Brexit: Il Regno (non più) Unito tra alleanze e timori. Il futuro della Gran Bretagna nella UE
God save the UK. Euroscettici in rimonta, il tema dell’immigrazione spinge in avanti la Brexit. Quale futuro per la Gran Bretagna?
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Con il referendum alle porte, in Gran Bretagna si voterà il 23 giugno, le posizioni pro-contro Brexit si fanno sempre più decise. Gli ultimi giorni hanno visto una forte rimonta degli euroscettici, guidati dall’ex sindaco di Londra Boris Johnson, che i sondaggi dell’Istituto Orb danno a quota meno 5, il 46 % rispetto ai sostenitori dell’Unione Europea che sono stimati al 51.
Molte sono le paure che gli euroscettici lamentano, prima fra tutti la questione immigrazione, che da più parti è sentita sempre più invasiva. Nel 2015 il flusso migratorio entro i confini dell’isola è stato molto più massiccio, con 330.000 stranieri in più, per la metà provenienti da altri Paesi comunitari, numeri di molto inferiori a quelli che si registrano nel Mediterraneo.
Ma le resistenze verso la politica comunitaria riguardano anche l’economia del Regno Unito.
Il dibattito è aperto e in UK a far da padrona è la confusione, tra timori e alleanze. I tory, con Cameron sono palesemente a favore del remain, e pur di mantenere lo status quo creano alleanze con i laburisti e con l’attuale sindaco di Londra Sadiq Khan.
Cameron, tra le altre cose, aveva evocato lo spettro della guerra in caso di vittoria del sì della brexit, e nonostante gli allarmismi dei pro e contro l’eventuale uscita del Regno Unito dall’UE, c’è chi, come Lucy Thomas, responsabile della campagna Britain Stronger IN Europe, pone condizioni a Bruxelles, suo slogan è quello del rimanere perchè “l’UK ha la miglior posizione in Europa, la Gran Bretagna ha una posizione negoziale molto forte nei confronti dell’Europa e potrebbe ottenere maggiore flessibilità in futuro”.
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