25 Febbraio 2016 - 11:21

Petaloso fa rima con fantasioso

petaloso

“Com’è un fiore?” Petaloso ha risposto il piccolo Matteo, l’inventore della nuova parola che sta spopolando da giorni sui social

[ads1] Alla domanda “Com’è un fiore?” il piccolo Matteo, 8 anni di pura ingenuità, ha risposto “Petaloso”.

La Maestra Margherita Aurora, insegnante della città di Copparo, leggendo il compito in classe avrebbe potuto segnare quella parola con un segnaccio rosso o blu. Eppure non l’ha fatto.

Avrebbe potuto segnare quella descrizione come un errore ma, come tutti gli adulti che lavorano a contatto con i bambini, sapeva che si sarebbe trovata di fronte la più terrifica delle domande: Perché?petalosodue-kJsE-U240192478988yOF-499x285@IlSecoloXIXWEB

I perché dei bambini sono uno schiaffo alla vita, ti lasciano sensibilmente nudo di fronte alla loro ingenuità e possono far crollare, come un castello di carte, tutte le regole che reggono il nostro burocratico mondo.

Se Matteo avesse chiesto Perché? la Maestra Margherita avrebbe dovuto rispondere che il termine petaloso è sbagliato semplicemente perché non esiste. Una possibilità aliena e impensabile per chi, come l’insegnate, professa i principi dettati dal celebre scrittore Gianni Rodari.

Il defunto scrittore e pedagogista italiano riteneva infatti che l’insegnamento fosse un argomento delicato, da trattare con il sorriso che meritano i bambini e l’apertura mentale di cui necessita la cultura. Per cui di fronte alla possibilità di segnare un errore, il pedagogo in questione deve porsi ben oltre la semplice cultura della grammatica.

“Sbagliando s’impara, è un vecchio proverbiodiceva infatti Rodari – il nuovo potrebbe essere che sbagliando s’inventa”.

Memore di questa massima, la Maestra Margherita, apprezzando l’evidente fantasia dell’alunno, ha subito richiesto un parere sul termine petaloso all’Accedemia della Crusca, sede degli illuminati fautori del destino della grammatica.

La risposta dei dotti è stata esauriente e positiva “Se tutti iniziano ad usare il termine petaloso, allora diventerà una parola”.

Inevitabilmente, come ormai per tutte le questioni dalla celere diffusione, il mondo si è scisso: da una parte i “professoroni di stirpe” che ripescando il defunto Umberto Eco considerano una vergogna la possibilità che il termine possa diventare di uso comune; dall’altra, i malati dei social, che hanno subito condiviso a raffica il termine neonato senza lasciare adito a discorsi intellettualmente più ampi.

Il dilemma sulla vicenda del fiore “petaloso” non è se la parola meriti o meno di entrare nel dizionario italiano, ma verte piuttosto sul “perché no?”

Perché una parola che non esiste non può essere inventata, e perché ad inventarla non può essere un bambino?

Perché chiediamo ai nostri alunni di imparare la lingua se non per reinventarla e perché chiediamo loro di descrivere degli oggetti se non per acuirne l’ingegno e la capacità di osservazione?

A queste domande il pedagogo Gianni Rodari avrebbe alzato le spalle e risposto semplicemente con “Sbrif sbruf sbraf”.

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