Danila Satragno: tutti i segreti della vocal-coach dei Maneskin
Ad un mese esatto dall’Eurovision Song Contest 2021, Zon.it incontra Danila Satragno, vocal-coach di Damiano David, frontman del gruppo vincitore di Sanremo 2021
Il prossimo 22 Maggio andrà in onda su Raiuno – con il commento di Gabriele Corsi e Cristiano Malgioglio – la Finale dell’Eurovision Song Contest 2021, in cui l’Italia sarà rappresentata dai Maneskin, vincitori dell’ultimo Festival di Sanremo con la canzone Zitti e Buoni.
Ad un mese esatto dall’evento che promette di riaccendere la fruizione dal vivo dei concerti e degli eventi di spettacolo a livello europeo, questa mattina – strappandola ad una lezione online al Conservatorio – incontro Danila Satragno, vocal-coach di pluriennale esperienza che durante l’ultimo Festival di Sanremo, e in vista dell’Eurovision, si prende cura della voce di Damiano David.
Danila, nel ringraziarti per aver accettato il mio invito, non posso che cogliere il tuo assist e chiederti, prima di tutto, in cosa è stato rivoluzionato il lavoro del vocal-coach dalla pandemia…
C’è stato sicuramente un cambiamento strutturale perché, non potendo più fare le lezioni in presenza, tutto passa attraverso l’online e attraverso la voce che, dunque, assume ancor di più il carattere di preziosità, di strumento principe dell’espressione umana. E non parlo solo della voce utilizzata per il canto, ma anche della voce “parlata”. La cura della voce, è quindi importantissima e dipende da un sacco di altri fattori quotidiani, come la postura o l’alimentazione.
Tra le voci di cui ti prendi cura c’è quella di Damiano David, frontman dei Maneskin, reduci da Sanremo e prossimi all’Eurovision. Quanto è importante la figura del vocal-coach per un artista che deve gestire la “pressione” di eventi così importanti?
Il lavoro del vocal-coach è sempre, nel caso di eventi così grandi forse di più, duplice: da una parte infatti bisogna fare degli allenamenti fisiologici, di cura della voce, dall’altra c’è però anche necessità di un lavoro se vuoi psicologico: il vocal-coach deve aiutare l’artista a tirare fuori, attraverso il suo strumento vocale, le emozioni e a farle arrivare anche all’ultimo spettatore in platea.
Curiosità da backstage: quando hai conosciuto per la prima volta Damiano, cosa ti colpì della sua voce, in cosa credesti potesse fare la differenza?
Ho lavorato con i Maneskin sin dal 2017 quando arrivarono secondi ad X Factor. Di Damiano mi colpì la particolarità della sua voce, e non parlo solo del graffiato ma anche del modo assolutamente personale di modulare le vocali e tenere le linee melodiche, che è sorprendente soprattutto se consideriamo che si tratta di un ragazzo giovanissimo. Il tutto, poi, lo rende assolutamente riconoscibile a livello radiofonico.
Immagino che il tuo metodo cambi a seconda che a rivolgersi a te sia una donna (penso ad Annalisa ed Arisa), oppure un rapper, come J-Ax, o ancora qualcuno che sul palco si muove molto come Jovanotti…
Proprio così. Il mio metodo, che si chiama Vocal Care, ha un impianto modulare, cioè diviso per moduli che io acquisisco e poi rendo disponibili per gli artisti, in base alle loro esigenze. E sì, il metodo cambia non solo a seconda dell’artista ma anche in relazione all’evento che si va a preparare, che sia un’esibizione one shot, un intero tour, una sessione in studio di registrazione o uno spettacolo teatrale.
A proposito di spettacoli teatrali e musical, non posso non ricordare che hai preparato Malika Ayane per lo spettacolo musicale Evita. Che esperienza è stata?
E’ stata un’esperienza bellissima, Malika ha una voce bellissima e la preparazione di Evita (adattamento italiano a cura di Massimo Romeo Piparo, ndr.) è stata letteralmente un viaggio, per me ma soprattutto per lei, che ha scoperto sfumature inedite della sua voce.
Dopo anni trascorsi al fianco degli artisti, Ornella Vanoni ti ritiene addirittura una sorta di figlia, con molti di loro immagino si instauri anche un profondo rapporto umano. Ma come si sceglie il vocal-coach giusto?
