Compie 90 anni la senatrice Liliana Segre, testimone degli orrori della Shoah
Nel giorno del suo compleanno, Liliana Segre commenta il feroce pestaggio del giovane Willy: “Una barbarie assoluta”. Odio e paura ancora da estirpare
Oggi si festeggia il coraggio della senatrice a vita, Liliana Segre, testimone vivente degli orrori della Shoah. Durante una telefonata, Sergio Mattarella ci tiene a ringraziarla per ‘la sua alta e preziosa testimonianza contro l’odio e la violenza‘.
L’odio da estirpare
E proprio in un giorno come questo, in cui si festeggia una vita lunga e difficile, che Liliana Segre non può fare a meno di interrogarsi sui fatti avvenuti nei giorni scorsi:’Terribile. Il pestaggio di quel ragazzino non solo mi ha colpito, ma mi ha suscitato tormenti e ricordi terribili. L’ho trovata una barbarie assoluta‘. Queste le parole della senatrice riguardo l’uccisione di Willy, il giovane 21enne italo capoverdiano ucciso a Colleferro.
‘La morte di Willy –ammette la senatrice– mi ha fatto molta paura. E’ stata come una sconfitta personale, mi ha fatto pensare che tutto ciò che ho provato a fare contro la violenza e l’odio, alla fine è servito a poco. Se ancora ci sono in giro persone che pensano di risolvere le proprie sconfitte personali picchiando il prossimo, siamo ancora in una società lontana dalla civiltà‘.
Non sono mancati gli auguri di tutta l’Italia, che per l’occasione si è stretta in un unico e caloroso augurio. Tra i primi, i volontari dell’Aned, l’Associazione nazionale ex deportati nei campi nazisti.
Una vita, quella di Liliana Segre, che non si può dimenticare
Nel 1938 Liliana subisce le prime discriminazioni razziali, venendo espulsa dalla scuola a soli 8 anni. Come la storia racconta, la discriminazione divenne presto persecuzione, costringendo Liliana e la sua famiglia a scappare in Svizzera:’Fu la prima volta che sentii questa parola: ‘scappare’. Scappare – racconta la senatrice nel ‘Libro della Shoah italiana’ di Marcello Pezzetti (Einaudi editore) – è così terribilmente negativo come termine… è un ladro che scappa, è qualcuno inseguito che scappa. Beh, noi non eravamo ladri, ma certamente eravamo inseguiti‘.
Una volta catturata, però, la Segre viene arrestata e richiusa, infine, a San Vittore, dove rimarrà per 40 giorni. Il carcere sarà solo l’inizio dell’orrore, a cui una giovane ragazzina, insieme a tante altre, dovrà sottostare. Segue, infatti, la deportazione nel campo di sterminio di Birkenau-Auschwitz, dove sarà rinchiusa nella sezione femminile insieme a 60.000 donne provenienti da ogni parte del mondo. Ed è in questa prosperità di lingue che Liliana, non ancora 14enne, perderà il suo nome. Le viene così tatuato il numero di matricola n.75190.
Liliana Segre perderà il padre il 27 aprile del 1944 e lei stessa viene trasferita verso la Germania del nord, insieme ad altre 56.000 persone, in quella che sarà per sempre ricordata come la ‘Marcia della Morte‘. Rinchiusa nel campo femminile di Ravensbruck e poi in quello di Malchow, la giovane Liliana viene liberata il 30 aprile del 1945. La Segre è tra i 25 sopravvissuti in un gruppo di 776 bambini.
Candela accesa
Dopo lunghi 45 anni, Liliana decide che è arrivato il momento “ricordare ad alta voce” e lo fa nelle scuole, di fronte a studenti e insegnanti: ‘Spero che almeno uno di quelli che hanno ascoltato oggi questi ricordi di vita vissuta, li imprima nella sua memoria e li trasmetta agli altri, perché quando nessuna delle nostre voci si alzerà a dire ‘io mi ricordo’ ,ci sia qualcuno che abbia raccolto questo messaggio di vita e faccia si’ che 6 milioni di persone non siano morte invano per la sola colpa di essere nate. Altrimenti tutto questo potrà avvenire nuovamente, in altre forme, con altri nomi, in altri luoghi, per altri motivi. Ma se ogni tanto qualcuno sarà candela accesa e viva della memoria, la speranza del bene e della pace sarà più forte del fanatismo e dell’odio’.
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