1 Aprile 2015 - 17:35

Primavera in bianco sui Monti del Matese

Arriva questa settimana la Primavera e noi ce ne andiamo aZONzo Outdoor  in “quel dell’Appennino” a scoprire in bianco il suo ultimo saluto all’inverno

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Bussa la primavera con la sua promessa di mare. Noi lasciamo l’inverno, ma non la neve. Sotto i passi delle ciaspole sveliamo i suoi fiori. Sotto il manto bianco del restìo inverno ne scopriamo i colori. Apriamo la porta dell’Appennino campano e accogliamo la Primavera in bianco sui Monti del Matese.

primavera - lago del MateseAccomodato “outdoor” il nostro inverno, che ci ha accompagnato quest’anno spesso “in poncho” sotto la pioggia, tra venti irrequieti lungo le coste, tanti ruzzoloni sulle umide creste e su cime innevate più che tempestose, arriva questa settimana la Primavera e noi ce ne andiamo a ZONzo Outdoor  in “quel dell’Appennino” a scoprire in bianco il suo ultimo saluto all’inverno.

Nell’antichità diversi popoli della Italia antica praticavano la Primavera Sacra come una ricorrenza rituale di origine italica, che veniva celebrata dopo un momento difficile per scongiurare un periodo particolarmente grave. Periodo di rinnovamento e di fertilità, tramite questo rituale si favorivano i processi migratori, grazie alla complicità  delle giornate più lunghe e più calde che offrivano vivificante forza e calore.

Questo rituale era diffuso presso i Piceni e i Sabini dai quali nacque il popolo dei Sanniti che occuparono le aree comprese nelle odierne regioni dell’Abruzzo e del Molise, restando sulla dorsale appenninica. Dai Sanniti, poi, con una nuova primavera sacra, nacque il popolo degli Irpini e che occuparono l’attuale Irpinia.

Ed è proprio lungo l’Appennino Sannita, al confine tra Campania e Molise, che gli Outdoorini hanno festeggiato la loro “Primavera Sacra” tra rituali sempre più pagani di condivisione, immolandosi, con ciaspole ai piedi, fino all’altare del Massiccio del Matese.

Il Massiccio del Matese, emerso dal mare più di 100 milioni di anni fa, conteso tra le 4 province di Benevento, Caserta, Isernia e Campobasso, delineato da vari versanti montuosi calcarei, raggiunge un’estensione di circa 60 km da nord a sud, e di circa 25 km da est ad ovest.

Un parco regionale esteso, un complesso montuoso imponente, che ospita anche una delle più importanti stazioni sciistiche del Meridione, l’impianto di Campitello Matese in provincia Campobasso, dove qualche outdoorino ha lasciato gli scii o lo snowboard; ben 3 laghi, tra cui uno di origine glaciale il Lago del Matese – che con i suoi 1.011 m.sul livello del mare è il lago carsico più alto d’Italia – e 2 artificiali di Gallo Matese e Letino formato dalla diga sul fiume Lete; nonché la cima più alta in territorio Campano, la Gallinola di 1923 m.s.l.m., che risulta essere la seconda vetta più alta del Massiccio dopo il Monte Miletto di 1050 m.

primavera - massiccio del matese

Ed è proprio ai piedi della Gallinola che gli Outdoorini “racchettando” sono arrivati, affondando ciaspola dopo ciaspola nella neve morbida, sotto la quale hanno scoperto non una Primavera nella sua dirompenza, che sulle coste siamo abituati ad accogliere in un’esplosione di profumi e colori bizzarri. Ma una stagione che, ancora legata all’inverno da cui ha origine, con contegno, timidamente si dà e fa dono di sé attraverso dettagli che richiedono di essere svelati con tutti i 5 sensi.

Partendo dal Rifugio di Monte Orso – accogliente e discreto come i suoi gestori, i quali ci hanno accolto al ritorno con una tisana fumante accomodati davanti ad un camino ancora romanticamente invernale – muniti del solito kit da trekker d.o.c. e del packed lunch alla strenua del lupo più che di Biancaneve (come chi si prepara le provviste in vista di una nuova guerra), questa volta c’era anche chi nello zainetto magico ha portato tutto il mondo di Mary Poppins nella puntata della sopravvivenza. “L’arte di arrangiarsi”.

Racchettando adagio e senza molta fatica, grazie alle chiacchiere fameliche che animano gli outdoorini durante le loro passeggiate, anche in bilico su un precipizio, siamo passati tra alberi spogli ma non più innevati, in mezzo a fiori accennati ma non ancora esplosi, sopra laghetti carsici tra un pò di tempo asciutti ma oramai non più ghiacciati.

