Cyberbullismo e dipendenza dai social: uno studio dimostra la relazione
Esiste una relazione tra cyberbullismo e dipendenza dai social? Uno studio dell’Università della Georgia lo dimostra: “contribuiscono punteggi più alti di dipendenza dai social media, più ore trascorse online”
CYBERBULLISMO E SOCIAL – I social media come Instagram, Snapchat, TikTok sono parte integrante della nostra vita: spesso il limite tra reale e virtuale è così sottile da poter essere valicato facilmente. Gli adolescenti trascorrono sempre più ore online – anche quelle che sono dedicate alla socializzazione.
Il mondo virtuale non è privo di rischi. “Ci sono alcune persone che si dedicano al cyberbullismo online a causa dell’anonimato e del fatto che non ci sono ritorsioni”, ha affermato Amanda Giordano, professore associato presso l’UGA Mary Frances Early College of Education. Insieme all‘Università della Georgia, Giordano ha condotto uno studio indagando sulle relazioni che intercorrono tra maggior uso dei social e cyberbullismo.
La ricerca ha preso in analisi un campione di 428 adolescenti di età compresa tra 13 e 19 anni. I partecipanti allo studio hanno riferito di aver trascorso in media più di 7 ore online al giorno. La media massima di ore trascorse online è stata di 12 ore.
Spiega Giordano: “La dipendenza dai social media è quando le persone lo desiderano quando non ci sono, e continuano a utilizzarli nonostante le conseguenze negative”. E’ stato dimostrato, dunque, che gli adolescenti dipendenti dai social media hanno maggiori probabilità di essere coinvolti nel cyberbullismo.
Deresponsabilizzazione del cyberbullo
Ne abbiamo già parlato e lo studio di Amanda Giordano lo conferma: “L’autore della violenza non ha la possibilità di vedere quanto sia dannoso il proprio bullismo e di imparare dai propri errori e fare qualcosa di diverso. È una situazione spaventosa perché non hanno idea delle conseguenze delle loro azioni nemmeno con il bullismo offline”.
Quale potrebbe essere la causa di questa correlazione? Giordano prova a rispondere ponendo l’attenzione sullo scopo dei social: “sono progettati per dare alle persone un colpo di dopamina e alcune persone cercano compulsivamente quel colpo. Si sta alimentando in quel comportamento di dipendenza e potrebbero utilizzare il cyberbullismo come un modo per ottenere Mi piace, condivisioni, commenti e retweet”.
Quale soluzione?
La soluzione, suggerita da Giordano, è da ricercare nel lavoro di scuola, famiglia e consulenti scolastici. Spiega Giordano: “i consulenti devono fornire (agli adolescenti ndr) piani di trattamento per aiutare a ridefinire il loro rapporto con la tecnologia“. Gli interventi in questione possono includere il trattamento dell’autostima e la limitazione del tempo che trascorrono online.
“Penso che quando i medici vedono accadere il cyberbullismo, hanno davvero bisogno di esplorare la relazione dell’individuo con i social media e di affrontare la dipendenza dai social media, non solo il cyberbullismo”, ha concluso Giordano in relazione al suo studio.
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