John Wick 3: se vuoi la pace, preparati alla guerra
Giunti a John Wick 3, la saga ha ancora tutto da raccontare. Il ritorno di “Baba Yaga” sul grande schermo è semplicemente da urlo
Se non fosse per lui, ad oggi il cinema d’azione sarebbe tranquillamente affogato nelle solite americanate in stile Michael Bay. Di chi stiamo parlando? Naturalmente di Chad Stahelski, regista del film action più brillante degli ultimi 10 anni: John Wick 3. Stahelski, in esso, mette a frutto tutte le sue conoscenze (è uno stuntman) dell’action moderno, creando un prodotto semplicemente eccezionale.
Giunta al suo terzo capitolo, la saga deve ancora raccontare molto. Soprattutto alla luce di ciò che è successo nel suo secondo capitolo, in cui abbiamo visto il nostro John Wick combattere arduamente contro un nemico ineffabile (il Santino D’Antonio di Riccardo Scamarcio) fino a sopraffarlo. Proprio in punta di piedi, però, contemporaneamente si stava sviluppando un nuovo ciclo, un nuovo turbine di episodi che sarebbe stato (lo si era già intuito) un gancio di traino per espandere l’universo filmico e proiettarlo verso orizzonti molto più ampi.
In John Wick 3 si rovescia completamente la logica dell’intero franchise. Se, almeno nei primi due film, avevamo visto un Keanu Reeves (sempre in forma splendida) essere il predatore che attacca le sue prede, questa volta lo ritroviamo sull’altra sponda. E l’avversario sembra essere davvero imbattibile: una setta di assassini attiva su scala globale e caratterizzata da una vera e propria mitologia, ovvero la Gran Tavola.
La logica dell’uno contro tutti diventa quella del tutti contro uno. E “Baba Yaga” naturalmente prende parte a questo gioco malsano del gatto (anzi, dei gatti) col topo, fino a maturare scelte che nemmeno lui pensava di dover prendere.
Ma andiamo con ordine.
Si vis pacem, para bellum
La trama di John Wick 3 (dal sottotitolo Parabellum non a caso) è tutta racchiusa in questa locuzione latina il cui autore resta ancora, al giorno d’oggi, sconosciuto. Tradotta, la frase risulta come “Se vuoi la pace, preparati alla guerra“. Chad Stahelski la prende come monito di tutto il film, facendogli assumere un significato filosofico non indifferente.
Il nostro protagonista è alle prese con le conseguenze di un gesto estremo. Infatti, l’uccisione di Santino D’Antonio (un buon Riccardo Scamarcio) sul suolo del Continental, terra sacra per gli assassini, ha decretato la sua iscrizione alla blacklist di sicari di tutto il mondo. Dopo che Winston (un sempre fantastico Ian McShane) gli concede un’ora di tempo per fuggire, prima della tempesta degli assassini, John tenta una fuga disperata e ineluttabile verso Casablanca, dove tenterà di farsi riammettere nell’ordine.
Ma tutti i sicari del mondo sono pronti a farlo fuori. Un solo contro tutti che non ha via di scampo e che tiene incollato lo spettatore alla sedia per ben 2 ore e 10 minuti.
L’azione e la filosofia di John Wick 3
John Wick 3 – Parabellum rappresenta probabilmente l’apice di tutta la saga riguardante il sicario. Il fascino legato al film, naturalmente, si può addebitare quasi tutto (ma non solo) alle impressionanti sequenze d’azione messe in scena da Chad Stahelski e la sua crew, oltre che allo sforzo di un Keanu Reeves impressionante. Sequenze dalla qualità impressionante, vere, brutali, crude e adrenaliniche (come non dimenticare la fuga a cavallo della sequenza iniziale o quella in cooperazione con Halle Berry). In un certo senso, si nota un’incredibile punto di contatto con il cinema di genere orientale (del John Woo di The Killer e Bullet In The Head), anche se il contesto è completamente diverso, ma anche delle più celebri saghe d’azione (Die Hard su tutte).
Qui si nota tutta la sostanza messa in campo da Stahelski e dal suo collaboratore David Leitch, noti stuntman da sempre a contatto con il campo. Ma il punto di forza non è solo lì. Perché John Wick 3 assume anche dei connotati filosofici incredibili, che ci riportano ai conflitti avvenuti nell’antica Grecia e soprattutto nell’antica Roma.
Il “Si vis pacem, para bellum” che accompagna il film dona una vena poetica allo scontro perpetuo. Motiva anche, in qualche modo, l’esistenza del mondo iper-realistico della saga. Azione e filosofia, anche politica (e in questo il Winston di Ian McShane è un maestro) che vanno di pari passo. Stahelski prende le lezioni tarkovskijane di cinema e le ingloba in un mondo incredibilmente pulp, creando qualcosa di nuovo e assolutamente incredibile. Un’evoluzione che non ha precedenti.
L’incredibile aspetto tecnico e il mondo espanso
Ma Stahelski addirittura riesce a creare altro. Dietro le sequenze adrenaliniche e violente di John Wick 3, infatti, si nasconde un aspetto tecnico davvero strabiliante, fatto di una regia e una fotografia ai limiti della perfezione.
Se, da un punto di vista temporale, le scene riescono a tenere sempre sulle spine lo spettatore, è merito del sapiente sfruttamento dei piani sequenza (che ci riportano al Die Hard di McTiernan). Oltre ad una prestazione fisica clamorosa da parte di Reeves, sono loro che tengono incollati gli spettatori allo schermo fino alle scene finali. Stahelski, quindi, mostra un passo nettamente superiore rispetto ai film precedenti. Ad essi, si aggiunge una fotografia davvero impressionante, impregnata di bui naturali e di luci al neon (Refn insegna) e di giochi di specchi che donano alla vicenda la vena neo-noir che era mancata nel secondo capitolo.
Inoltre, lo stesso universo, dopo John Wick 3, è in espansione. Il finale del film, oltre a creare le premesse saggiamente per il quarto capitolo già annunciato, crea anche quelle per la serie spin-off sul Continental. Dimostrando, ancora una volta, la proverbiale capacità di Stahelski nel creare il prodotto action perfetto (che, non a caso, ha doppiato Avengers: Endgame al box office) senza difetti né bisogno di effetti speciali.
Chapeau.
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