Guerra in Ucraina. L’italiano che sa, ma non ha memoria
Il meglio e il peggio della guerra in Ucraina, di cui l’italiano “sa” già tutto. Ma l'italiano impara dai propri errori? Ha memoria?
La guerra in Ucraina è forse il più interessante, sicuramente importante, esperimento economico-sociale-politico degli ultimi 30 anni. Molto più della Primavera araba, o della dissoluzione dell’ex Jugoslavia. Alla pari solo con il crollo del regime sovietico all’indomani della caduta del Muro di Berlino.
Russia contro Occidente, come nemmeno durante la Guerra Fredda. USA e NATO contro ciò che resta dell’URSS (ossia Putin e gli ex del KGB) e, poi Cina e Corea del Nord. Così è subito la corsa allo schieramento. Io contro, lui a favore. Biden no, Putin forse. Colpa della NATO. Sì, ma il principio di autodeterminazione dei popoli? L’Unione Europea cosa intende fare? Interrogativi incessanti, il più delle volte senza una risposta lucida e coerente. In questo guazzabuglio di politica estera, economica e militare, l’italiano si fa strada con una consapevolezza ultima, ferrea: sa. L’italiano sa. Prima e meglio di tutti.
L’italiano sa, anche se non ha frequentato una facoltà di Scienze Politiche, o un corso di storia contemporanea. Sa, a anche senza nemmeno aver visto un documentario attinente: l’italiano sa quando skippa una lezione di Barbero perché tanto… tanto l’italiano l’ha letto su Facebook. È più veloce. Più facile. “L’informazione” immediata.
Quindi la NATO ha minacciato i confini russi cullando le speranze ucraine di far parte del Patto Atlantico prima, e dell’UE dopo. Come se un stato sovrano non fosse libero di decidere la sua politica estera. L’italiano convinto della libertà di stampa e pensiero in Russia. E poi c’è l’italiano che sa, sa benissimo, che il liberismo ci ha salvato dalla dittatura rossa. Che “viva gli americani” sempre e comunque. Nonostante Allende. Nonostante la Baia dei Porci. Nonostante la Guerra del Golfo, o del Vietnam, o in Afghanistan o Iraq. L’import/export di democrazia a stelle e strisce è la più grande vittoria del mondo globalizzato, dice l’italiano che sa.
E poi c’è l’italiano che sa come essere patriota. O la vita o la morte. La tua di morte, ovviamente. Quella dei soldati ucraini, quella dei civili arruolatisi più o meno volontariamente. C’è il patriota ucraino e il patriota russo. E soprattutto c’è l’italiano pacifista. Che aborra la guerra, le bombe e gli aiuti militari, che ha dimenticato che nel frattempo piovono le bombe sugli ospedali, sulle università, durante i corridori umanitari. Il pacifismo di chi, sommessamente, non ha mai visto la guerra. E poi c’è chi, similmente, supplica Zelensky di arrendersi. Tanto non c’è nulla da fare. O, semplicemente, teme l’idea che il proprio paese possa essere, più o meno indirettamente, coinvolto in una terza guerra mondiale. Probabilmente saranno i nipoti di chi quasi 80 anni fa ha combattuto contro i nazifascisti. Chissà se i partigiani invocarono la resa. Chissà, magari c’era chi, a Salerno, chiese al governo di lasciar penetrare i tedeschi. “Dai su, ormai è persa”. Ma chissà se sono gli stessi italiani che guardando i discorsi di coraggio e di ispirazione di Churchill, che alla nazione comunicava che avrebbero combattuto anche da soli se fosse servito, avranno detto tra sé e sé “lo avessimo avuto noi un Winston”.
L’italiano sa che il carbone è obsoleto, ma forse necessario. Sa che la benzina costa troppo, il diesel lo stesso. Il gas ormai è proibitivo. Sa, di certo, che l’energia atomica è dannosa, inquietantemente pericolosa. “È esplosa in Giappone. Figuriamoci in Italia”. Eppure ne siamo circondanti, come Paese. Un’esplosione atomica in Francia arriverebbe in Italia con uno scirocco di turno. L’italiano sa, come lo sa quello che siede nell’emiciclo del Parlamento, che sono 30 anni che si attende la rivoluzione energetica. La fantomatica “diversificazione”. Ma un paese che non investe è un paese che non progredisce. Un paese ignorante è un paese arretrato. Un paese vecchio è un paese che non ha aspirazioni. Di questo chissà se l’italiano sa. Un paese che non sa come fornire la materia prima per il riscaldamento, ma che permette il costante consumo del suolo per nuove costruzioni, che ormai gli italiani non sanno come riscaldare, se non mettendo all’asta i propri organi.
C’è l’italiano che sa, indignato.
C’è l’italiano che sa, incurante.
C’è chi ha visto in TV l’ennesima umiliazione di Salvini, questa volta con un riverbero a livello mondiale. Ride, è divertito. Sicuramente l’italiano sa che è stato ministro della Repubblica, vice presidente del Consiglio dei Ministri. Leader del principale partito di opposizione. L’italiano sa, che rappresenta una parte del paese, ma forse non se ne preoccupa. Non si domanda, non chiede. Chi pagherà il prezzo di questa politica? Chi chiederà i danni? Che paese stiamo consegnando ai nostri figli?
L’italiano sa tutto, evidentemente.
Ma su una cosa, io, sono certo. L’italiano non ha memoria. L’italiano non impara.
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