Barry Lyndon al cinema, nella versione restaurata
Barry Lyndon del maestro Stanley Kubrick, ritorna al cinema oggi in circa 70 sale in Italia, nella versione restaurata dalla Cineteca di Bologna
[ads2] I restauri della Cineteca di Bologna continuano a riscoprire classici del cinema e grandi autori. Oggi ritorna nelle sale uno dei capolavori di Stanley Kubrick: Barry Lyndon, girato nel 1975, tratto dal romanzo di William Thackeray, che vinse 4 premi Oscar (lo trovi nei cinema … clicca QUI).
Tra le possibili analisi del film, quella in chiave musicale è una delle più significative, che ci fa entrare nella complessità del film capolavoro. Dopo diverse collaborazioni, quella tra Wendy Carlos per Arancia meccanica e tra Leonard Rosenman per Barry Lyndon, portano Kubrick verso un modello “spietato” e “poetico” della musica. Barry è l’emblema del disadattamento sociale, che nel tentativo di cambiare, continua a perseverare nel loro squallido e basso status, fino ad uscirne sconfitto e profondamente triste: Barry Lyndon va in esilio e abbandona definitivamente il suo tentativo di personificare l’aristocrazia settecentesca.
In Barry Lyndon, Rosenman delinea la contrapposizione tra la giovinezza e la maturità attraverso due strategia linguistiche: musica diegetica e musica non diegetica. Diegetiche situazioni come la parata e lo scontro con le truppe francesi, accompagnate dalla British Grenadiers, il ballo campestre sulla note della Piper’s Maggot Jig, l’incontro con i prussiani, dove i militari sono coreografati dalla Hohenfriedberger March. Momenti che hanno una specifica funzione narrativa, in cui l’individuo si relaziona con la collettività (nelle tradizioni sociali e politiche), manifestando la sua identità e l’appartenenza ad una determinata cultura popolare. La musica si compone sul comportamento del personaggio. Barry Lyndon, deluso dall’amore, abbandona le sue origini per imbattersi nella vita militare e poi aristocratica.
Piccoli amori, fughe e molti incontri (in particolare quello con il cavaliere Balibari, una sorta di padre adottivo di Barry, sulle note de Il Barbiere di Siviglia di Paisiello), fino alla statica vita di coppia con Lady Lyndon, un matrimonio all’insegna dell’ipocrisia e dell’insoddisfazione. Introdotto fin dai titoli di testa con la Sarabande di Häendel, preannunciando la decadente sorte di Barry, il film si compone di musiche folkloristiche e militari, da Vivaldi a Bach, racconta il Settecento fino all’incontro con l’aristocrazia, che Rosenman rivela psicologicamente con il Trio Opera 100 di Schubert, pre-romantica come la natura ambigua e conflittuale dell’aristocrazia.
Romantica anche Lady Lyndon, che ama senza essere corrisposta, che soffre fino al deliro del decadentismo che le sta intorno. Un moderno melodramma familiare, in cui il conflitto “edipico” di Barry con il figliastro Lord Bullingdon, lo porterà verso un destino punitivo perdendo in un incidente il figlio giovanissimo, affermando ancora una volta la sua tragica natura di uomo di basso rango, incapace di adattarsi all’evolversi della vita. Un’opera tra il barocco e il classico che diventa improvvisamente romantica, stonando quasi con l’atmosfera, per arrivare ad una condizione intima, una sorta di confessione tra Barry e se stesso, tra Barry e lo spettatore, tra Kubrick e la propria opera.
Questa linea narrativa e musicale è poche volte alternata da musiche come Concerto per cello in mi minore di Vivaldi, durante momenti di quotidianità che mostrano già il distacco passionale da Lady Lyndon e Barry, o con Danze tedesche, alleggerendo i problemi familiari che tentano di restare celati. Un film pensato sulla musica, che si fa man mano dimensione spazio-temporale, sfondo, significato metafisico delle immagini, un accompagnamento e poi la vera e unica protagonista, analisi psicologica dei personaggi, “senso”.
Kubrick sapeva sempre cosa voleva da un suo film, come “una macchina di idee e di gusto”, ha abbracciato le arti portando verso un cinema che riflette l’uomo nelle sue questioni più profonde ed universali. La musica esaspera i sentimenti e i conflitti umani, che adattata in una nuova dimensione, muta letteralmente anche nella sua funzione emotiva, in un connubio con le immagini che ha reso grande il cinema di Kubrick.
… il cinema opera a un livello più vicino a quello della musica e della pittura che a quello della scrittura, i film offrono l’opportunità di veicolare concetti complessi e idee astratte senza servirsi in modo tradizionale della parola …
(Stanley Kubrick)
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