Nba, Irving no-vax è un caso: può saltare metà stagione con incognita sui play off
La Nba non impone l’obbligo ma il 95% degli atleti ha completato o sta per completare il ciclo vaccinale in vista dell’avvio della stagione. Per Lebron “È una cosa personale”
La nuova stagione Nba è alle porte e promette di essere la più competitiva degli ultimi anni, con almeno 4/5 squadre pronte a contendere il titolo ai Bucks. A meno di tre settimane dal via della Regular Season , però, gli occhi di tutti sono puntati sui Brooklyn Nets e non per questioni di campo.
I Nets, che possono contare su un roster da videogame, sono a detta di tutti gli strafavoriti alla vittoria finale, una vittoria che però potrebbe sfuggire per questioni extra campo che impedirebbero alla franchigia di Brooklyn, di non poter schierare i suoi “Big three” (Irving, Durant e Harden) per gran parte della stagione, Play-off inclusi.
Infatti, dopo l’esperimento riuscito della bolla di Orlando di ormai due stagioni fa e le regole più che severe dell’ultima, la Nba si appresta a tornare alla normalità grazie ai vaccini, liberando gli atleti da quegli stressanti controlli giornalieri a cui sono stati sottoposti per un anno e mezzo.
Secondo gli ultimi dati raccolti dalla Lega, il 90% dei giocatori ha completato il ciclo vaccinale mentre un altro 5% sta per completarlo, ciò nonostante, mancano all’appello alcuni nomi illustri tra cui la star dei Nets Kyrie Irving.
Regole Nba e leggi cittadine, cosa rischiano i no-vax?
Irving non è di certo nuovo ad uscite fuori dal coro di questo tipo, solo due anni fa, quando ancora vestiva la casacca di Cleaveland, dichiarò di essere convinto che la terra fosse piatta, dichiarazioni che scatenarono un putiferio costringendolo a scusarsi.
Ora la questione, se possibile, fa ancora più rumore perché negli States la campagna vaccinale prosegue a rilento e le restrizioni per i no-vax stanno iniziando ad essere tante e molto severe.
La Nba, così come accaduto per la Nfl e Mlb, anche se fortemente consigliato non ha reso il vaccino obbligatorio per i suoi atleti, ma ha creato un protocollo di 61 pagine con l’obbiettivo di complicare la vita ai “ribelli” attraverso una serie di regole molto ferree.
Gli atleti no-vax, a differenza dei loro colleghi immunizzati, saranno sottoposti a controlli giornalieri e, in occasione delle partite, anche più volte al giorno. Mentre i vaccinati non dovranno svolgera la quarantena nell’eventualità di contatti con positivi, i no-vax, invece, dovranno rispettarla per almeno 7 giorni.
I non immunizzati, inoltre, non potranno mangiare con i propri compagni al chiuso, viaggiare accanto ad un compagno vaccinato e accedere alle piscine della facility, se al proprio interno sia presente anche un solo atleta vaccinato. All’interno del protocollo è previsto anche una sezione apposita per gli spogliatoi, dove i non vaccinati avranno un armadietto distanziato dai loro compagni.
A dar man forte alla Lega ci hanno pensato anche alcune delle città più importanti ad ospitare una franchigia Nba. Nello specifico, la città di New York, dove hanno sede le gare interne dei Nets, e la città di San Francisco hanno imposto l’obbligo vaccinale per svolgere attività agonistica al chiuso, impedendo di fatto agli atleti non vaccinati di prendere parte ai match che si terranno in queste due città, e altre potrebbero presto seguirle.
Se la situazione dovrebbe rimanere questa, conti alla mano Irving dovrebbe rinunciare, oltre alle 41 partite in casa, alle 4 trasferte contro i Cetics e i Knicks e alle due gare contro i Golden State Warrios nella baia, per un totale di 47 partite su 82, senza contare la post-season.
Una rinuncia inaccettabile per chi quest’anno dovrà pagagli uno stipendio di 33 milioni di dollari e ha come unico obbiettivo la vittoria del titolo.
Shaq e gli altri, le reazioni del mondo Nba
La questione del rifiuto di Irving a sottoporsi al vaccino, ha ovviamente scatenato i pareri di tutto il mondo Nba.
Tra quelli ad andarci più duri contro la stella dei Nets è stato l’hall of famer Shaquille O’Neal. L’ex stella dei Lakers ha espresso un’opinione molte forte e, all’interno del suo podcast “The Big Podcast with Shaq”, non ha nascosto il suo malessere nei confronti della scelta di Irving.
“Non è mia intenzione deridere le opinioni di un’altra persona – ha dichiarato Shaq – Ora Kyrie ha le sue opinioni che non voglio discutere, ma ha anche un obbligo verso chi gli paga 200 milioni di dollari di contratto. Fossi suo compagno di squadra – continua il 4 volte campione Nba – andrei ai piani alti della franchigia e chiederei di cacciarlo”.
“Piani alti” che puntualmente sono intervenuti nella figura del proprietario Joe Tsai il quale, intervenuto ai microfoni del “New York Post”, ha tenuto a precisare la posizione della franchigia: “La sua è una specie di scelta personale, che rispetto. Ma tutti noi dobbiamo dimenticarci che il nostro obbiettivo è vincere il titolo e per riuscirci serve che ogni membro della squadra remi nella stessa direzione”
Di tutt’altra idea, invece, Lebron James che nonostante abbia da tempo completato il ciclo vaccinale, non si sente nella posizione di influenzare i suoi colleghi dichiarando che, a differenza dei temi raziali di cui è a tutti gli effetti un’attivista, la questione vaccino “È una cosa personale”.
Irving, così come gli altri no-vax, sembrano davvero con le spalle al muro. Di certo si lavorerà sotto traccia per convincere i ribelli a vaccinarsi ma, con l’inizio della stagione alle porte, si è molto lontani da trovare una soluzione.
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