14 Maggio 2018 - 16:52

Loro 2, l’indecente solitudine di Silvio Berlusconi

loro 2

Sorrentino cambia tono e registro per la seconda parte di Loro. Questa volta completamente al centro dell’attenzione c’è Lui, Silvio Berlusconi. Intorno, intanto, il vuoto umano

Loro 1 ci ha raccontato uno spaccato residuale (ma non così tanto) dell’esistenza degli ultimi anni – dal punto di vista politico e privato – di Silvio Berlusconi. Con la seconda parte Sorrentino, ovviamente, approfondisce la vita del Cav. utilizzando quasi una focalizzazione interna. Tutto, o quasi tutto, ci viene mostrato attraverso i suoi occhi e, da qui, possono essere tratte le più disparate conclusioni.

È, di certo, l’ennesimo ritratto della “corte” di Lui, avendo Sorrentino raffigurato, con i giusti colori, tutti gli eccessi della vita sregolata di Loro. Tuttavia, ed è ciò che più colpisce, in tutta la fiumana di droga, sesso, in un anfiteatro di inconsistenza umana, il regista napoletano riesce a trovare e ad elevare quel barlume e quella parvenza di umanità e compassione di Berlusconi che non siamo stati abituati a conoscere. Nonostante l’egocentrismo ed il malsano individualismo, nonostante le manipolazioni e le bugie.

Tutto, niente. Vero, falso

Nella prima parte (abituatevi ai parallelismi) Sorrentino mostra un Berlusconi fiero, sempre arrivista con vari obiettivi: tornare al Governo, riprendersi Veronica. Loro 2 non è altro che il percorso dell’ex Premier per il raggiungimento di quelli. Di certo Silvio Berlusconi è molto di più del suo denaro, delle sue barzellette, delle sue frecciate, di Mediaset o del Milan. Berlusconi è un personaggio che – come ammette amaramente anche Veronica Lario – “non si lascia mostrare”.

Perché Berlusconi è, in realtà, un uomo profondamente triste. In particolar modo, solo. 

Ciò che viene disperatamente sottolineato è come il tempo sia effimero per il Cavaliere. Ottiene il Governo, ma non riesce ad ottenere alcun pregevole risultato. Veronica, appena riconquistata, vuole “chiudere il sipario della vita coniugale“. Berlusconi vive una dicotomia assurda, è all’apice e contemporaneamente al tracollo del suo successo. Il castello di carte sembra sbriciolarsi rovinosamente intorno a lui. Tema la morte, teme di essere dimenticato, tema di non poter più vivere e godersi la sua vita. Teme di essere etichettato come “un vecchio“.

Loro, noi

C’è la critica che da una parte pone sulla stessa linea Sorrentino e Fellini. Due artisti in grado di dipingere squarci più o meno ampi della realtà nostra. E la nostra – lo sappiamo bene – è piena di contraddizioni. Loro, un titolo ampio e ambiguo, che può sfociare nei generalismi populisti significa anche questo: un quadro più o meno completo degli italiani.

“Io conosco il copione della vita.” – Silvio Berlusconi (Servillo)

A rappresentare i due spaccati ci sono essenzialmente due personaggi: Silvio Berlusconi e Veronica Lario (stupenda nella sua interpretazione). Il primo, un uomo che dice “di amare la vita“, che agisce di impulso, che infrange o aggira le regole (leggi). L’altra, invece, è quella razionale, che pensa prima di agire, a volte timorosa, “fredda e formale – come ribadisce Berlusconi più volte a sua moglie -.

Lo slancio di vitalità: il sogno

Ne rincorre sempre uno, Silvio Berlusconi. Da sempre. Dal 1994, persina da prima. Costruire e vendere, fondare una rete di TV, fondare un partito, il Milan sul tetto del mondo, liberare il paese dai comunisti, ridare forza alla libertà. Insomma, l’imperativo è sognare – raggiungerli, qualunque sia l’ostacolo.

L’altruismo è il modo migliore per essere egoisti. – Silvio Berlusconi (Servillo)

Berlusconi li rincorre, a volte a fatica. È tutto ciò che lo spinge a lottare, a “non sentirsi mai offeso“. Chiamatelo vitalismo pirandelliano, o come volete, ma ciò che Sorrentino chiarisce è che tutto ciò logora, alla fine. Non poche volte il volto del Premier è spento, trasfigurato, privo di emozioni, ammutolito, come se gli fosse stata strappata con una forza disumana al sua (finta – a questo punto) vitalità. Questo avviene quando incontra un due elementi che lo disturbano: la verità e la realtà.

La scelta del regista di puntare, come filone narrativo di sfondo (e non solo) sul terremoto de L’Aquila, è una chiara messaggio del film. Lì, va a concretizzarsi parte importante del sogno politico che Berlusconi ha “venduto” agli italiani. Uno scorcio puro degli italiani, di quelli indifesi, di chi ci ha creduto, di chi non ha mollato, di chi ha avuto fede e speranza.
Appunto, la fede. Così si conclude la pellicola, con la calata del Cristo da una basilica ormai distrutta. Una narrazione che ha più volte premuto sulla frizione, da una commedia a volte frivola nella prima parte, con stracci di biopic, che si trasforma in più riprese in una storia di amore complessa, fino a concludersi irrimediabilmente, in una tragedia.
Quella di un popolo, sì. Ma anche quella di un uomo. Una parentesi (o almeno così si credeva) destinata a chiudersi. Sta al pubblico voi scegliere se si tratti di un lieto fine o meno.

Sorrentino, il suo messaggio

Lo si può odiare e/o amare, Sorrentino. Sta di fatto che, oltre tutti i ragionamenti su Loro, intesa come metafora di innumerevoli concetti, il film è incentrato su Lui.

Difficile comprendere se la corazza del Cavaliere venga irrimediabilmente distrutta o meno dal regista napoletano ma, ciò su cui si può convenire è che Sorrentino abbia voluto mostrare l’umanità di Berlusconi. Non intesa come valori prossimi alla pietas ma, più comprensibilmente, sulla sua fallibilità. Berlusconi non è dio. Berlusconi è umano, è un italiano con i suoi pregi (a voi scegliere) e i suoi difetti (a voi scegliere).

Ciò che lo avvolge nelle battute finali, con la complicità di Veronica Lario che assume il ruolo di paladina dei diritti delle donne e di tutti gli italiani che si sono sentiti derubati da Berlusconi, è l’alone di mistero – come quello che avvolgeva Giulio Andreotti ne Il Divo.

Si sa che Berlusconi si è fatto dal nulla, eppure non è lecito sapersi che tipo di rapporti abbia instaurato con la mafia. Se i soldi fossero quei 30 milioni di lire dategli dal padre o, come sottolinea la moglie, 300 miliardi piovuti chissà da dove. Ed è una polemica infinita questa, come tantissime altre che lo riguardano.

Berlusconi, insomma, è la più grande contraddizione della storia della Seconda Repubblica italiana. E, come tutte le contraddizioni, diviene storia, nel bene e nel male. 

“Mi avvalgo della facoltà di non rispondere.”

 

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