30 Settembre 2016 - 18:50

Harry Potter e La Maledizione dell’Erede quarto libro più venduto al mondo

Harry Potter

Harry Potter e La Maledizione dell’Erede è la trascrizione dello script dell’omonimo spettacolo teatrale a cura di JK Rowling. Leggi qui la recensione.

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Harry Potter e La Maledizione dell’Erede ha venduto all’incirca 850mila copie nella sua prima settimana, dopo essersi distinto come il libro più prenotato online. Il sequel – che poi non è un vero e proprio sequel, è lo script di un’opera teatrale, non dimentichiamolo mai – della saga ha superato ampiamente le 665mila copie (vergognosamente) vendute di Cinquanta Sfumature di Grigio. Se da una parte le previsioni per le vendite si prospettavano già rosee con le notti bianche organizzate in 13 librerie italiane per l’uscita del libro, i risultati raggiunti hanno superato ampiamente le aspettative. In pochi giorni The Cursed Child (titolo inglese de La Maledizione dell’Erede) ha superato nel Regno Unito le vendite di The Lost Symbol di Dan Brown nel 2009.

Certo, Harry Potter e i Doni della Morte detiene il record assoluto ed è il libro più venduto di tutti i tempi, con il suo milione e più di copie vendute. La Maledizione dell’Erede si posiziona quindi al quarto posto. Nel 2017 sarà rilasciata la versione definitiva de “La Maledizione dell’Erede”, poiché l’attuale è soltanto provvisoria. Speriamo che si tratti di una stesura dello script come effettivo romanzo e soprattutto speriamo anche nella correzione di qualche piccolo dettaglio di trama che è stato al stravolto. Insomma, l’opera è assolutamente perfetta per chi non conosce l’universo di Harry Potter e le regole del mondo magico, ma per chi conosce quasi più le leggi magiche che quelle della relatività o della gravità, l’esistenza di una giratempo che può tornare indietro di anni è una bestemmia in cattedrale.

Non sono credibile se cerco di parlar male della Signora Rowling, voglio dire, sono vergognosamente di parte quando si tratta dei suoi scritti, tuttavia non si può far finta che Harry Potter e La Maledizione dell’Erede non sconfessi una bella fetta delle regole del mondo magico. E’ vero che il “libro” non è completamente farina del magico baule di J.K. Rowling, la zampetta di Jack Thorne e John Tiffany si sente, sia in positivo che in negativo. Non sono qui per anticiparvi niente, se avete letto potete capirmi e se non l’avete ancora fatto mi capirete, l’esempio lampante di quest’influenza ha un nome: Delphi. A parte l’antipatia che ho nutrito per il personaggio dal primo momento che ho letto il suo nome, ma la sua storia è davvero una trovata che mi lascia senza parole che non siano “perché?”.

 