Io credo sia tutta una questione di “magia empatica”, come mi piace definirla. Credo che tra il vocal-coach e l’artista debba istaurarsi una fiducia imprescindibile, e questa la avverti già dalle prime parole che scambi con una persona.
Ho citato prima Ornella Vanoni: c’è una sua caratteristica che ti piacerebbe le tue allieve rubassero da lei?
Indubbiamente il coraggio. Ornella è un’artista molto coraggiosa.
E lo ha dimostrato anche con l’ultimo album (“Unica”, uscito a Gennaio 2021, ndr.) Hai seguito Ornella anche in questo frangente?
Non specificamente sui brani, ma sulla tecnica vocale sì. Di recente poi ho anche curato le sue esibizioni nel corso dell’ultimo programma di Fiorella Mannoia (La Musica che gira intorno, ndr.)
Associando i concetti Musica e Nuove Generazioni la prima parola che mi viene in mente è talent show: a che punto siamo con il riconoscimento della figura del vocal-coach in questi format televisivi, e in cosa c’è ancora da migliorare?
Guarda, su questo penso ci sia una grande confusione perché il giudice che si vede in tv, a cui spesso ci si riferisce con la qualifica “vocal coach”, in realtà vocal-coach non è, non è lui che allena i ragazzi. Credo che questa confusione dipenda anche dal fatto che in Italia non esiste un vero e proprio percorso formativo per diventare vocal-coach. Basta che uno che canta bene si svegli una mattina e decida di farlo (ride, ndr.)
Prima che essere una vocal-coach sei tu stessa un’artista, un’interprete. Tra i colleghi con cui hai collaborato annovero almeno Mango e Fabrizio De Andrè. Cosa ti hanno lasciato?
Credo che quella sia stata la parte più importante della mia vita a livello artistico: in quel periodo abbiamo calcato i palchi più importanti d’Europa. E poi per me è stato un po’ come riscoprire le mie radici, perché ho potuto cantare in italiano, la mia lingua; una cosa che vista la mia formazione da jazzista non mi è capitata tanto spesso.
Dalle luci della ribalta al dietro le quinte: cosa ti ha spinto a decidere di prenderti cura anche della voce di altri artisti?
Lo stesso istinto di cura che ho sempre avvertito per la mia voce, l’amore per le potenzialità sconfinate di questo strumento, cerco di trasferirlo anche agli artisti con cui collaboro. Credo che il mio essere artista e interprete oltre che vocal-coach, mi aiuti a capire di cosa hanno realmente bisogno gli artisti.
Sento una punta di orgoglio in queste parole…
Quando ho iniziato io, la preparazione vocale si rifaceva esclusivamente a due mondi: la lirica in Italia e il musical in America. Così sono partita alla ricerca di un metodo che permettesse di cantare agevolmente anche pezzi più contemporanei, il pop tout court.
In fondo, mi sembra di capire, è questa l’essenza del lavoro del vocal-coach: una sorta di traghettatore dal classico al contemporaneo…
Aggiungerei anche che un buon vocal-coach deve avere la capacità di guardare al futuro, di lavorare in prospettiva, di mostrare dove una voce può arrivare con le sue potenzialità ancora inesplorate. E’ questa capacità che rende un artista spendibile dal punto di vista discografico. E’ questo che ci chiedono le case discografiche. Poi sì, è vero. Molti cantanti arrivano da noi che sono ancora troppo ancorati a dei modelli classici: il nostro compito è far venire fuori ciò che c’è di contemporaneo, ciò che c’è di particolare. Magari sono voci bellissime, ma che non riescono a fare la differenza perché di quel tipo ce ne sono già. Se non esplori, in fondo lavorare sulla voce è anche un po’ lavorare su se stessi, non saprai mai se dentro di te c’è la nuova Amy Winehouse.
A proposito del saper guardare al futuro… Cosa c’è in quello di Danila Satragno? Progetti, artisti con cui ti piacerebbe lavorare?
Ultimamente una cosa che mi diverte molto è esportare il mio metodo all’estero. Artisti con cui mi piacerebbe lavorare? Aspetto che siano loro a venire da me, non li rincorro (ride, ndr.)
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