The War – Il pianeta delle scimmie, la recensione di ZON.it
The War – Il pianeta delle scimmie, diretto da Matt Reeves, chiude la trilogia reboot con un concentrato di emozioni e spunti di riflessione
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Con The War – Il pianeta delle scimmie, il regista Matt Reeves porta a conclusione una trilogia che ha emozionato gran parte di pubblico e critica sin dal capitolo d’apertura, guidato nel 2011 da un egregio Rupert Wyatt. Reeves, sulla falsa riga del secondo episodio sempre condotto da lui, assegna primaria importanza alla drammaticità e all’introspezione dei personaggi, soprattutto a quella del protagonista Cesare interpretato, ancora una volta, da Andy Serkis.
La trama
Continua ormai senza sosta la guerra tra umani e scimmie. I primi sono in via di estinzione a causa dell’imperversare del cosiddetto “virus delle scimmie”; i secondi cercano di asserragliarsi sempre di più all’interno della foresta sperando di evitare di ingaggiare battaglia contro eserciti di uomini super armati. La pace non arriva e il Colonnello (Woody Harrelson) è intento più che mai ad eliminare le scimmie comandate da Cesare (Andy Serkis).
Il tramonto del genere umano
Il film di Reeves cattura lo spettatore sin dalle prime curatissime inquadrature che richiamano note pellicole dedicate, in particolare, alla guerra del Vietnam. La cinepresa serpeggia con curiosa lentezza sopra le teste dei personaggi nei primi minuti in cui azione e tensione si mescolano e si alternano rendendo subito ben chiara la gravità di una situazione che da tempo ha raggiunto il punto di non ritorno. La guerra ha ormai prevalso definitivamente su un dialogo che non c’è mai stato.
Scimmie e uomini, le prime guidate da Cesare e i secondi dal Colonnello, rappresentano due poli mai destinati ad incontrarsi. L’effettiva regressione della specie umana, di cui siamo spettatori noi stessi nel mondo reale, prevede il rifiuto del dialogo, la paura del diverso e una soluzione di primitiva e istintiva concezione, la distruzione. I principi basilari del vivere sociale sono ormai crollati e il passaggio di consegne da una specie all’altra è reso dal regista in maniera esemplare. Tra le scimmie la percezione dell’importanza dell’unione familiare segna il definitivo affermarsi della ragione sugli istinti selvaggi.
Fate largo a Cesare
Reeves, dopo i primi minuti di grande attrazione visiva ed emotiva, abbassa i ritmi e dà il via al viaggio che vede protagonista assoluto Cesare, senza dubbio uno dei personaggi meglio caratterizzati del cinema degli ultimi anni. Lo spazio dedicato al protagonista della trilogia e alla sua evoluzione interiore è totale, lasciando il susseguirsi degli eventi sullo sfondo. Primi e primissimi piani di Cesare e dei suoi compagni impressionano sia per la realisticità della resa grafica, sia per la capacità di trasmettere allo spettatore i loro stati d’animo.
Le sofferenze che Cesare prova durante la battaglia del suo popolo bucano letteralmente lo schermo. Lo spettacolo, che di certo non manca, viene dominato dalla malinconia che aleggia in ogni sguardo e in ogni gesto. La lotta interiore del protagonista, che vede a tratti emergere la parte umana più oscura e vendicativa, è la conseguenza di tormenti troppo a lungo patiti e mai dimenticati.
Il cast
Si è già parlato del Cesare di Andy Serkis ma, forse, non è abbastanza. La grandezza di questo personaggio digitale, evolutosi in questi anni sia graficamente che a livello emotivo, è immensa e Serkis si conferma essere il migliore attore nell’interpretare ruoli del genere. Convincente il Colonnello interpretato da Woody Harrelson, duro, cattivo, spietato ma tormentato non meno di Cesare. Purtroppo di nessuna rilevanza il personaggio della piccola Nova (Amiah Miller), utilizzato unicamente come escamotage per citare Il pianeta delle scimmie del 1968.
The War – Il pianeta delle scimmie è un lavoro riuscito e da applaudire in toto. Reeves, puntando tutto su Cesare, probabilmente sottrae importanza all’impresa a cui sono destinate tutte le scimmie ma, nonostante ciò, si possono giudicare superate con ottimi voti le difficoltà affrontate da Reeves per chiudere nel migliore dei modi una trilogia della cui grandezza non tutti si sono resi subito conto e probabilmente per alcuni ci vorrà ancora un po’ per comprenderla a pieno.
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