13 Maggio 2015 - 10:39

Unioni civili: un passo verso la civiltà

L’approvazione delle unioni civili al Senato porta ad un nuovo scontro in aula che cozza con la disciplina dei regolamenti parlamentari

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In principio furono i PACS, poi i DICO e poi più nulla.

Ora, dopo il parere positivo sulla costituzionalità del provvedimento da parte della Commissione Affari Costituzionali del Senato, il disegno sulle unioni civili può continuare il suo iter.

In realtà la strada intraprese è parecchio tortuosa e gli ostacoli presenti sono gli stessi di sempre.

Dopo l’approvazione del testo base, infatti, le unioni civili dovranno affrontare l’ardua resistenza del fronte conservatore e dei suoi 4.000 emendamenti.

unioni civili

Carlo Giovanardi, oppositore delle unioni civili

Il provvedimento in questione, già approvato il 26 marzo del 2015 dalla Commissione Giustizia del Senato, si fonda su una duplice struttura che da un lato tende ad equiparare le unioni civili all’istituto del matrimonio e dall’altro cerca di disciplinare sia la reversibilità della pensione che l’adozione.

L’ultimo impianto, che costituisce una garanzia anche verso i conviventi di sesso opposto, porta alla luce un nuovo tipo di istituto, fondato sull’articolo 2 della costituzione, che garantisce pari diritti sociali alle coppie formate da persone dello stesso sesso e risolve le annose questioni dell’assistenza ospedaliera del partner e della successione.

Proprio su questi temi si incentra lo scontro ideologico(?) portato avanti dal gruppo Area Popolare, che attraverso i suoi 4.000 emendamenti (di cui circa 282 del solo Giovanardi) cerca di ridurre la portata del testo fino a farlo scomparire del tutto (come accaduto per i già citati PACS e DICO).

Le rimostranze del gruppo, esplicitate dalla vice – capogruppo al Senato Federica Chiavaroli, fanno leva in primo luogo sull’equiparazione al matrimonio e successivamente sulla pensione di reversibilità e le adozioni.

Come accaduto in passato anche questa volta l’opposizione al provvedimento tende a creare cittadini di Serie A e di Serie B.

Infatti, per quanto riguarda le coppie di fatto, l’anomalia è riscontrabile nei regolamenti parlamentari che disciplinano la materia dal lontano 1990.

Grazie a questi il parlamentare dopo aver dichiarato la convivenza «more uxorio» da almeno tre anni(grazie alla semplice compilazione di un modulo) “concede” al convivente tutti i diritti quali l’ assistenza sanitaria, la quota contributiva doppia e la reversibilità della pensione.

La disciplina, almeno per i parlamentari, non si ferma qui, in quanto la stessa è estesa anche ai figli nati fuori dal matrimonio (fino al raggiungimento della maggiore età) abbracciando anche la spinosa questione dei vitalizi (riconosciuto ai “partner di fatto” anche dei consiglieri regionali).

Le unioni civili, sostenuto dalle Camere e “sfruttate” da circa il 25% degli appartenenti della Camera dei Deputati, creano l’ennesima situazione paradossale nella penisola italica in quanto al di fuori delle aule si cerca di far passare la contrarietà alle unioni civili come una battaglia di moralità in nome della “famiglia tradizionale” mentre all’interno si estende un privilegio destinato solamente a pochi “eletti”.

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