Sopra di noi il sole caldo di marzo e un cielo meravigliosamente terso. Attorno a noi il manto bianco del temporeggiante inverno, ancora solido, compatto, predominante su tutto il pianoro.

E lungo tutto il pianoro abbiamo goduto della neve, attraversando “l’aperta”distesa del Pianellone, poi il primo Belvedere che dà suoi monti circostanti, e poi in salita lungo sentieri più ardui tra tronchi e fossati, vittime di “banane” (il potassio è fondamentale per evitare crampi) e di strane teorie freudiane.

Massiccio del Matese

Non a caso, tra le caratteristiche, tecniche e non, che delineano i contorni dell’Outdoorino, l’entusiasmo è sicuramente ciò che lo contraddistingue rispetto ad un qualsiasi altro escursionista di ventura. Seguono immediatamente la “verve” (la loquacità che punta allo sfinimento), la fiducia nel Group Leader, il terrore di arrivare in vetta con pochi kg di cioccolata, il volto spesso paonazzo dato dal fiaschetto.

Insomma, tanti “personaggi in cerca d’autore”. O meglio, di un sentiero giusto.

Ma più di tutto, dalla nostra, la privilegiata capacità di perdersi, la predisposizione al cambiamento di rotta e di percorso, l’autentica e genuina voglia di condivisione, che va dalle torte ai casatielli, dalle confidenze tete-a-tete lungo la strada, alla raccolta aggregativa di erbe per incontri fuori giornata, fino ai “suggestivi” momenti di “pipì time”, in cui ogni compagno diventa un amico “intimo”.

Con l’animo pertanto sempre aperto all’altro e i sensi protesi alla Natura varia e multiforme che in ogni giornata ci accompagna e sempre ci sorprende, arriviamo a Piano della Corte, sganciamo finalmente le ciaspole e scivoliamo letteralmente lungo il pendìo che porta in questa grande distesa bianca, che abbiamo immaginato tutta in verde durante il periodo di “gioventù”.

Un enorme pascolo che insieme ai tanti che ci sono sul Massiccio hanno permesso lo sviluppo della pastorizia e dell’agricoltura, oltre che lo sfruttamento dei boschi per le genti locali.

Il pascolo imbiancato ci accoglie per il pranzo, e ci ospita tra resti di mura che ci proteggono dal vento ma non dal sole. L’abbronzatura che sveleremo di ritorno a casa è all inclusive.

Testimone di segni di civiltà remote, dai greci ai cartaginesi, questa area dove noi oggi mangiamo, ha funto nel 1800, magari tra queste stesse mura dove siamo seduti, da tana per i partigiani che lottavano contro Murat e Francesi, essendo questo luogo aspro e selvaggio e con una fitta vegetazione in grado di proteggere e nascondere i cosiddetti “briganti”.

massiccio del matese

Ed ora qui ci siamo noi. Non con i fucili, ma con i nostri panini in mano. Sopra i nostri occhi la cima della Gallinola, la vetta più alta della Campania, dal freddo continentale e innevata. Sotto di noi il mare con il suo invitante luccichio e i suoi venti dal tepore mediterraneo.

Da lontano, la cima dell’Epomeo, la suadente Capri e il Vesuvio. Alle nostre spalle i monti Miletto e Mutria.

Terra di mezzo, nel cuore del Sud dello Stivale, il Massiccio del Matese appartiene geograficamente a 2 aree climatiche diverse, che ne fanno uno dei luoghi più ricchi di biodiversità dell’Appennino Meridionale.

Ed oggi per noi, questo affascinante luogo si è concesso sulla linea del confine labile anche di 2 stagioni, entrambe portatrici del mistero e della magia della Natura che svela la sua poliedricità attraverso il ciclo lento dei giorni.

primavera MATESECome nell’Amore, dosando i suoi ritmi, fiore dopo fiore, foglia dopo foglia, goccia dopo goccia, si è concessa questa domenica la Natura ai nostri sensi nel “momento della rinascita”. Nel passaggio dal letargo alla Resurrezione.

Mangiamo di gusto respirando l’area della Primavera. Siamo “innamorati” dell’Outdoor.

 

“Primavera non bussa, lei entra sicura,
come il fumo lei penetra in ogni fessura,
ha le labbra di carne e i capelli di grano,
che paura, che voglia che ti prenda per mano,
che paura, che voglia che ti porti lontano.”

 FABRIZIO DE ANDRÈ – Un chimico

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