14 Maggio 2019 - 15:26

Sneaky Pete 3: il re della truffa e la crisi d’identità

Sneaky Pete

Nella terza stagione di Sneaky Pete, assistiamo ad una deriva più psicologica e intimista. Gli stessi personaggi saranno portati a chiedersi “chi sono?”

Ci siamo. Un’altra delle serie di punta, dei prodotti d’eccellenza targati Prime Video è finalmente tornato alla ribalta. Stiamo parlando dell’eccellente Sneaky Pete, che con la sua terza stagione varca nuovamente le soglie del secondo servizio streaming più famoso della Terra e si ripresenta agli occhi degli spettatori, dopo le prime due sorprendenti stagioni.

Se ancora si hanno dei dubbi su questa serie e sul fatto di voler cominciare a vederla, basteranno semplicemente i nomi a convincervi. Bryan Cranston nella veste di produttore esecutivo e tra gli attori. Un grandioso Giovanni Ribisi nella veste dell’attore protagonista. Come se non bastasse, vi sono altri grandi nomi come Margo Martindale, Shane McRae e Jane Adams a completare il tutto. Ma non è solamente questo a fare la differenza.

La vicenda di Sneaky Pete, infatti, si snoda in un mondo che ricorda molto quello di Breaking Bad (Bryan Cranston docet). Un mondo in cui la truffa e le estorsioni è all’ordine del giorno, la corruzione è qualcosa di palpabile e toccabile con mano e si insinua in tutti i meandri della società. Una società che rappresenta l’America che ha votato Trump. Un’America rude e nuda, la cui attitudine societaria è regredita e che non riesce più a pensare con la propria testa, schiava dei mezzi di comunicazione.

Allo stesso tempo, però, la terza stagione si pone come punto di svolta della serie, attraverso il protagonista. Non c’è più il Marius Josipovic (un perfetto Giovanni Ribisi) fanfarone e truffaldino delle altre stagioni. No. Lo stesso, infatti, intraprende quasi un viaggio “spirituale” alla riconquista di coloro che, per la prima volta, lo hanno considerato parte di una famiglia: i Bernhardt, con tutti i loro problemi con la legge.

Ma andiamo con ordine.

Alla ricerca dell’identità

Nella seconda stagione di Sneaky Pete, avevamo assistito allo scontro a distanza (finito, in sostanza, in pareggio) tra Luka Delchev e la vera madre di Pete, Maggie. In mezzo a questa macro-trama, vi era stata la completa deriva da parte di tutti i personaggi della famiglia. Chi più, chi meno (ad eccezione della pura Carly) è sprofondato nel baratro della criminalità.

Da questo semplice assunto riparte la terza stagione, che si concentra proprio sulla ricerca dell’identità da parte di tutti. Infatti, vediamo un Marius Josipovic praticamente stanco della sua carriera da truffatore, ma ancora indeciso se riagganciarsi alla famiglia Bernhardt o coltivare la sua passione amorosa per Lizzie (Efrat Dor). Julia, invece, è alle prese con un caso giudiziario che metterà a dura prova la sua fiducia nei confronti dello stesso Marius e della sua famiglia. Lo stesso Taylor (Shane McRae) è alle prese con la tentazione sempre più forte di corrompere la giustizia. Anche Carly (una bravissima Libe Barer) è concentrata sulla ricerca dei suoi veri genitori e della sua vera storia.

A fare da contorno alle storie, ci sono poi vecchi e nuovi antagonisti per Josipovic. La new entry è rappresentata da Stefano Kilbane (un sontuoso Patrick J. Adams), vendicativo ed arrogante magnate che tormenterà Marius. La vecchia, naturalmente, è una lieta notizia: Vince Lonigan (interpretato dal mitico Bryan Cranston) è infatti tornato, e darà filo da torcere al nostro protagonista.

Le premesse sono una bomba.

I rapporti intimi e la rappresentazione nera dell’America

Nelle passate stagioni, avevamo assistito ad uno Sneaky Pete sempre rude, molto più di matrice “nera” e quasi esclusivamente improntato sulla figura di Marius. Per la nuova, invece, i dettami cambiano. Infatti, in questa terza stagione si ha una vera e propria inversione di tendenza. A prevalere sono infatti i rapporti intimi che investono i Bernhardt e Marius.

Tra segreti, tensioni, discussioni vivaci e qualche pericolo di troppo, si assiste ad un’evoluzione caratteriale di tutti i personaggi. A partire da Carly, che matura nel corso della stagione fino a diventare una vera e propria donna con la testa sulle spalle, fino a Marius, che capisce forse, dopotutto, che una vera famiglia con cui convivere non fa male.

A farla da padrone, inoltre, è uno scenario nero, di corruzione, una rappresentazione molto realistica dell’America odierna (quella che ha votato Trump, per intenderci). Un’America rurale, che gira in pick-up scassati e si preoccupa delle cauzioni dei figli che si mettono regolarmente nei guai. Non per questo, però, il divertimento manca.

Sneaky Pete vince tutto proprio in questo aspetto. Nonostante la situazione drammatica, la serie non lesina momenti follemente divertenti e cruenti, riuscendo a mantenere intatte le sue sfumature da commedia e da noir. L’equilibrio tra momenti drammatici e leggeri è praticamente perfetto. E ne giova tutta la narrazione, che trascina lo spettatore in un binge-watching ossessivo.

Nonostante alcune puntate di magra e di stasi, la serie riesce a mantenere intatta la verve che l’ha caratterizzata fin dall’inizio. Ed è proprio qui che si consolida come degna erede di quella Breaking Bad con cui ha più di un punto in comune (uno fra tutti, Bryan Cranston).

Una gemma.