L’amore a domicilio: perchè è il film perfetto post-lockdown?
E’ disponibile in esclusiva su Amazon Prime Video, “L’Amore a domicilio”, gradevole opera seconda di Emiliano Corapi con la coppia Liberati-Leone
“Mi mancano tutte cose… Il cinema, la pizza. Ma le cose che mi mancano di più sono quelle che non ho mai fatto. Tipo lo sport… Io non ho mai fatto sport, ma adesso c’ho voglia di fare lo sport“. (Miriam Leone è Anna Ferrante ne “L’Amore a domicilio”)
In due battute Miriam Leone ha dato voce al pensiero della maggior parte degli italiani durante il lockdown; con una sola, neppure trascurabile, differenza: la quarantena di Anna Ferrante, personaggio che interpreta con efficacia in L’Amore a domicilio, è destinata a durare ancora, almeno due anni.
E la causa non è da ricercarsi in un virus difficile da debellare ma in una rapina, “a mano armata e continuata”.
Sebbene sia libero di uscire di casa a Renato (Simone Liberati) non è che vada meglio: la sua routine di assicuratore in odore di promozione, tutta controllata e programmata fino all’ultima virgola, è forse un carceriere ben peggiore.
L’incontro tra Anna e Renato rappresenterà per entrambi un deragliamento nel corso di un tragitto già scritto offrendo ai due protagonisti dell’opera seconda di Emiliano Corapi, disponibile da giovedì scorso su Amazon Prime Video, la possibilità di uscire dal proprio guscio di insicurezza: lui capendo che a volte concedersi all’imprevedibilità dei disegni della vita non è un male, lei imparando ad amare, forse prima di tutto se stessa, senza sentirsi continuamente sbagliata, continuamente un errore.
E in fondo un deragliamento è quello che abbiamo vissuto anche noi in questi ultimi mesi: quanti dei programmi che ci eravamo fatti, hanno dovuto soccombere, sospendersi sotto al gioco del signor Covid-19?
Un imprevisto dal quale dovremo imparare l’arte del reinventarci, di guardarci da un’altra prospettiva. Ce la faremo? Si vedrà. In fondo anche Anna e Renato non sanno dove li porterà la strada che alla fine del film hanno deciso di percorrere insieme.
La vita, e forse questo film oggi capita come lupus in fabula, ci ha insegnato che ci sono cose che sfuggono al nostro controllo, e l’amore è la regina delle cose che non si possono governare. Cosa fare, dunque? Accoglierle, e trarne fuori il meglio possibile.
Quintessenza del fuorisede
Provando per un attimo a dimenticare il perchè la sua Anna è costretta dentro casa, potremmo dire che con questo personaggio (ed è forse questo che ce la rende particolarmente simpatica) Miriam Leone ha rappresentato perfettamente il ritratto della fuorisede (in quarantena e non): una ragazza che si trasferisce in un’altra città, ma le radici se le porta nell’accento, che si riduce all’ultimo per studiare, continuamente preda della più cupa disperazione e distrazione, con addosso abiti che nulla concedono alla sua femminilità.
L’ex Miss Italia non è nuova al ruolo di dark lady cattive ma non troppo, di contro ho trovato in Simone Liberati una piacevole scoperta, un attore limpido, come il suo sguardo.
Entrambi hanno lavorato contornati da ottimi comprimari, tra cui degna di nota (e speriamo che la critica premiante se ne accorga) è la performance di Anna Ferruzzo.
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