27 Giugno 2015 - 21:29

Cari Mostri, Stefano Benni e il volto multiforme della paura

Stefano Benni torna al racconto aprendo le porte dell’orrore ai Cari Mostri, immaginari o reali, che popolano le nostre vite e la nostra anima di piccole e grandi paure

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Un ritorno al racconto che profuma di sfida, a se stesso e al genere dell’orrore scelto per dar vita ai Cari Mostri, figure irriverenti ed ironiche che popolano le 21 sCari Mostri, Stefano Benni e il volto multiforme della pauratorie di paura presenti nel libro. Un omaggio in chiave satirica ai suoi Maestri, in particolare a Poe, per indagare nei timori contemporanei attraverso figure mostruose e ridicole, cupe e divertenti. 

Un mostro non è solo una creatura orrenda e spaventosa, etimologicamente mostrum vuol dire prodigio, è un motivo, un segnale che qualcosa si sta trasformando. Il mostro fa più paura se la porta è chiusa. Siamo in un periodo di mostri con la porta chiusa, perché la televisione attraverso lo schermo, ‘scherma’, non rivela. La diretta televisiva non ci da il tempo di pensare, di reagire, quindi la nostra paura aumenta. Il tempo del libro invece ci consente di prendere confidenza con il mostro, di fare qualcosa per non omologarsi a lui, di provare a combatterlo con la spada dell’intelligenza e dell’ironia.

IMG_7152Un universo che si svela pagina dopo pagina nella sua sfrontatezza, tra momenti di terrore e attimi di dissacranti risate. Ma è un riso a cui Benni ci ha già abituati in passato, che è quello amaro della verità, colta attraverso le piccole e grandi paure del mondo contemporaneo. Adolescenti costretti a ridimensionare le proprie prospettive di fronte all’assenza di speranze, Madonne che ridono invece di piangere, creature misteriose che seminano il panico sfidando la mummia di un museo egizio, o semplicemente imbattendosi nello scollegamento dal mondo per colpa di una disfunzione tecnologica.

Non ho paura della tecnologia, ma non cedo al ricatto di chi dice che essa è sempre progresso. A volte migliora la nostra vita, altre volte ci aliena dalla realtà e crea dipendenza. Bisogna stare attenti e far lavorare il cervello. Gli amici te li devi conquistare guardandoli negli occhi, poi facebook può aiutare, ma bisogna viverle le persone. Il corpo ormai si è letteralmente piegato ai supporti tecnologici, ed essi continuano ad essere usati per giochi e porno, e poco per attività culturali. Naturalmente il giorno che vedrò qualcuno leggere un mio libro su un iPad sarò contento, perché almeno mi ha letto. Ma essendo vecchio continuo a preferire il libro cartaceo.

Insomma, bisogna saper scindere l’utilità e la necessità del mezzo mediatico dall’alienazione della dipendenza, che ci allontana pericolosamente dalla realtà, dalla bellezza delle emozioni vissute corpo a corpo con chi ci circonda. Bisogna poter sopravvivere anche senza una password, una connessione, una ‘voce dolce e spietata’ di un operatore call center che piloti la nostra quotidianità.

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La mia peggior paura è che accada qualcosa di brutto alle persone a cui voglio bene. La mia è paura del distacco, di perdere cose e persone per me importanti. Bisogna avere sempre qualcuno con cui dividere gioie e paure.

ha dichiarato Benni durante la presentazione di Cari Mostri al Festival Salerno Letteratura.

La scrittura è uno dei modi più critici e diretti, non didascalici, per condividere la realtà con altri. Nella scrittura c’è invenzione e realismo. Per quanto ci si allontani dal mondo, le parole ci riportano sempre a un posto conosciuto.

Molte frasi si rifanno all’Estetica di Poe, che sosteneva che “la paura deve essere smisurata e crescente”Ma l’immaginazione non è gerarchica, non tutti abbiamo timore delle stesse cose. Non siamo uguali nelle nostre paure, ognuno ha le sue. Scrivere è un modo come un altro per esorcizzare lo sgomento, attraversandolo.

Se c’è il buio tu cammina lo stesso, chiama qualcuno, il buio non esiste, ci sono le stelle, una piccola luce c’è sempre. Solo il buio dentro, quello dell’anima può fermarci. Quindi quando c’è il buio tranquilla, accendi una candela e prosegui.

Ognuno ha una sua luce e può accenderla, c’è sempre il modo di illuminarsi, da dentro o da fuori. Per alcuni questa luce può essere la fede, per me che sono laico è l’affetto delle persone, l’amore che per fortuna mi ha sempre illuminato.

ha concluso Benni tra gli applausi commossi del pubblico salernitano.

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