Stiamo vedendo morire il Sud
Per il rapporto Svimez, il Mezzogiorno d’Italia non è mai stato così indietro. Cresciamo la metà della Grecia e per il settimo anno consecutivo il PIL del Meridione è in recessione. Un meridionale su tre è a rischio povertà, ma, per il Governo, il Sud è fuori dall’agenda
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“Ho visto morire il Sud” è un titolo di un articolo che lascia dentro il vuoto.
Lo scrisse Alberto Moravia sull’Espresso, il 7 dicembre 1980, due settimane dopo il Terremoto che colpì l’Irpinia, cancellando per sempre le vite di migliaia di persone.
C’è una frase, di quell’editoriale, che sconvolge più di ogni altra: “Guardo e cerco di capire, di riflettere; e ad un tratto la verità brutale ristabilisce il rapporto tra me e la realtà. Quei nidi di vespe sfondati sono case, abitazioni, o meglio lo erano; adesso sono macerie“. E poi quella dichiarazione, dura come una pietra: “Qui nessuno ci aiuta, siamo abbandonati da Dio e dagli uomini, i Tedeschi, che sono Tedeschi, sono arrivati prima dei Salernitani“, quella di un uomo che col terremoto aveva perso tutto.
Oggi, per il Sud, di terremoto ce n’è stato un altro. E non di quelli che distruggono case e ti lasciano quel senso di paura costante che non se ne va per giorni. Quel panico che ti spinge a guardarti intorno, ogni giorno alla stessa ora, sperando che la terra non si metta a tremare di nuovo.
Questo è stato un terremoto ben peggiore, uno di quelli che tutti hanno sentito, percepito allo stesso modo, ma che l’Italia ha scelto di ignorare, operando in maniera ben peggiore e assai più sadica rispetto a quanto accadde dopo il Novembre del 1980, quando ai meridionali fu riservato l’epiteto di “terremotati” ovunque andassero.
Cosicché al loro dolore e al loro danno si aggiungeva pure la beffa.
Evidentemente, il Sud è una zavorra per l’Italia. Si vuole che il Sud muoia, e noi lo stiamo vedendo morire.
Noi giovani e meno giovani che finora abbiamo stiamo restando, sfidando le difficoltà e quella crisi che per la nostra terra non finirà l’anno prossimo, non fra dieci anni, non fra venti anni. Non finirà neanche quando l’Italia intera uscirà da questa contrazione del sistema economico internazionale che qualche importante economista ritiene “fisiologica“.
Continueremo a morire, piano piano, come i malati di tumore della Terra dei Fuochi.
E’ stata la SVIMEZ (Associazione per lo SVIluppo dell’industria nel MEZzogiorno), stavolta, a certificare numericamente l’agonia della nostra terra: cresciamo la metà della Grecia (13% contro il 24%); abbiamo un PIL che per il settimo anno consecutivo indica il segno meno (-1,3) e un meridionale su tre è a rischio povertà. La più povera è la Sicilia, poi tocca alla Campania. E mentre al Nord si superano i 31.000 euro di PIL pro-capite, al Sud a stento tocchiamo i 16.000.
“Il Sud è scomparso dall’agenda del governo, dal dibattito politico nazionale ed europeo. L’Italia ha due economie che si allontanano sempre di più. Come sempre ripeto il Sud non fa più pressione sulla politica. Non si fida più. Si emigra e basta o si galleggia. L’occupazione al Sud è tra le più basse d’Europa e c’è un fenomeno che pochi vogliono guardare, l’emigrazione interna e la fuga di laureati che scelgono di andare al Nord o all’estero“, lo aveva detto a maggio Roberto Saviano. Che può piacere o meno, ma intanto l’allarme lo aveva lanciato.
Per il Sud, invece, non è cambiato niente, neanche ora che Renzi ha detto che gli italiani devono abituarsi a vedere i loro politici andar via dalla poltrona, e che mai c’è stata una stagione di riforme come quella che stiamo vivendo oggi nel nostro paese: il Sud-Italia continua a morire.
Muore perché per le istituzioni italiane c’è una parte di aese destinata a produrre e un’altra che destinata a comprare: chi produce è il Nord che dice “No” ai meridionali svogliati, i quali, loro malgrado, sono costretti a vivere in una terra in cui gli investimenti pubblici sono il 20% contro l’80% destinato al Settentrione. Dove il 99,8% dei fondi per le ferrovie va a Milano e a Torino, e al Sud solo lo 0,2%.
Il Sud, per questo paese, dovrebbe comprare, ma con quali soldi?
Il Sud sta morendo al punto che i consumi delle famiglie sono vicini all’indispensabile per la sopravvivenza.
Che succederà quando sarà il deserto? Qualche lanzichenecco tornerà a dirci che possiamo farci annettere dalla Libia? Che vorrà andarsene perché il Sud avrà fame?
Tranquilli, non mi attaccherò all’idea neoborbonica che prima di Garibaldi si stava meglio, che i Piemontesi ci hanno devastati e che quando giunsero a Napoli da invasori non sapevano cosa fossero i bidet. Non lo farò.
Ma la mia voce ad una terra che muore la metto a disposizione.
Il mio grido è quello di un intero popolo alle soglie del “sottosviluppo permanente“.
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