AZONzo a Pechino, un tuffo nel Distretto 798
La rubrica aZONzo vi porta, oggi, alla scoperta dell’Art Zone e la “faccia nascosta” di Pechino. Un bagno nel clima internazionale del Distretto d’arte più famoso della capitale cinese, tra avanguardie artistiche ed esigenze di riconversione
[ads1] Pechino – Ci sono elementi che tornano, nella storia e nell’architettura, che indicano chiaramente dove la Cina stia andando. Elementi caratterizzanti, che costituiscono un pò il documento di riconoscimento, la carta di identità della Nazione.
Pechino, da buona capitale, è il simbolo dell’avanzata cinese sul fronte economico: produrre è l’imperativo categorico, un senso unico sentito e condiviso da ogni ceto sociale. E’ un modus operandi che si riversa sull’ambiente, lo stile di vita e le scelte estetiche. E’ come a dire: “vogliamo crescere e te lo facciamo vedere”. Lo conferma il progetto di distruggere gli hutong, quartieri popolari che di questa città hanno fatto la storia, troppo bassi e angusti per rappresentare la grandezza verso cui la Nazione corre. Lo confermano le nuove tecniche di costruzione e la tendenza, anche per esigenze demografiche, a edificare verso l’alto.
Il distretto 798, in un quadro ideologico simile, è letteralmente un’oasi nel deserto, l’eccezione che conferma la regola. Ha una storia diametralmente opposta a quella dell’intera città ed è il frutto di quella controrivoluzione che, da sempre, muove dall’arte. E’ uno spazio quasi ghettizzato, in senso buono, dominato dall’idea di ricercare il bello in quella che sarebbe dovuta diventare, nel progetto originario degli anni ’50, la più grande realtà industriale di tutta l’Asia.
L’arte è ovunque e in ogni forma: sui muri bassi, graffiti ed espressioni di dissenso ben celate; nelle stradine, sculture a grandezza naturale, colorate ed espressive; negli edifici in stile Bauhaus, gallerie, musei, luoghi di esposizione.
Vi capiterà, allora, di incontrare una dinosauro in gabbia, un enorme toro argenteo molestato da Buddha, un mostro in pietra rossa che fa più tenerezza che paura, e qualche arciere del buon vecchio esercito imperiale, realizzato con ceramiche e smalti locali, a presidiare le strade. Anche una melanzana in formato famiglia, che su un marciapiede ci sta sempre bene.
Vi capiterà di attraversare ponti in miniatura e ferrovie ormai chiuse, con foto quasi d’obbligo. Ritrovare un vagone di epoca post industriale a fare da mobilio lungo la strada e meravigliarvi di quanto un ferro nato nel rigore possa apparire pittoresco, soltanto cambiandone la destinazione d’uso.
In definitiva, un centro polifunzionale in cui si respira un’atmosfera di apertura e possibilità. Una faccia della Cina inedita, dal sapore bohemienne. Qualcosa di cui discutere in una tipica tea room o in un cafè di stampo occidentale, per trascorrere una giornata -e potrebbe non bastare- di contaminazione positiva.
Se siete in Cina o state programmando un viaggio a Pechino, insomma, non perdete la possibilità di vedere e toccare con mano l’altra faccia della capitale cinese. Decisamente consigliata!
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