31 Luglio 2018 - 14:30

Lavoro, fare qualcosa e farla subito

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Lavoro e dati Istat. Lo studio dell’istituto statistico sull’occupazione fa emergere la necessità di ulteriori interventi sull’ambito

Nei giorni in cui il Decreto Dignità viene discusso alla Camera dei Deputati, l’Istat presenta i nuovi sconfortanti dati sul lavoro.

Con un aumento della disoccupazione tra gli over 35, un aumento della disoccupazione giovanile (15 – 24) al 32% ed un aumento della disoccupazione generale (arrivata stabilmente al 10,2%) l’istituto statistico attesta una situazione più che grave nel nostro Paese.

I dati, quindi, parlano molto chiaro e – al netto del Decreto Dignità, che risolvere in parte solo alcuni dei tanti problemi in ambito lavorativo – sembra più che necessario un intervento che tamponi, almeno per iniziare, una situazione a dir poco critica.

In primo luogo, ciò che emerge chiaramente dai dati sul lavoro dell’Istat è che, accompagnato da una crescita smisurata dei contratti a termine, la classe maggiormente colpita – quella intermedia in sostanza (25 – 40) – rimane la stessa che negli anni ha subito le grandi manovre dei tanti Governi.

La necessità di far ripartire questa fascia d’età, che è quella che dovrebbe sostenere la futura nazione ma che per incertezza generale tende a sopravvivere, dovrebbe divenire il punto cruciale di un’ ulteriore operazione incisiva sull’occupazione.

A ciò, inoltre, si associa la continua crescita del tempo determinato a scapito di una – seppur minima – parvenza di stabilità nazionale.

La scadenza del rapporto lavorativo ha, negli anni, agevolato solamente una precarità diffusa (e continuata) che ha avuto il merito di incentivare l’individualismo contro un qualsiasi tipo di aggregazione familiare.

Infine, l’ennesimo aumento della disocuppazione giovanile – contrapposta all’aumento dell’occupazione fra gli over 50 – disegna perfettamente la situazione che si sta vivendo.

Data la fascia d’età in questione (15 – 24) è facile capire che il 32% non solo è un numero che di per sè non rappresenta del tutto la popolazione presa in questione (considerando mancate iscrizione ai centri per l’impiego, prime esperienze o scoraggiati non compresi nelle statistiche) ma è pericolosamente alto da richiedere un’attenzione particolare.

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