23 Novembre 2020 - 10:25

Terremoto Irpinia: sono trascorsi quarant’anni dalla tragedia

terremoto dell'Irpinia Iran Turchia

Terremoto in Irpinia quarant’anni dopo. Era il 23 novembre del 1980 quando un sisma di magnitudo 6.9 provocò in un minuto e mezzo, quasi tremila vittime

Il terremoto in Irpinia è una costante ferita aperta che a distanza di quarant’anni non vuole rimarginarsi. Un minuto e mezzo ha cambiato la vita di oltre 300mila sfollati, mentre quasi 3000 sono le vittime provocate dal sisma.

Alle 19:34 di domenica 23 novembre 1980 la terra inizia a tremare. La magnitudo di 6.9 della scala Richter coinvolge interi comuni della Campania e della Basilicata. Sono attimi di terrore che strappano via la vita a migliaia di persone e nella migliore delle ipotesi le lascia senza una cosa, senza affetti, senza identità.

I ricordi di chi ha perso tutto

L’Irpinia ricorda con dolore l’anniversario sul quale grava ancora una complicata ricostruzione e in alcuni casi una mancata riqualificazione dei territori. A quarant’anni da quel tragico 23 novembre 1980 restano i ricordi strazianti di chi in 90 secondi ha perso tutto. Si tratta di una tragedia geografica e umanitaria che ha spazzato via parte di Campania e Basilicata, regioni che ancora oggi ne vivono i dolorosi strascichi.

Nel bilancio complessivo del terremoto, alla fine erano novemila i feriti (8.848) e 300mila senzatetto. I morti tanti, troppi, quasi 3000, ma questi non sono solo numeri, ma vite tagliate a metà. Il terremoto dell’Irpinia coinvolse inoltre comuni del Molise e della Puglia, facendo arrivare la sua potenza devastatrice da nord a sud. Tra tutte c’è una ferita che pesa più di tutte, i ritardi nei soccorsi dovuti ad un governo impreparato a forti stati di emergenza.

Il terremoto in Irpinia, oggi ricordato come “Il terremoto dell’80” è un trauma vivo nella memoria dei più anziani e tramandato tra i più giovani affinché non dimentichino la furia assassina di un sisma che in pochi secondi ha cambiato tutto. Sant’Angelo dei Lombardi, Lioni, Conza della Campania, Castelnuovo di Conza, Santomenna, Laviano, Muro Lucano: questa è la lunga lista dei comuni vicini all’epicentro, rasi al suolo e in altri casi gravemente danneggiati.

La tardiva macchina dei soccorsi

Non solo la paura della terra che trema e la consapevolezza di non avere più nulla, la vera tragedia del terremoto in Irpinia è il tardivo intervento della macchina dei soccorsi. L’allora presidente della Repubblica Sandro Pertini denunciò con voce alta e fermissima, ma non bastò poiché ancor più lenta risultò essere la ricostruzione. Gli sfollati di settimana in settimana dovettero adattarsi prima alle tende, poi ai vagoni ferroviari, poi alle roulotte e infine ai container. Intanto il freddo avanzava e persino un prefabbricato dallo stato precario poteva sembrare casa in un clima di assoluta confusione.

La Protezione Civile di Zamberletti

Le immagini del terremoto in Irpinia hanno fatto il giro del mondo, mostrando il nostro paese in balia di una anarchia emergenziale. Si deve al commissario straordinario del governo, Giuseppe Zamberletti, la promessa di una Protezione Civile così come la conosciamo oggi e ci riuscì.

Nella primavera dell’anno successivo si percepì anche una debole ripresa delle attività industriali, soprattutto nei comuni maggiormente danneggiati. Una sorta di riqualificazione a metà che in alcuni casi ha permesso il rifiorire delle attività in altri casi ha visto verificarsi il fallimento. Sulle macerie del terremoto del 1980 è nata inoltre l’Università della Basilicata, pensata come modello di eccellenza per l’intero mezzogiorno e come reale e concreto punto di ripartenza.