dice l’FBI. E i fondamentalisti in Arabia Saudita saranno tanto arrabbiati che gli americani vogliono dichiarare guerra all’Islam. Quindi cadranno teste reali, i fondamentalisti invaderanno il paese e i loro compagni in tutto il Medio Oriente daranno avvio a guerre civili in molti stati: Iran, Iraq, Siria, Egitto, Pakistan; e dopo quando il sangue si seccherà e i fanatici regneranno l’Oriente, il signore e la signora Smith si ingozzeranno con i loro cereali senza rendersi conto che è appena avvenuto un terremoto nella struttura politica del pianeta e che loro ne pagheranno le spese.”

– The Looming Tower 1×08 (A Very Special Relationship)

Il quadro viene completato da tante altre figure legate alle due agenzie: Richard Clarke, membro del Consiglio di Sicurezza nazionale antiterrorismo interpretato da Michael Stuhlbarg (straordinario nel ruolo di Mr. Pelman in Call by Your Name) e George Tenet, direttore della CIA interpretato dalla Guest Starr Alec Baldwin.

Ali Soufan: libanese, americano, musulmano

Ali Soufan è forse il personaggio più interessante. L’agente libico-statunitense in forze all’FBI, preziosa risorsa per via della sua conoscenza della lingua e della cultura araba, è l’unico vero elemento positivo della seria. Un uomo che non ha scheletri nell’armadio, ligio al dovere: mette la sua vita personale al secondo posto, dopo la sicurezza del paese.

È il volto straniero che smentisce la paura “del diverso“. Soufan è uno schiaffo alla xenofobia, un abbraccio all’integrazione, un tendere alla mano ai valori dell’Islam che, in questo caso, non sono produttivi di tensione ma, coerenti anche con i principi di sicurezza e legalità.

Oltre ogni ragionevole dubbio, dopo l’11 Settembre, gli americani hanno – purtroppo – iniziato a guardare di sottecchi qualunque musulmano (anche naturalizzato), pensando immaturamente che ognuno di loro fosse il prossimo terrorista e dimenticando, sfortunatamente, che fu proprio un musulmano l’uomo più vicino a sventare gli attentati.

Dilettantismo politico

Bill Clinton prima, George W. Bush dopo. I due presidenti, che hanno fatto discutere per cause diverse, restano sullo sfondo senza interrompere la narrazione, come un sottofondo non invasivo.

Li vediamo in TV, in comizi o in tribunali. Chi combatte per restare a galla dopo uno scandalo, chi deve fronteggiare una guerra dopo quasi trent’anni dopo quella del Vietnam. Sono figure trasparenti, come a voler sottolineare due aspetti che – non è detto – si escludano a vicenda: lo scarso interessa alla questione e/o la sottovalutazione del problema.

The Looming Tower critica, a volte con ferocia, la politica statunitense, attraverso la narrazione di quei meccanismi burocratici farcita di quegli inutili “qui, funziona così“.

JoJo Whilden/Hulu

Emblematica la figura di Condoleezza Rice (interpretata da Eisa Davis) che entra negli ultimi episodi: impreparata e/o inesperta che, al banco davanti alla Commissione d’inchiesta del Congresso disse dopo i fatti del 9/11: “Spettava alla CIA dirci di quale minaccia bisognava tener conto, ma nei memorandum che ci furono consegnati non si faceva alcun cenno all’ipotesi di aerei usati come missili. […] Ci disse (Bush) che non voleva rispondere a ogni singolo attacco di al-Qaeda e che era stufo di ‘scacciare le mosche’“. 

 

 

Esplosività del cast

The Looming Tower ha rischiato, in più di un’occasione, di risultare una narrazione monocorde ed insistente. Sono state le eccellenze del cast a sventare tale “minaccia”.

Jeff Daniels, voto 8: è totalizzante. A volta assume lo stereotipato volto dell’agente cattivo e “con le palle” ma, la voglia di sottolinearne i suoi molteplici aspetti negativi lo rende oltremodo fallibile ed umano. È Daniels, senza dubbio, a vincere – e con distacco – il premio di miglior attore della serie. Occupa lo schermo, oscura il resto. Bello, a tratti toccante, il rapporto che instaura con il generale “fratello” Qamish (interpretato da Ali Suliman), a simboleggiare quella pace e tra due popoli così diversi ma sempre e comunque fattibile.

Tahar Rahim, voto 7-: il volto buono e nobile tra due continenti. Il ruolo dell’attore francese è, forse, il più complicato. Deve destreggiarsi con due mondi totalmente differenti. Deve mostrare in che modo il giovane agente libico-statunitense deve rapportarsi con due entità: quella spirituale e quella civile che, a volte, entrano in contrasto. Positiva la sua prova, ma a volte è risulta piatto ed insipido.

Peter Sarsgaard, voto 7,5: Dietro la grande montatura dei suoi occhiali, l’attore statunitense resta sempre ambiguo, schivo, a volte intollerabile. La nemesi di O’Neill è fredda ed analitica: l’asfissiante sede dell’Alec Station non poteva essere dimora perfetta per l’enigmatico analista.

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