Assassinio sull’Orient Express, “Esiste solo giusto e sbagliato”
Assassinio sull’Orient Express è l’ultimo film girato da Kenneth Branagh, dopo la pellicola del 2015 “Cenerentola”
Kenneth Branagh con Assassinio sull’Orient Express dimostra ancora una volta come la sua crescita come regista sia assolutamente esponenziale, work by work. Assassinio sull’Orient Express è, di certo, l’opera più nota della scrittrice britannica e drammaturga Agatha Christie; le aspettative erano, pertanto, molto alte.
Branagh, tra i più importanti interpreti shakespeariani, ha avuto il compito di rendere l’opera della Christie adattabile al 2017. Ci è riuscito con pieni voti.
Fotografia
Branagh ha fatto della fotografia uno dei suoi fiori all’occhiello (basta ricordare i recenti Thor e Cenerentola), dimostrandolo anche in questo caso. Le scene girate al Muro del Pianto a Gerusalemme, oppure le fantastiche panoramiche della Basilica di Santa Sofia ad Istanbul sono chiari esempi di una qualità d’immagine ottimale. Sono lontani i tempi in cui Branagh dava poco spazio a questi aspetti, soprattutto quando si cimentava in adattamenti cinematografici delle tragedie di Shakespeare (Hamlet, Molto rumore per nulla, Pene d’amor perdute).
Molto diverse le riprese tra nei primi tre quarti d’ora rispetto alla parte centrale e finale del film: ampie e piuttosto nitide nella prima parte, strette, claustrofobiche e a tinte scure quelle girate all’interno della locomotiva più famosa del mondo letterario.
Questa scelta va a sottolineare un netto cambio di passo a livello narrativo, con un vero e proprio indurimento della trama. Le riprese dall’alto nel vagone quando viene scoperto il corpo della vittima risultano essere quasi fastidiose ma, particolarmente interessanti: l’occhio deve così cadere sugli elementi essenziali della scena del crimine, dal misterioso fazzoletto, all’orologio da tasca, allo scovolino per la pipa, al pezzo di carta bruciato, determinante per la definizione del caso. Oggettività pura, o Branagh vuole mostrare Hercule Poirot quasi sottomesso in una missione che non aveva chiesto di parteciparvi?
Si tratta di equilibri e di “fratture”
Poirot è un uomo complesso, imperscrutabile, assolutamente affascinante come più volte viene ribadito. Odia tutto ciò che non ha equilibrio, che non rasenta la perfezione e, ogni più insignificante particolare che va a deturpare la realtà dei fatti, che può rendere impuro qualcosa, lo scova. Ha con sé costantemente una lente di ingrandimento che gli permette trovare quelle fratture impossibili per gli altri da identificare, a finché il puzzle venga risolto. Insomma, Poirot è un uomo difficile con cui relazionarsi, ma che pensa in maniera analitica.
È questa sua natura che si sviluppa nell’arco dei 114 minuti. Il suo tormentato viaggio verso la risoluzione dell’omicidio vede la sua indole da investigatore che vede solo “giusto e sbagliato” vacillare.
Il Cast
Kenneth Branagh: VOTO 9 È semplicemente uno dei migliori attori degli ultimi 10 anni. La sua espressività è sublime, riesce ad incantare soltanto con il suo sguardo e i suoi occhi cerulei. Dopo Dunkirk ha un altro film con cui concorrere agli Oscar. Chissà, magari dopo 5 nomination, potrebbe arrivare finalmente una meritata statuetta.
Michelle Pfeiffer: 71⁄2 Forse la vera sorpresa della pellicola. Dopo “Mi chiamo Sam”, la californiana classe ’58 torna di nuovo con una grande interpretazione. Sul suo volto, nei momenti finali, si vede tutto il dolore di una donna che ha perso tutto. Vera e intensa, anche se le avrei preferito una Julianne Moore.
Derek Jacopi – Judi Dench: 7 Sono gli attori con più esperienza (e si vede). Non hanno ruoli particolarmente influenti ma, la qualità è sotto la luce del sole.
Penélope Cruz: 7 La Cruz dimostra di essere un’ottima attrice (a fronte delle tante polemiche). Il suo ruolo di donna timorata di Dio è stato caratterizzato ottimamente dalla spagnola.
Johnny Depp: 4 La carriera del Divo hollywoodiano sta subendo un tracollo senza precedenti. Depp è ormai diventato l’ombra dell’attore che era circa dieci anni fa. Non caratterizza i suoi personaggi. Semplicemente li “Deppizza”, tutti troppo simili a quel Capitano troppo strambo per solcare i mari. Le sue espressioni sono vuote, i suoi occhi non dicono nulla. La plastica facciale gli fa muovere a stento le labbra. Si è arrivati a un punto di non ritorno?
Conclusioni – Esiste solo giusto e sbagliato
C’è un dualismo costante: il Poirot della Christie e il Poirot di Branagh. Il primo così analitico e freddo; costantemente alla ricerca della verità, ponendo alla primo posto la giustizia perché “esiste solo giusto e sbagliato”. E, poi, c’è quello umano e tormentato.
Se nel giallo della scrittrice britannica l’investigatore decide immediatamente qual è la mossa da fare, ovvero giustificare i colpevoli, per un bene superiore; per quella vendetta, mai così identificata nella giustizia, nell’adattamento cinematografico è diverso.
Assassinio sull’Orient Express sembra, infatti, diventare opera postuma di William Shakespeare. Poirot passeggia su quel vagone con un costante dissidio interiore. Giusto o sbagliato? Giustizia o vendetta? Ma, soprattutto, innocenti o colpevoli? L’umanità, mai mostrata prima da Poirot, è il tratto distintivo di questa pellicola. Branagh si rifà al suo Hamlet, film di ormai 20 anni fa, che però è di costante ispirazione.
Assassinio sull’Orient Express supera ogni aspettativa su di essa, e conferma che ciò che in tanti hanno sempre ribadito, la bravura di Branagh davanti alla cinepresa è identica a quella dietro di essa.
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