23 Aprile 2018 - 10:20

Una Serie di Sfortunati Eventi 2, la continuità tra malinconia e rètro

una serie di sfortunati eventi

Una Serie di Sfortunati Eventi (2) si pone in linea di continuità con la precedente stagione ma, la supera per bellezza (e qualità)

Lo scorso anno Una Serie di Sfortunati Eventi era una dei prodotti più attesi sulla piattaforma di Netflix. In seguito alla sua uscita, le opinioni erano le più disparate: tra quelle che le recriminavano un andamento narrativo piuttosto lento e, chi (come noi), le attribuiva (e lo fa tutt’ora) un significato ancora più profondo.

La seconda stagione non conferma quanto ribadito fin ora, anzi, se è possibile, avalla in un certo qual senso un miglioramento costante. La fluidità narrativa che tanto è stata recriminata in passato, finalmente sussiste.

La saga di Lemony Snicket in questa seconda stagione è – forse perché un po’ abituati – più razionale. Abbiamo cinque diverse ambientazioni: la Prufrock Preparatory School, la meravigliosa e (o)scura dimora Jerome Squalor, il villaggio VFD, l’ospedale di Heimlich e, infine, il Carosello Caligari.

In questo senso si profila la continuità: le peripezie dei Baudelarie continuano da lì, dove ci eravamo fermati. Non c’è dicotomia, è un continuo vagare – a volta in maniera cieca – in luoghi sconosciuti, quasi senza senso. Se si volesse trovare qualche difetto in questa stagione, sarebbero immediatamente individuabili nella costruzione dei singoli episodi. Gli artifici narrativi, a volte singolari, a volte grotteschi, che nella prima stagione hanno funzionato piuttosto bene, come veri e propri deus ex machina, risultano adesso forzati – a volte noiosi.

Le novità che ravvivano la seconda stagione

Il blocco principale del cast è rimasto praticamente invariato, tuttavia si sottolinea un nota fresca: “l’incantevole” Esmé Squalor, interpretata da una magistrale Lucy Punch. Anche lei incarna tutti i “valori” tipici della serie: stramba, ambigua, “in and out“, ma anche spietata e affascinante.

L’attrice dà mordente al lato negativo e antagonista della trafila capitanata dal Conte Olaf, che purtroppo, in questa stagione è – di fatto – sottotono, come sopraffatto dalla presenza della stessa Esmé.

Di certo funzionano i ruoli dei fratelli Pantano, in questa visione dualista (e duplicata) dei Baudelarie: simboli di una speranza, di uno spiraglio di luce in una carrellata di eventi negativi e bui.

La tristezza che lascia senza parole

Un po’ ci si inizia ad affezionare ai personaggi. Ci si immedesima nei Baudelaire perché, diciamocelo, il motto de #MaiUnaGioia accomuna un po’ tutti. Quindi coloro che tentano (il più delle volte invano) di aiutarli scaldano il cuore. Tanti sono stati i personaggi persi nel corso della prima stagione, altrettanti nella seconda.

Ma qualcosa è cambiato.

Il clima è diverso, più cupo, più triste. Quasi ci si sente stanchi dopo tutte le disavventure, vedere sfiorare un’impresa, perdere ad un passo dal raggiungimento di un obiettivo. La morte di Snicket (un ottimo Nathan Fillion) prima e quella drammatica di Olivia Caliban dopo (un’interpretazione umana e significativa di Sara Rue), sono un colpo allo stomaco.

Fa rabbia vedere come i piccoli Baudelaire siano così incompresi. Ed è qui che la serie mostra tutta la sua contemporaneità, la sua duttilità. Ogni ambientazione ha un pubblico diverso e una critica specifica. Si criticano (scegliete voi se in maniera diretta o indiretta) diverse sezioni sociali – dai giudici, alla stupidità del Signor Poe, ai falsi filantropi, ma anche all’istruzione e alla sanità. Ce n’è per tutti e in tutte le salse.

Non resta che aspettare la terza ed ultima stagione di Una Serie di Sfortunati Eventi, sperando in un finale degno per una serie che, con tutti i suoi pro e contro, comunque regala emozioni e ci catapulta in un mondo strano, diverso, inconcepibile ma… fin troppo simile a quello reale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *