Xbox, quale futuro per la console Microsoft?
Xbox è il brand di Microsoft che ha segnato, probabilmente, maggiormente la storia dell’azienda: una console che, nonostante l’egemonia assoluta di Sony con la PlayStation, ha conquistato il mercato senza battere ciglio, ma che dopo qualche anno non ha retto il peso della propria fama
[ads1] Neppure Microsoft avrebbe potuto prevedere, dopo il successo della sua prima console, la Xbox, un declino del proprio prodotto di successo.
Eppure è accaduto proprio l’inatteso.
Nei suoi primi otto anni di vita, Xbox per Microsoft è stato un prodotto di punta e d’alto profilo. Raggiunto il successo, pressoché immediato, come strumento ludico, oggi ha cambiato il suo contenuto: trasformata in oggetto di classe, d’arredo e non più vincolato sola esperienza di gioco nuda e cruda, oggi offre la possibilità di fruizione di servizi di streaming tv, di controllo per molti strumenti digitali del soggiorno ed è provvista di un controller Kinect decisamente più evoluto.
Xbox One è, sulla carta, la miglior consolle prodotta finora da Microsoft, il Kinect potenziato è affiancato da un hardware decisamente performante, anche i servizi in cloud sono più che degni di considerazione. Ma cos’è che, allora, non va? Principale problema è la strategia adottata sui giochi, quello che viene percepito, ancora, come il cuore di Xbox.
La presentazione della consolle, in grande stile, ha avuto solo 6 minuti dedicati ai giochi che avrebbero fatto da corredo alla Xbox. Stampa e utenti non restarono, dopo la presentazione, felicemente sorpresi e, infatti, si scatenò il putiferio che, subito dopo, obbligò Microsoft a sviluppare un nuovo evento per annunciare Halo e Killer Instinct. Purtroppo neppure questo ebbe l’impatto desiderato: 100€ circa richiesti in più per il Kinect non erano affatto un regalo per gli acquirenti. Sul mercato stava per arrivare anche la concorrenza, e la Play Station 4 aveva tutte le carte int regola per competere.
Microsoft da sempre ha prodotto videogiochi, solitamente orientati ai possessori di PC Windows, e dal 2000 si è lanciata a capofitto anche nel mondo dei videogames esclusivi per consolle. Tra i prodotti di punta, Fable e Crackdown erano quelli sotto il diretto controllo di Shannon Loftis, oggi general manager dei Microsoft Studios.
Sotto la supervisione della Loftis la Microsoft, oggi, sta concentrando le sue attenzioni soprattutto, e nuovamente, sullo sviluppo di giochi con carattere allontanandosi dai progetti dispersivi in cui si era imbarcata: documentari, giochi, show televisivi e film. E’ pur vero e doveroso ricordare che non tutti i grandi giochi di Microsoft sono sviluppati da Microsoft. Quello che, infatti, fa la società informatica tra le più famose del mondo è affidare a partner terzi lo sviluppo dei prodotti, finanziandoli, promuovendoli, sviluppando campagne di marketing e fornendo supporto grazie ai propri ingegneri e programmatori. I titoli che hanno avuto discreto successo da questa strategia sono: Gears of War, Dance Central e State of Decay.
Microsoft, però, oggi ha bisogno di riportare in auge il proprio brand. Per farlo, però, deve stringere accordi migliori, continuare ad avere il supporto di questi produttori terzi. Per far ciò, Microsoft deve riuscire a farsi apprezzare e a dare fiducia a questi terzi operatori del settore.
E, come un bravo manager deve fare, la Loftis ha immediatamente messo in moto un processo di consolidamento delle partnership. Sono i giochi a fare la differenza nel mondo videoludico.
La manovra di Microsoft del 2016 è stata, probabilmente, furba: ReCore, Crackdown 3 e Quantum Break arriveranno con il nuovo anno.
Il core business di Microsoft, però, resta Windows e l’uso professionale del computer, e purtroppo la Xbox è solo una piccola parte della torta dei guadagni. Secondo la Loftis, Microsoft continua a investire in questo progetto non tanto per l’effettiva redditività dello stesso, quanto perché i giocatori sono comunque consumatori, e l’insieme di questi crea, comunque, una community. La community funziona perché stesso i consumatori trovano applicazione ed incentivano la diffusione dei prodotti che l’azienda mette in campo: il Kinect, per esempio, è nato come semplice accessorio per la consolle, ma gli utenti hanno saputo trovargli applicazioni aggiuntive e supplementari. L’applicazione creativa, incentivata dagli utenti, porta benefici un po’ largamente diffusi, per la società umana, ma anche per Microsoft stessa.
Per Microsoft la soluzione non certo quella di vendere più consolle, bensì comprendere quello che effettivamente l’utenza desidera, cosa non fatta quando fu lanciata la One. Alla presentazione la consolle fu mostrata per tutte le sue potenzialità: si poteva giocare, si poteva telefonare via Skype, si poteva ricevere dati e informazioni sul proprio sport preferito, ma non era quello che l’utenza desiderava più di tutto.
Oggi, con Windows 10, è arrivata anche una nuova applicazione che consente di fare uno streaming della propria Xbox One sul proprio computer, consentendo di giocare così anche da remoto. L’integrazione è, probabilmente, la carta vincente di Microsoft. L’utenza di Windows diventa parte attiva della comunità Xbox, così come quella di Xbox è invogliata a partecipare e a fruire dei vantaggi per gli utilizzatori di Windows. E, creando interazione continua, il CEO di Microsoft, Nadella ha potuto affermare che Windows è un servizio multipiattaforma, non solo un sistema operativo per computer. Quasi tutti i giochi, esclusivi per piattaforma Xbox verranno implementati nel nuovo sistema comune diventando esclusive fruibili anche su altri sistemi, quali, ad esempio, i computer.
Ma questa strategia non finisce per ridurre ancora di più il ruolo delle consolle?
A quanto pare si, però, in Microsoft dichiarano piena intenzione a continuare il supporto a Xbox e non voglio, così dicono, abbandonare il progetto, anzi puntano a rafforzare l’immagine del brand. [ads2]
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