Coronavirus, danni polmonari permanenti. Allerta dall’Ordine degli Anestesisti
Secondo il primo report sui danni permanenti causati dal coronavirus, il 25% riporta danni polmonari anche dopo 8 settimane dalla guarigione. Intanto dall’ordine degli anestesisti avvertono: “Il virus non è meno aggressivo”
Il coronavirus può lasciare danni permanenti ai polmoni. Questa la triste e dura verità emersa dal primo report sui danni a lungo termine causati dal Covid-19. Lo studio condotto a Cremona e pubblicato nei giorni scorsi sull’International Journal of Infectious Disease, ha analizzato l’andamento a otto settimane dalla guarigione delle condizioni polmonari di 90 pazienti. In particolare, dai test radiologici effettuati, si evince l’evoluzione fibrotica delle polmoniti causate da SARS-CoV-2.
Lo studio
L’equipe medica del dr. Maurizio Marvisi della casa di cura Figlie di San Camillo ha effettuato una TAC a 90 pazienti durante la fase acuta della malattia e a distanza di otto settimane dalle dimissioni. È emerso che il 25,5% ha sviluppato una fibrosi polmonare. Inoltre, negli stessi pazienti che presentavano fibrosi, si rilevavano livelli più alti di infiammazione sistemica con un’inibizione delle funzionalità del midollo osseo e conseguente riduzione di piastrine, leucociti ed emoglobina.
Grazie a questo studio si è anche riusciti ad individuare le categorie di pazienti che maggiormente rischiano di avere effetti permanenti dovuti al coronavirus. I pazienti di 75 anni di età (con uno scarto di 15 anni), sono i più a rischio, specialmente se fumatori e con altre patologie come diabete e ipertensione.
L’ordine degli anestesisti mette in guardia
Intanto, visto l’innalzarsi della curva epidemica degli ultimi giorni, aumentano anche i numeri di pazienti ricoverati e in terapia intensiva. Ciò indica che, se negli scorsi mesi si è riusciti ad avere un notevole decremento di contagi da coronavirus, questo è stato dovuto alle norme di distanziamento sociale e non ad un indebolimento del virus. È quanto affermato da Alessandro Vergallo, presidente nazionale di Aaroi-Emac (Associazione anestesisti rianimatori ospedalieri italiani), e riportato da ANSA: “Non ci convince quanto detto da alcuni in questi mesi, e cioè che il virus sia diventato meno aggressivo. La curva epidemica sta risalendo, così come i casi in terapia intensiva, che hanno un’età media più bassa. Per fortuna siamo lontani dal livello di allarme rosso dei mesi di marzo e aprile, grazie al contenimento sociale“.
Tuttavia, a differenza dei primi mesi, adesso si hanno maggiori conoscenze sul decorso della malattia, sulle cure da intraprendere e sulla diagnosi precoce. Resta comunque fondamentale attuare le tre norme su cui l’intera comunità scientifica è d’accordo: distanziamento sociale, uso corretto della mascherina e pulizia accurata delle mani.
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