25 Settembre 2019 - 17:19

Criminal: quattro nazioni, dodici indagini, una stanza

Criminal

Criminal, nuova serie Netflix sbarcata sul portale lo scorso 20 Settembre, ci presenta uno scenario inedito. Ma non tutto convince nello show procedurale

Netflix non smette mai di rinnovarsi. Saranno forse le notizie degli ultimi giorni, che vogliono la piattaforma in vistoso calo (soprattutto dal punto di vista degli abbonati), ma ancora una volta il servizio streaming più famoso di tutto il mondo trova il modo per attirare nuovamente i suoi spettatori. Dallo scorso 20 Settembre, infatti, i possessori dell’abbonamento al servizio streaming hanno potuto trovare una nuova serie del tutto inedita dalle ambizioni molto particolari. Stiamo parlando di Criminal, nuova serie antologica del servizio streaming.

Criminal si contraddistingue per essere soprattutto un esperimento interessante, mai tentato finora nella serialità televisiva. Infatti, l’idea alla base è quella di sfruttare la stessa struttura narrativa e un’unica location per portare sullo schermo il confronto psicologico tra agenti e potenziali criminali. Il tutto, naturalmente, in ben quattro nazioni diverse (ovvero Regno Unito, Francia, Germania e Spagna), così da ottenere una sorta di vero e proprio mosaico europeo della psicologia criminale. L’ambizioso progetto creato da Kay Smith e Jim Field Smith è composto in totale da dodici episodi e gli eventi si svolgono solo negli spazi dove è in corso un interrogatorio.

Una stanza, degli agenti, un sospettato. Elementi minimali che servono però per costruire il teatro dove va in scena questa singolare avventura. Di volta in volta, agenti e potenziali criminali si confronteranno in un faccia a faccia. L’obiettivo, da una parte, sarà consegnare una persona alla legge e dall’altra quello di farla franca.

Sicuramente nasce come un progetto innovativo, estraneo alla logica seriale, almeno finora. Una serie quasi “teatrale”, si potrebbe definire, in cui il palcoscenico è la sala degli interrogatori e gli attori cambiano di puntata in puntata.

Storie diverse, stesso approccio

L’idea alla base di Criminal sta nell’illustrare il mondo del conflitto verbale tra inquirenti ed accusati. Ogni volta, però, si affrontano diversi argomenti. Nel caso del Regno Unito si avrà a che fare con un molestatore di adolescenti (un enigmatico David Tennant). In più, con una ragazza che ha ucciso il ragazzo di sua sorella (una bravissima Hayley Atwell) e un immigrato clandestino alle prese con il trasporto illegale di esseri umani.

In Francia, invece, Criminal ci mette a contatto con l’attualità, riservandoci una denuncia della strage del Bataclan, con l’uccisione di un dipendente da parte di una dirigente d’azienda e con un caso di omofobia. La Spagna, invece, è terra di “omicidi a luci rosse” e di temi sensibili come l’autismo e il traffico di droga.

Infine, la Germania si concentra su vari argomenti molto delicati come la politica, lo stalking e con l’amore perverso. Insomma, dodici temi per dodici casi molto delicati, che hanno il compito di mostrare come gli agenti operano nei casi più disparati.

Le interpretazioni e la tecnica

Criminal è una serie che punta molto sull’emotività dei protagonisti e sul grado di empatia degli spettatori. Uno dei pregi della serie è quello di riuscire a trascinare in questo vortice “sporco” anche chi guarda, e ci riesce tramite un cast davvero molto ben fornito e di gran livello.

Le performance di grandi attori come David Tennant e Hayley Atwell nella versione britannica, di Carmen Machi in quella spagnola e di Nina Hoss e Sylvester Groth nella tedesca riescono a trascinare la narrazione. Il tutto dando vita a veri e propri scontri psicologici, in cui la tensione si taglia a fette e in cui lo script di sceneggiatura, molto solido, dona dei tocchi thriller che regalano molte soddisfazioni.

Non da meno è l’aspetto tecnico di Criminal. Nonostante gli spazi stretti e claustrofobici e l’ambientazione ripetitiva, gli scenari risultano essere suggestivi. Merito di una fotografia dal comparto tecnico davvero eccellente (con punte di neon quasi “refniane”) e di una regia con i tempi giusti, con inquadrature virtuose (la presenza di due professionisti come Hirschbiegel e Barroso si avverte tutta).

Il solito

Nonostante l’idea naturalmente suggestiva e un ottimo comparto tecnico, Criminal non riesce a convincere del tutto. Alla base, naturalmente, vi è la ripetitività e la natura procedurale dello show. Queste due caratteristiche fanno sì che non ci sia mai un vero e proprio cambio di passo nella narrazione (se non nelle “scaramucce” varie all’interno dei team d’interrogatorio).

Gli sceneggiatori sembrano aver seguito lo stesso schema che prevede a metà di tutte le indagini una svolta che ribalta le carte in tavola, modificando l’idea di chi sia colpevole e chi innocente. Alla lunga, lo show risulta monotono e ripetitivo, vanificando di fatto un’idea che sembrava molto promettente sulla carta. Un’impostazione sulla scia di serie come Mindhunter e L’Alienista avrebbe sicuramente giovato allo show.

D’altra parte, però, Criminal dev’essere intesa come una serie procedurale, che fa dell’emotività la sua componente principale. Ecco perché, nel suo ambito, ci troviamo davanti ad una serie che riesce comunque a fare il suo lavoro.