Quando sono lontano, il bit calibrato e nostalgico di Clementino
Clementino rappa nel dialetto napoletano dei migranti grazie al brano Quando sono lontano
[ads1]In occasione della 2° serata della 66° edizione del Festival di Sanremo, il rapper napoletano Clementino, si è esibito sul palco dell’Ariston, con Quando sono lontano, cantando in rigoroso dialetto napoletano il dramma dell’emigrazione.
Quando sono lontano, è un brano che ricalca la tradizionale tematica dell’emigrazione, fenomeno vecchio come il mondo e che fa parte dell’immaginario collettivo della cultura partenopea, abituata da sempre allo stereotipo dello zappatore, interpretato negli anni 80’ dal cantante e attore Mario Merola.
Se si aggiunge il dramma dei migranti che ogni giorno sbarcano, rischiando la vita, sulle coste siciliane e lo si somma alla sempre più scottante questione della “fuga di cervelli”, si arriva in parte al senso del brano di Clementino “Quando sono lontano”, preghiera universale, come ha dichiarato lo stesso cantante, dedicata a “Tutti quelli che vivono lontano da casa”.
Clementino si è presentato con il suo solito cappellino e in giubbotto di pelle, saltellando su di un bit studiato apposta per il timbro originale del rapper che ha fatto sobbalzare non poco, la platea del teatro sanremese, coinvolta al punto da tenere il ritmo al battito di mani.
A 15 anni una promessa che volevo questo e / prendermi anche una cometa
In questi versi si evince il mood portante di tutto il pezzo, la fumigante promessa del cambiamento, vera spinta propulsoria, quel quid che spinge verso la scelta della partenza, una partenza-salvezza agognata e sognata al pari di una stella cometa.
Io che sto qui a guardare il mondo da più sfumature / lontano da mamma / e papà dove sono le cure?
Qui è forte il sentimento della nostalgia, non lamentata, ma affrontata e vissuta con dignità. Versi semplici, ma non banali che vogliono rimandare a quell’universo puerile tipico del bambino, in questo caso costretto a crescere troppo in fretta lontano dal proprio nido.
La storia di un musicante emigrante anima /vagante
Ed ecco partire il racconto di chi vuole fare musica e tenta la fortuna all’estero, verso mete donatrici di buone occasioni, talvolta illusorie. È un destino dalle ambigue facce, può rivelarsi a favore, ma può anche giocare contro, lasciando dietro solo tristezza e sconforto, sensazioni dovute a quel sempiterno girovagare che riduce la stabilità lavorativa ad una assurda chimera.
5 ragazzi e na volante / Uanema santa / <<Ma k capa vacant>> / Così mi tengo stretto dentro tutto quello che ho / pregando che dall’alto qualcuno ci salvi perciò
Clementino si riferisce qui a quella devianza sociale, madre di una criminalità “innocente” frutto dello smarrimento di una notte. Canta di quelle bravate fatte per la gioia di sentirsi grandi, conseguenza naturale di una condizione di abbandono desolante. Eppure l’allusione a qualcosa di superiore che aiuti a non perdere la bussola, una preghiera distratta e di strada, restituisce al testo, quel senso di buono, giustificando atteggiamenti sbagliati.
E mo ca song emigrante / e voglio o ciel a’ guardà / Penso ca’ si stat a primma / tu si tutt a vita mia
Soluzione attesa e forse scontata, contro la solitudine e la nostalgia, è il ricorso all’amore. Il ricordo del primo amore, quell’unico pensiero intaccato e libero da ogni pregiudizio e vizio, così forte e potente da poter annebbiare anche una notte di troppo, trascorsa dietro le sbarre, forse ingiustamente.
Me lo riscrivo addosso con l’inchiostro/ sulla pelle/ Di tutti quei ricordi come schiavi nelle celle / I chiari di luna/ la notte più infame e ribelle
Clementino è riuscito con questo pezzo a rispolverare il mito americano degli anni 80’, dimostrando quanto sia attuale, perché in fondo, emigrazione ed immigrazione, sono entrambe figlie della stessa medesima disperazione.
Non è un testo che lascia l’amaro in bocca, perché ricorre a romantici topoi forse banali, come “chiari di luna” o “se guardo il mare”, ma necessari a preservare quell’animo profondo e squisitamente partenopeo che contraddistingue e fa emergere la personalità di Clementino.
Ecco il testo di “Quando sono lontano”:
Vorrei tornare indietro! Ma quanti sbagli fra’
ho capito che non li ripeto,
Il cuore dentro si era fatto qui come la pietra,
A 15 anni una promessa che volevo questo e prendermi anche una cometa.
Quante notti oscurate, nocche spaccate, note stonate, quanti dei nostri a fare le cose sbagliate.
C’è chi si è perso dietro un muro e chi va avanti per il suo, c’è chi ha la forza tutti i giorni e poi combatte il buio.
Io che sto qui a guardare il mondo da più sfumature, lontano da mamma e papà dove sono le cure?
Circondato dal disordine, scappato come rondine, se guardo il mare fra’ mi sento un vortice.
E quann stong luntan, ricordo qualche anno fa
Guagliun miez a na via, na luce ind’a sta città
E mo ca song emigrante, e voglio o ciel a’guardà
Penso ca’ si stat a primma, tu si tutt a vita mia.
Quante cose cambiate negli anni
Un amico mi chiamava e diceva frate’!!!
«Perché se cadrai io ti rialzerò
O mi sdraio qui vicino a te»
La storia di un musicante emigrante anima vagante
E guarda come cambia tutto quando sei distante
E la voglia di sentirti grande
5 ragazzi e un volante
Uanema santa
«Ma k capa vacant»
Così mi tengo stretto dentro tutto quello che ho
Pregando che dall’alto qualcuno ci salvi perciò
Chi porta i figli a scuola tutti i giorni spera in un futuro migliore
E c’è chi guarda fuori e prega il Signore
Me lo lo riscrivo adesso con l’inchiostro sulla pelle
Di tutti quei ricordi come schiavi nelle celle
I chiari di luna, la notte più infame e ribelle.
Noi da bambini volevamo toccare le stelle.
E quann stong luntan, ricordo qualche anno fa
Guagliun miez a na via, na luce ind’a sta città
E mo ca song emigrante, e voglio o ciel a’guardà
Penso ca’ si stat a primma, tu si tutt a vita mia.
E voglio o’ciel a guarda da quando ero in fasce
Come fenice che fra poi da zero rinasce
Apar vasc, guardo fuori che piove è tempesta
Chi muore presto e nelle mani qua polvere resta.
Tutti quelli scappati altrove…
Fammi vedere il colore li dove non c’è sole
Il tempo che fra’ è passato qui
Ma ce truov semp miez a via!!!
E quann stong luntan, ricordo qualche anno fa
Guagliun miez a na via, na luce ind’a sta città
E mo ca song emigrante, e voglio o ciel a’guardà
Penso ca’ si stat a primma, tu si tutt a vita mia.
Ma ce truov semp miez a via!!!
Ma ce truov semp miez a via!!!
Ma ce truov semp miez a via!!!
Ma ce truov semp miez a via!!!
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