Parlando di personaggi, arriviamo al tratto distintivo che mi ha fatto comunque amare questo script teatrale. Troviamo in queste pagine personaggi vecchi e ne conosciamo di nuovi, ma a tutti loro è stato data qualche sfumatura inedita che me li ha fatti apprezzare o detestare sotto una luce nuova. Harry Potter è il primo esempio che voglio farvi. Lo so che per molti è il ragazzino non particolarmente brillante ma dall’animo nobile e coraggioso con la sindrome dell’eroe, – che personalmente me l’ha fatto sempre amare – ma in questo script abbiamo potuto vedere per la prima volta la sua fragilità da uomo adulto. Le sue fragilità da adolescente e giovane uomo sono state molto più acerbe di così, comunque compatibili con i vari periodi della vita di molti di noi, o almeno compatibili con le mie fasi della vita, ma le sue insicurezze di uomo mi hanno sinceramente commossa. Probabilmente è perché la vocetta narrante di questo pezzo si rivede tantissimo nella figura di Albus, che poi approfondirò in un secondo momento, ma la preoccupazione di Harry e quel suo impulsivo modo di agire, preoccuparsi e sbagliare me lo ha fatto amare sotto una luce nuova e la stanzetta del mio cuore in cui vive non ha potuto che allargarsi e diventare più luminosa. Dall’eroe spaventato siamo passati all’eroe che non sa come fare il padre ed essere un punto di riferimento per suo figlio più che un ostacolo da aggirare. Alle persone che hanno affermato che Harry sembra esser diventato il padre ottuso e severo che nessuno vuole ho opposto il senso di panico e tenerezza che ho sentito io tutte le volte che ho letto le sue battute e non vi nascondo che molto spesso potrei aver sentito un Avada Kedavra nell’occhio. Non erano lacrime, certo che no. Passiamo al capitolo Ron Weasley. La mia antipatia nei suoi riguardi è nota a chi mi conosce come è nota la mia paura per i ragni, ma non posso fare a meno di dirvi che in questo script non ha fatto che peggiorare. Ron è diventato lo zio imbarazzante e bambinone che nessuno vuole, di quelli che ti domandano del fidanzatino a tutte le cene di Natale. Una pallida imitazione dell’amatissimo e compianto Fred, resta comunque la caricatura del fratello diciottenne. Un uomo adulto che è la brutta imitazione di un simpaticissimo diciottenne non può che essere un totale disastro e Dio mio, tutto questo è assolutamente palese quando parliamo del suo rapporto matrimoniale con Hermione, personaggio che ho sempre amato. Inizio col dirvi che sono una di quelle poche pecore nere che non ha mai voluto e apprezzato la coppia Ron/Hermione  e l’essere totalmente inadatto di lui è ancora più manifesto in queste pagine. Per quello che riguarda lei, l’ho trovata un po’ invecchiata, ecco. Non so neppure se è il termine giusto, ma c’è qualcosa della sua versione giovanile che manca a questa nuova Hermione adulta e ne ho sentito decisamente la mancanza. Il suo feeling con Harry è sempre lo stesso e ancora una volta mi domando perché mai sia stato accantonato in questo modo indegno a favore di Ron. Dobbiamo per forza giustificare in qualche modo la presenza di Ron in tutti e sette i libri della saga? Altro modo non c’era? Non si poteva renderlo utile nel corso de I Doni della Morte, per esempio? Queste domande non troveranno mai una risposta. Su Ginny non mi esprimo, voglio dire, le sue battute sono assolutamente irrilevanti, il personaggio della saga non è stato per niente rispettato – non che il personaggio dei libri ci fosse particolarmente simpatico – e trovo che la sua presenza sia necessaria solo perché è la moglie di Harry, mentre Draco è riuscito a farmi provare dell’empatia nei suoi confronti. I miracoli possono ancora accadere.

Le nuove leve ci riservano tante sorprese. Ho amato tantissimo Scorpius e Albus dal primo momento. Scorpius è l'(in)degno figlio di Draco, con i suoi modi gentili e il suo essere geneticamente uno “sfigato”, mentre Albus è la classica pecora nera del nucleo familiare che però non si accorge di essere amato esattamente per quello che è. Quello che ho colto in Albus è stato il senso di colpa, che è un po’ il filo conduttore dello script. Il figlio di Harry Potter si sente in colpa per esser così diverso dai fratelli e dai genitori, oltre che per il suo essere un Serpeverde e cerca di camuffare queste sue fragilità attraverso la rabbia nei confronti del padre. L’incontro con Scorpius è stato provvidenziale, sia per lui che per noi – diciamocelo, che coppia sono quei due? – e ha reso la sua vita ad Hogwarts molto migliore, ma la rabbia provata nei confronti del padre porta Al a decidere di “rimediare” ad una delle grandi ingiustizie avvenute ad Hogwarts negli anni della lotta contro Voldemort: la morte del giovane Cedric Diggory avvenuta nel quarto libro della saga. E qui subentra Delphi, le giratempo che tornano indietro di anni – è strano anche solo scriverlo – e tutte quelle cose che bolliamo come meno piacevoli in questo script.

Con queste premesse potrei tranquillamente concludere dicendovi che non avevamo bisogno di questo sequel, ma non è mia intenzione. Perché la verità è che nonostante tutto l’ho amato e ne ho sentito il bisogno nel momento in cui ho avuto il libro nelle mie mani. Potreste pensare che l’apprezzamento è dovuto all’affetto nutrito per la saga, ma non è così. C’era qualcosa in questi personaggi di cui avevamo decisamente bisogno. E non vi parlo con la voce della bambina che ha letto prima Harry Potter e poi Cime Tempestose qualche anno dopo, ma vi parlo come una persona che ha amato ogni libro di questa storia e che ha avuto la possibilità di conoscere dei tratti nuovi nei personaggi che amava. In Albus ho rivisto una considerevole parte del mio passato di adolescente e in Harry ho visto e compreso le criticità di essere adulti e genitori, magari nel modo giusto. Mi ha fatto bene vedere l’insicurezza e l’umanità dell’eroe che non sa fare il padre perché non ne ha mai avuto uno. Avevo davvero bisogno di questo sequel, anche se non lo sapevo.

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