5 Maggio 2016 - 22:58

Unwelcome from Tijuana, il muro della contesa

Tijuana è la frontiera con gli Stati Uniti, “la porta del Messico” da cui passano molti Americani che fuggono dalla legge, da cui passano molti messicani che sognano un destino diverso. Ma Tijuana è anche vittima di stereotipi, fanatismi e della campagna di Donald Trump

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Welcome to Tijuana cantava Manu Chao, alludendo alla possibilità per gli stranieri di trovarvi “tequila, sesso e marijuana”. Ma Tijuana registra anche un gran numero di passaggi clandestini notturni, guidati dai coyotes, i trafficanti dei mexicani, dei latinos: un business che non conosce declino, alimentato dal grande sogno americano.

Il confine tra Stati Uniti e Messico è lungo 3.145 Km, dal Pacifico al Golfo attraversando California, Arizona, New Mexico e Texas. Questa la linea tra la povertà e la ricchezza, tra uno dei tanti Paesi del Sud del mondo e una grande potenza mondiale, tra l’illegalità e la legalità.

La barriera rappresenta il simbolo di uno scontro culturale ed economico, oltre che geografico. Molti l’hanno superata, molti ci provano ancora, sperando in un futuro migliore, sperando di non dover tornare.

La barriera, allestita negli anni ’70, inizialmente rappresentava la separazione per mezzo del solo filo spinato, ma nel corso dei decenni è diventata sempre più grande, insormontabile e minacciosa: si è raddoppiata, assumendo, ad oggi, le sembianze di due invalicabili muraglie, che si estendono a cavallo tra San Diego e Tijuana per quasi 23 Km.

Una delle questioni più discusse, quella migratoria alla ribalta da decenni, riguarda proprio il flusso dal Mexico. Ora è di nuovo attuale materia di dibattito politico in America. L’oggetto a contendere in propaganda elettorale si gioca anche sul futuro dei cosiddetti “dreamers” o “soñadores”.

Attualmente per chi non possiede una Green Card ottenere i permessi è sempre più difficile e quasi sempre basta un semplice reato, anche minore, per essere rispediti nel proprio paese. Infatti sono sempre più comuni e numerosi i casi di interdizione dopo l’11 settembre, misura che può scattare anche per semplici multe non pagate.

Ma al populista miliardario Donald Trump, tutto questo non basta, e in giro per l’America per promuovere la sua campagna elettorale, goliardicamente annuncia l’intento di costruire “un grande muro, una barriera impenetrabile lungo tutto il confine tra gli Usa e il Messico. E saranno loro, i messicani, a pagarne le spese”. In tutti i sensi.

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