7 Novembre 2020 - 08:00

Truth Seekers: la coppia Pegg-Frost e la strada citazionista

Prime Video Truth Seekers

La nuova serie TV del duo di Shaun Of The Dead, Truth Seekers, affonda le sue radici negli anni ’80. Risultando divertente agli spettatori

C’è stato un tempo, soprattutto all’inizio degli anni 2000 e nel suo primo decennio, in cui il cinema britannico aveva ripreso una verve indiscriminata. Autori come Shane Meadows, Guy Ritchie, Christopher Nolan, Danny Boyle ed Edgar Wright avevano risollevato le sorti dell’intera industria, grazie ai loro film apprezzati in tutto il mondo. E proprio Wright aveva lanciato sul panorama mondiale due attori destinati poi a far carriera: Simon Pegg e Nick Frost. Proprio questi due, ora, si son dati da fare con Truth Seekers.

La nuova serie Amazon Prime Video, infatti, porta la firma proprio dei due attori della Trilogia del Cornetto. Con loro, nell’equipe, vi sono anche James Serafinowicz e Nat Saunders. L’atmosfera è quella dei classici anni ’80. Fantascienza, horror e commedia si fondono in un “melting pot” che richiama sia capisaldi dell’intera produzione seriale inglese, come la sempreverde Doctor Who, sia altri classici cine-televisivi anche recenti (il pensiero va sicuramente a Stranger Things e a The Twilight Zone). Il prodotto è spudoratamente fan-service, e farà senza dubbio felici gli amanti delle epoche passate e del citazionismo.

Nonostante tutto, però, vi sono alcune problematiche che inficiano la perfetta riuscita dell’operazione. C’è una questione identitaria che fatica a muoversi per bene sullo schermo. Tutto sa di già visto e non aggiunge nulla di nuovo ad un immaginario ormai già pieno, trito e ritrito e che appare, all’alba di un nuovo decennio, spremuto. La strada citazionista, quindi, si presenta impervia e piena di ostacoli. Ma Truth Seekers è comunque godibile, come vedremo prossimamente.

La ditta del paranormale

La trama di Truth Seekers è presto spiegata. Siamo alle prese con Gus (Nick Frost), ordinario impiegato della compagnia telefonica Smyle, diretta da uno stralunato Dave (Simon Pegg). L’uomo, vedovo, nel tempo libero, oltre a “prendersi cura” del proprio padre (uno stralunato Malcolm McDowell), si dedica alla sua più grande passione, ossia la scoperta e rivelazione di un mondo soprannaturale abitato da spettri ed entità paranormali che vivono nascosti tra le mura delle nostre case.

Passione che Gus coltiva tramite l’apertura di un canale YouTube apposito, “The Truth Seekers“, che documenta le proprie attività di ghostbuster in erba. Ad offrirgli supporto nelle sue imprese strampalate, ci sono il giovane Elton (Samson Kayo), che lo accompagnerà nella ricalibrazione di tutte le connessioni internet di ospedali, hotel e case, e la misteriosa Astrid (Emma D’Arcy), che li accompagnerà in questi viaggi “soprannaturali”.

Il tutto sfocerà nella scoperta di una cospirazione che potrebbe dar vita da lì a poco a un Armageddon fatale per l’intera razza umana. Ma il gruppo sarà lì per sventarla.

Il melting pot e il citazionismo

La verità è che tutti aspettavano Truth Seekers per un solo motivo: il ritorno della coppia Pegg-Frost sullo schermo, piccolo o grande che sia. La loro unione ormai è sacra, quasi una sorta di must per tutti gli appassionati. E, naturalmente, anche nella nuova serie Prime avviene in grande stile. I due rimodellano in qualche modo l’immaginario sci-fi secondo le coordinate che preferiscono. Il risultato è un vero e proprio melting pot, che pesca a piene mani dalla cultura pop per destrutturarla e adattarla alle esigenze del piccolo schermo.

Il contesto retrò aiutano senza dubbio quest’operazione, che naturalmente perde un po’ della bizzarria delle operazioni di Wright, ma allo stesso tempo si inserisce a pieno titolo nelle produzioni degli ultimi tempi. Automaticamente, è più che naturale notare richiami a titoli grandiosi come X-Files o anche Fringe. L’utilizzo del paranormale non è mai eccessivo, e ciò rende la serie molto più leggera di quanto ci si potrebbe aspettare.

E poi ci sono loro. Simon Pegg e Nick Frost, anche se disuniti, sono praticamente garanzia assoluta di risate, anche e soprattutto grazie alla loro espressività. L’entusiasmo dell’equipe si nota ovunque, anche nelle prestazioni di un rivitalizzato Malcolm McDowell e della sorpresa Emma D’Arcy, che conquista lo schermo grazie ad un’ottima presenza scenica. Buona la regia di Smith, che gioca bene con l’alternanza di campi larghi e piani ristretti per acuire il senso di tensione e suspense.

Troppo “light”

Allo stesso tempo, Truth Seekers è una serie che non ha notevoli picchi, punte di diamante da sfoggiare in modo netto. Anzi, tutto resta sullo sfondo. Le stesse risate, che dovrebbero essere una componente principale della serie, risultano quasi sconosciute. Raramente le sopracciglia si sollevano in modo netto. Probabilmente, è una penalità dettata anche dalla durata degli episodi.

In 25 minuti, infatti, la quantità di mitologia da spiegare è talmente tanto ampia, che spesso non se ne riesce a venire a capo. Colpa anche di un montaggio che non regala il pathos giusto, troppo sospeso tra la risatina facile e una gestione troppo stringata dell’eccesso. Ciò porta Truth Seekers a tendere verso la soluzione facile, facendo perdere ritmo alla narrazione e portandola su binari troppo prevedibili.

Molte idee non vengono sfruttate a dovere e restano troppo sullo sfondo. Gli stessi cliffhanger sono alquanto prevedibili e citofonati, spingendo lo spettatore a continuare la visione solo per inerzia. Julian Barratt non riesce a mostrare per bene le sue capacità interpretative, e appare alle volte ingabbiato in un personaggio caratterizzato in modo banale e superficiale.

Insomma, il potenziale di Truth Seekers non è sfruttato a pieno.