Simone Cristicchi: “Legato a te”, tra amore ed odio
Simone Cristicchi affronta il delicato tema dell’eutanasia e dell’accanimento terapeutico con il suo brano “Legato a te”
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Prendete un cantautore dalle innate doti di scrittura e dall’empatia sorprendente. Aggiungete a questo un caso morale e giudiziario di dimensioni mondiali come quello di Piergiorgio Welby. Il tutto condito da argomenti tra i più scottanti della modernità: l’eutanasia, l’accanimento terapeutico ed il diritto alla vita. Il risultato finale è “Legato a te”, sesta traccia dell’album di Simone Cristicchi “Dall’altra parte del cancello” del 2007.
Un brano profondo, emozionante e commovente. Una dedica onesta di Cristicchi ad un personaggio tra i più discussi della nostra generazione. Una racconto di una relazione “catulliana”, come Odi et amo, fatta di amore ma sopratutto odio, sconfinato odio. Il protagonista, Piergiorgio Welby, rappresenta tutti coloro che hanno vissuto e vivono la sua medesima condizione. E la “persona” a cui si rivolge non è la classica Lesbia, un’entità in carne ed ossa, ma una macchina. Quella macchina che tiene in vita (se tale si può definire) il protagonista che a lei si rivolge così:
“Con il tempo ho imparato ad odiarti,
se solo avessi un cuore,
mi lasceresti andare, mi lasceresti andare.”
Tutta la profondità del brano di Cristicchi si condensa qui, in questo dialogo ad una voce che in realtà è solo nella mente di Piergiorgio. Una “fragile foglia che riposa qui sotto le lenzuola” e che vorrebbe “essere libero di finire”.
La musicalità lieve e l’arrangiamento spoglio e fragile come il protagonista non fa altro che esaltare ancora di più il testo. Uno dei testi più significativi che abbia mai ascoltato riguardo questo argomento. Un argomento che ha smosso tutti, anche i più insensibili, e che ha da sempre avuto opinioni contrastanti. “Quante stupide parole, quante inutili parole” confessa il protagonista della nostra storia.
A lui interessa solo parlare a lei, quella macchina fredda, muta, spietatamente funzionante. Una Lesbia in plastica ed acciaio che tiene legato ad un tubo il suo Catullo in una morsa di amore (?!) ben diverso dall’amore per la vita. Quello che vorrebbe provare Piergiorgio, sopravvivente piuttosto che vivo.
“Ma non posso vivere, senza di te…
Io non riesco a vivere, legato a te.”
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