The Man In The High Castle 3: l’equilibrio tra distopia e realtà
In The Man In The High Castle 3, la serie Amazon trova il suo posto assieme ai ricordi. Nel nome del suo “genitore” Philip K. Dick e dell’ucronia
Tante volte abbiamo nominato Philip K. Dick. Per l’ennesima volta, ritroviamo questo nome in mezzo a serie TV o a film ispirati alle sue opere. Ancora una volta, è Amazon a farsi ambasciatore delle sue opere. The Man In The High Castle 3 (in Italia, La Svastica Sul Sole) rappresenta la terza stagione della serie.
Sebbene lo show sia già stato rinnovato per una quarta stagione, addirittura prima dell’uscita della terza, ci apprestiamo già alla sua fine. E la fine è nell’aria, si avverte già dalle prime battute della terza stagione, dove la reazione della Resistenza si propaga inesorabilmente. Per Juliana, protagonista della serie, tutto è cambiato quando la sua sorellastra Trudy le ha affidato “La cavalletta non si alzerà più”.
Quest’ultimo filmato mostra la realtà dei fatti (grande rovesciamento politico a livello storico), ovvero gli Alleati sconfiggere la Germania e il Giappone. Questo scombussola l’intero impianto di trama, a maggior ragione quando Trudy si ripresenterà dinanzi a lei.
Il percorso di Juliana sarà assolutamente centrale nella nuova stagione, e sfocerà (presumibilmente) in qualcosa di più nella quarta stagione. Ma non solo: la trama approfondisce anche la “discesa negli inferi” della famiglia Smith, dopo il decesso del figlio avvenuto nella scorsa stagione. Una discesa inarrestabile, psicologicamente straziante, che induce gli stessi membri a fare i conti, per la prima volta nella serie, con la dura realtà della vita.
Oltre ai soliti protagonisti, però, la new entry di Nicole (interpretata da Bella Heathcote), al lavoro per la propaganda nazista, rappresenta un ravvivamento serio della trama, soprattutto quando la sua vita sentimentale andrà ad incasinare il rapporto con i nazisti.
Anche Tagomi, Frank, Ed McCarthy e Robert sono al lavoro per capire la direzione giusta da intraprendere.
Passo dopo passo
La sceneggiatura di The Man In The High Castle 3 pone questa terza serie in grado di evolvere piano piano. Il gran numero di personaggi e storie da seguire in parallelo rende la prima parte della stagione piuttosto intricata e frammentata. Questa scelta, però, serve a gettare le basi per una seconda parte frizzante, coinvolgente fino ad un finale emotivo all’ennesima potenza.
Tutto ritorna in equilibrio. Non si avverte più la differenza tra distopia e realtà. Il grande merito di Frank Spotnitz (che è la mente dietro I Medici e uno dei maggiori sceneggiatori di una serie cult come X-Files) è quello di coinvolgere l’attualità, estremizzarla e portarla all’interno delle dinamiche dickiane. Tra attualità e distopia, con una soluzione osata, ma ottima, trasporta il pubblico in un mondo in cui terrore, anti-semitismo e omofobia, ma non solo, sono la norma e hanno tragiche conseguenze su più di uno dei protagonisti.
Rispetto al pessimismo tipico di Dick, però, Spotnitz nutre ancora una speranza nell’umanità. Due personaggi come Frank e Ed ne sono la bandiera, coadiuvati da quella Juliana che risulta essere la vera protagonista dell’intera serie, una presenza femminile prorompente. Ciò anche grazie all’interpretazione meravigliosa di Alexa Davalos, che si prende la scena e la fa sua senza colpo ferire.
Dall’altro lato, però, l’altro vero protagonista, soprattutto in quest’ultima stagione, è John Smith (Rufus Sewell). La performance dell’attore è ricca di sfumature, Sewell lascia intravedere tutti i dubbi e la malinconia e l’incertezza che si innestano in Smith dopo la tragica perdita del figlio. D’altra parte, però, non rinuncia alla sua, seppur sofferta, scalata al potere.
Le nuove puntate di The Man In The High Castle 3 continuano inoltre a trovare il modo di proporre dei personaggi femminili non stereotipati e interessanti. Da Helen (Chelah Horsdal) che si ritrova alle prese con il lutto e con una situazione in famiglia da cui cerca una via d’uscita, all’affascinante Nicole, la cui storia apre nuovi scenari narrativi.
Il ritrovamento dell’equilibrio
Dopo due stagioni frenetiche, atte a costruire tutto il mondo intorno alla serie, The Man In The High Castle svolta con la terza. L’ottimo livello tecnico e artistico raggiunto dalla produzione targata Amazon riesce a trasportare gli spettatori in un mondo distopico contraddistinto da tanti legami con la realtà contemporanea. Proprio questo è il punto di forza: l’equilibrio tra realtà e distopia.
Sorprendenti, i dieci nuovi episodi sanno mantenere alta l’attenzione, tramite una serie di rivelazioni e svolte inattese che preparano il pubblico ad una quarta stagione e ad un finale di serie (?) che potrebbe essere la definitiva consacrazione. La gestione dei personaggi è praticamente perfetta, l’evoluzione della trama mai banale.
Se si doveva rendere un tributo a Dick, Amazon l’ha fatto nel modo giusto.
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