25 Febbraio 2015 - 10:45

Transgender e blocco della pubertà in Olanda

Nella clinica olandese VU Medical Center, è possibile bloccare la pubertà per diagnosticare la disforia di genere, il disturbo dei transgender 

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Transgender, o se è meglio, chi cambia sesso. Ad Amsterdam, nel VU Medical Center, è possibile fare in modo di capire quando e se sussiste il fenomeno transgender. Il protocollo sconvolgente ma progressista, apparso come un allarme di manipolazione biologica due anni fa al Careggi di Firenze; consiste nell’ interruzione di pubertà, da parte di piccoli pazienti intorno ai 12 anni, o addirittura ancora bambini potenziali transgender. Ciò avverrebbe attraverso la somministrazione di soppressori ormonali, che bloccano la comparsa dei caratteri sessuali secondari, per poter dare il tempo di diagnosticare nel la disforia di genere.

transgender

Transgender

Il transgender, cioè il paziente affetto da disforia di genere, non si riconosce nel proprio sesso biologico. Ciò genera nel transgender una profonda sofferenza psicologica, che si ripercuote non solo nella sfera emotiva, ma anche in quella sociale, con un notevole disagio a scuola, nei rapporti con gli altri, e nel caso dei più grandi, nelle relazioni sentimentali.

A dispetto di tutte le polemiche divampate su questo modus operandi, il procedimento di individuazione del transgender non risulta essere né amorale né invasivo, soprattutto quando nel centro medico, i genitori portano bambini che giocano con le bambole, o bambine che desiderano vestirsi da maschietto. Ai probabili transgender in tenera età e fino ai 16 anni (anno del consenso medico in Olanda), non vengono somministrati farmaci, ma si procede con un supporto psicologico da parte di un team; per capire se effettivamente si tratta di un transgender, oppure di una fase della crescita. Ciò è probabile accada anche nella pre-adolescenza, che è un periodo particolarmente delicato per il transgender, colpito in misura maggiore da ansia, pensieri suicidi, o disturbi alimentari.

Il trattamento con i farmaci, spiega la dottoressa Annelou de Vries, coordinatrice del Center of Expertise on Gender Dysphoria, permette di dare il tempo ai medici di capire se si tratta di un transgender, e quindi di disforia, e ai pazienti di non farsi travolgere dai cambiamenti nel proprio corpo, che avvengono naturalmente durante l’adolescenza; e che possono generare ulteriore angoscia perché non accettati. Dai 16 anni quindi, si cominciano ad assumere ormoni che bloccano la crescita, ed è un processo completamente reversibile, che apporta innumerevoli vantaggi dal punto di vista psicologico per i transgender, ma anche lievi controindicazioni come mal di testa e vampate che poi spariscono, oppure aumenti di pressione, ma solo in casi rari, ed un leggero ritardo nello sviluppo. La de Vries sostiene che per i transgender si tratta solo di “un prolungamento diagnostico, e non di un riassestamento di genere”.

I pazienti in questo modo, una volta che hanno avuto una diagnosi certa e completa, che è possibile effettuare se si interviene con lungimiranza ed estrema cautela, possono essere indirizzati verso la pubertà del sesso desiderato e condurre una vita totalmente normale. Non si tratta di manipolazione o di scelta arbitraria, ma semplicemente di assecondare una volontà, che incide molto di più sulla biologia. Nella maggior parte dei casi, coloro che hanno transitato, sono molto soddisfatti e felici della loro nuova vita, e senza la trafila di dolorosi e costosi interventi chirurgici o traumi di altro tipo. Questo non è un’adulterazione della natura, semplicemente un diritto alla felicità.

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