27 Settembre 2021 - 17:05

Inzaghi, l’avvio promette bene ma serve più coraggio

Quattro vittorie, due pareggi ed una sola sconfitta (immeritata) è il rullino di marcia di Simone Inzaghi. Ecco un primo bilancio

Entrato in punta di piedi in un ambiente che sembrava sull’orlo del baratro, Simone Inzaghi si è preso l’Inter con la forza delle sue idee, mantenendo l’ottima ossatura creata da Conte e inserendo piccole modifiche che hanno portato a quest’ottimo inizio di stagione, Real Madrid permettendo.

Non sono stati pochi i toni da apocalisse che accompagnavano l’esordio del tecnico ex Lazio. Tali malumori erano dovuti nella maggior parte dei casi ad un mercato che ha visto andare via i due grandi protagonisti della squadra scudettata di poche settimane prima. Nonostante ciò, Inzaghi ha saputo trasformare il mercato intelligente condotto dalla coppia Marotta-Ausilio nel suo vero punto di forza. Ma non è tutto ora ciò che luccica…

A livello di gioco i passi avanti fatti da nerazzurri sono sotto gli occhi di tutti. Quest’anno il diktat è sempre quello di cercare di comandare il gioco non importa chi sia l’avversario. L’Inter gioca senza grandi calcoli in ogni singola partita. Atteggiamento che, comunque, ha i suoi pro e i suoi contro e la partita persa contro il Real Madrid ne è un esempio.

Inzaghi, così come Conte, sembra aver scelto il suo 11 titolare che, a scanso di infortuni e squalifiche varie, viene riproposto ad ogni uscita. Scelte che però lasciano qualche dubbio, sopratutto nelle ultime due uscite in campionato e nella sfida sfortunata contro il Real Madrid.

Inzaghi e il coraggio di cambiare

Calhanoglu

Un esempio lampante è quello di Calhanoglu. Il turco, ad oggi, gode di una stima incondizionata da parte del suo allenatore nonostante le prestazioni siano in evidente calo. Il turco si è ambientato alla grande con i nuovi compagni e sin dal precampionato è sembrato essere quel calciatore che avevamo ammirato negli ultimi sei mesi di vita rossonera.

La partita d’esordio con Genoa, inoltre, ha fatto brillare gli occhi di quelle migliaia di tifosi tornati allo finalmente a San Siro. Sono due i gol, con una prestazione da incorniciare. Col passare delle partite, però, le prestazioni sono andate scemando tanto da far notare anche agli osservatori meno attenti, la differenza con gli altri due centrocampisti Barella e Brozovic, capaci di mantenere un rendimento costante ad altissimi livelli.

Nelle ultime uscite, a maggior ragione, questa differenza è diventata quasi imbarazzante, tant’è che l’ingresso di Vecino ha completamente cambiato la faccia del centrocampo nerazzurro contro l’Atalanta, creando anche diverse occasioni in poco più di 20 minuti. Il sostituto disegnato dovrebbe essere Sensi ma viste le continue ricadute muscolari, le scelte potrebbero virare proprio sul centrocampista Uruguaiano o su Vidal, apparso molto in palla quando chiamata in causa a partita in corso.

Seguendo questa linea, il match di Champions contro lo Shaktar potrebbe essere un vero e proprio banco di prova per il numero 20. Una prova da superare per mantenere la centralità in questo nuovo progetto. Al tempo stesso, la presenza di concorrenza in quel ruolo potrebbe essere un’arma in più per Inzaghi che, a differenza del proprio predecessore, ha l’imbarazzo della scelta.

Gli esterni

È risaputo che in un modulo come il 3-5-2 e in special modo per il tipo di calcio che cerca di proporre l’allenatore nerazzurro, il ruolo degli esterni (o quinti di centrocampo che dir si voglia) assume un ruolo fondamentale all’interno dell’architettura della squadra, e non è un caso che spesso e volentieri i primi cambi a partita in corso riguardano proprio questi due ruoli.

A guardare queste prime 7 partite ufficiali, le gerarchie del ruolo sembrano bene definite. Perisic a sinistra e Darmian a destra, una scelta offensiva e una del tutto conservativa. Anche se, all’atto pratico, Darmian ha partecipato attivamente a due reti (un gol e un assist). Il croato solo ad una peraltro calciando molte meno volte verso la porta.

L’eterno ballottaggio con Dumfries, che ha avuto un ottimo impatto sulla Serie A, sembra aver fortificato Darmian tanto che Inzaghi gli ha preferito l’olandese in una sola occasione, contro il Bologna.

Discorso diverso per Perisic. L’esterno croato non ha mai entusiasmato in questo avvio di stagione al contrario Dimarco che, sia da terzo di difesa che da quinto, ha fatto vedere di poter fare davvero la differenza su quel lato di campo, tanto da essere sempre tra i migliori in campo quando chiamato in causa.

Anche nella sfortunata uscita contro l’Atalanta, l’impatto del prodotto del settore giovanile nerazzurro è stato devastante. Sua la conclusione che ha portato al gol del pareggio di Dzeko giocando, per altro da terzo di difesa al posto di Bastoni. E se per Darmian possiamo dire che almeno una fase di gioco (quella difensiva) sia migliore del suo alter ego sulla fascia destra, per quella di sinistra non possiamo dire lo stesso.

Dimarco, infatti, è per formazione un ottimo difensore. Con gli anni, in special modo sotto la guida di Juric, ha imparato a fare un’ottima fase offensiva. Tale caratteristica lo ha già portato a segnare un gol (spettacolare su punizione contro la Samp) e a fornire due assist in appena 243 minuti in campo (di cui 101 da terzo di difesa). Poco più della metà di quelli giocati da Perisic.

Altra freccia nell’arco del giovane esterno sono i calci piazzati sia diretti che indiretti. Complice il suo piede sinistro da centrocampista, Dimarco può essere pericoloso su qualsiasi calcio piazzato. Cosa che per una squadra con la più alta percentuale di gol di testa in Europa, non è un dettaglio.

Per Dumfries può valere un naturale percorso di adattamento al nuovo campionato e alla lingua, così come avvenuto anche per Hakimi lo scorso anno. Per Dimarco questo discorso non sussiste. Le prestazioni sono sotto gli occhi di tutti. Con un Perisic in queste condizioni la domanda sorge legittima: perché non provalo stabilmente nell’undici titolare?