Lavoro, senza autocritica non si va da nessuna parte
Lavoro e Decreto Dignità al centro dell’agenda politica. Uno sguardo a quanto fatto e quanto si potrebbe fare su un tema così spinoso per il nostro Paese
Mercoledì inizierà alla Camera dei Deputati l’esame del Decreto Dignità e sul tema lavoro si sprecano le considerazioni in questi giorni.
Fra numeri, smentite di rito e visioni futuristiche più o meno positive a spiccare è l’assenza di quell’autocritica che tanto l’attuale governo, che sta cercando di rivedere le regole d’ingaggio, quanto l’opposizione dovrebbero fare.
La questione lavoro, infatti, è sempre stata valutata con troppa leggerezza – facendo emergere, di volta in volta, la soluzione personale migliore – citando troppo spesso casi tipo da prendere ad esempio per proteggere l’una o l’altra opinione.
Partendo dal gruppo a capo del Governo, è possibile dire che senza dubbio attraverso il Decreto Dignità vengono riscritte tante di quelle regole che hanno destabilizzato totalmente la fascia d’età 24 – 35 – più di tutte le altre – ma, allo stesso tempo, ciò che si è proposto allo stato attuale non è del tutto sufficiente per ristabilire una normalità scomparsa ormai da tempo.
La facilità nei licenziamenti, punto centrale del Jobs Act, al momento permane e nonostante il disincentivo verso la temporaneità dei contratti, si rischierebbe di lasciare irrisolti i macigni regalati con la riforma del lavoro in salsa renziana.
Andando invece dalla parte di chi critica il disegno ideato dal Ministro Di Maio, è facile notare come in casa opposizione – Pd in particolar modo – ancora non ci si riesca a discricare bene sul tema lavoro.
Partendo da una trasformazione ormai definita – il Pd, in pratica, si è totalmente trasformato in un contenitore moderato molto simile in struttura a quelli definiti dalla scienza politica come partiti dei notabili – l’ormai ex partito di centro – sinistra pur di attaccare il provvedimento spesso, e ahimè volentieri, cade sia dal punto di vista partitico che (ideal)politico.
L’emendemanto contro l’aumento dell’indennizzo in caso di ingiusto licenziamento, allineandosi con le posizioni di Confindustria, e il caso della lavoratrice Anpal – che rispondendo al Segretario democratico ha messo in evidenza la responsabilità del Jobs Act – rappresentano solamente alcuni dei punti che da un lato continuano ad allontanare il partito dalla base storica (quasi a voler costruire un nuovo elettorato) e dall’altro ad una maggiore disaffezione verso le scelte politiche dell’organizzazione generate da un assoluto distacco da una realtà totalmente differente da quella che si discrive.
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