6 Marzo 2019 - 13:33

M5S, c’è il pressing per l’addio anticipato di Toninelli

Toninelli

A farla da padrone, ancora, è uno scambio “lecito” tra Lega e M5S. Intanto, la pratica della TAV è passata da Toninelli a Conte. Chiaro segnale?

I fantasmi sono ancora presenti. Appena cinque mesi fa, Danilo Toninelli rassicurava tutti sulla sua permanenza al Governo. Oggi, però, la poltrona del ministro delle Infrastrutture torna a farsi scivolosa.

A far traballare il ministro, sono due mozioni di sfiducia individuali depositate ieri dal PD, per mano del capogruppo al Senato Andrea Marcucci, e da Forza Italia con Lucio Malan. Anche Fratelli D’Italia si insinua nella discussione, chiedendo la calendarizzazione della discussione con moderata urgenza.

Il perché è presto spiegato. Forza Italia ha citato le varie disavventure di Toninelli, dal tunnel del Brennero al ponte Morandi. Ma il cuore dell’attacco è la gestione del caso TAV. Anche il PD, su quest’ultimo punto, si è focalizzato e ha accusato il ministro di aver tradito la fiducia delle Camere: “Dall’evoluzione della vicenda Torino-Lione, emerge che il ministro avrebbe spudoratamente mentito al Parlamento e al Paese nonché al Governo francese e all’Unione Europea sottoponendo all’attenzione di tutti una analisi costi/benefici palesemente infondata e ora oggetto di aggiustamenti da parte del presidente del Consiglio.

Naturalmente, il caso eclatante fa riferimento all’intervento “in corsa” apportato dal premier Giuseppe Conte nel mediare tra Lega e Movimento 5 Stelle per trovare una soluzione definitiva. A questo punto, si palesa sempre di più la difficoltà di gestione, da parte del partito, di quello che potrebbe essere a tutti gli effetti l’anello debole del Governo.

Un anello debole che potrebbe portare a grossi disagi nelle fila del partito capitanato da Luigi Di Maio. E, proprio per questo motivo, lo stesso garante del Movimento potrebbe decidere di tagliare definitivamente i ponti con il ministro. A questo punto, più nulla è scontato, e sicuramente costerebbe meno potare un ramo secco che curarlo affinché rinasca.

Il tramonto, dopo un anno

Danilo Toninelli, dunque, potrebbe apprestarsi ufficialmente a salutare la comitiva. Secondo il suo partito, il posto che gli spetta non è quello. Ci è voluto un anno per capirlo, palesando ancora una volta le difficoltà di gestione da parte dello stesso Luigi Di Maio. Non c’è, da parte del Movimento, la voglia di continuare con un ministro che fin dai primi giorni di Governo ha dimostrato le sue palesi lacune, oltre che i suoi palesi “vuoti di memoria” (chiamiamoli così).

Ormai il ministro delle Infrastrutture è stato ampiamente messo da parte. Lo stesso “passaggio di mano” della vicenda nei confronti del premier Conte ha denotato un vero e proprio “spodestamento” dal trono legato ai lavori italiani. Non è più tempo di scherzare, la Lega ha già preso il largo, e contemporaneamente quella che era definita come la nuova realtà politica italiana sta lentamente affondando insieme al suo Governo.

Anche da questo punto di vista, si potrebbe leggere l’addio di Danilo Toninelli. Il punto è che i leghisti hanno ben individuato il punto debole maggiore del Movimento 5 Stelle, lo hanno esasperato a tal punto da renderlo palese e da far correre lo stesso partito al riparo. In questo modo, però, la situazione assume canoni davvero grotteschi, raramente si è verificato un cambio in corsa da parte di un ministro importante.

E ora?

Questo, però, apre il fronte ad un’altra domanda legittima: ora cosa succederà? La soluzione più probabile e naturale sarebbe quella interna, ovvero quella che prevederebbe il sottosegretario Armando Siri prendere il posto di Danilo Toninelli. A questo punto, però, si sovvertirebbe la regola che vuole un Governo diviso equamente tra Lega e Movimento 5 Stelle.

Non è tutto già deciso. Il Movimento 5 Stelle non è costretto certo a mollare, così come non è costretto ad esautorare dai suoi compiti Danilo Toninelli. Il punto è che ciò si tradurrebbe in una perdita ulteriore di voti, e con le Europee alle porte, la mossa potrebbe risultare quasi una sorta di “auto-cappotto”. Non solo: spianerebbe anche la strada al ritorno in auge di quel “tanto amato” Partito Democratico che con Zingaretti potrebbe intraprendere un nuovo cammino.

Insomma, ancora una volta il partito di Governo si trova faccia a faccia con una missione davvero impossibile, ovvero quella di ricostruire nuovamente tutto ciò che è stato sfaldato in questi mesi di Governo. E non è sicuro di riuscirci.