14 Dicembre 2015 - 12:18

Fargo, il parere di un’esperta

Fargo

La Professoressa Nadia Riccio, docente di Teoria e modelli degli audiovisivi digitali presso l’Università degli studi di Salerno, risponde per Zon a qualche domanda su Fargo

[ads1] • Fargo, dal film alla serie: stesso spirito ma trama diversa. Si può dunque parlare di prodotto crossmediale o non vi sono i presupposti?

– Ritengo di no. In primo luogo perché tra l’uno e l’altro sono trascorsi quasi vent’anni. In secondo perché la serie è concepita come un prodotto televisivo classico. In comune hanno il genere, le suggestioni ma non condividono una progettualità crossmediale.

I fratelli Coen hanno inserito nella serie non solo i loro tratti tipici e un umorismo nero, ma anche continui riferimenti soprattutto ad altri loro lavori. Narcisismo, desiderio d’innescare curiosità, tentativo di creare continuità: come definirebbe questa pratica diffusa ma in loro così accentuata?

– La tendenza alla citazione, al riuso e alla rielaborazione è senz’altro una cifra caratteristica dell’industria culturale contemporanea. Nella produzione dei fratelli Coen essa è particolarmente presente: i loro lavori, pur spaziando tra generi diversi, presentano sempre uno stile molto riconoscibile, un’estetica immediatamente individuabile e numerosi richiami interni. Quando Fargo-Il film uscì nelle sale, sesto lungometraggio della coppia, i fratelli Coen si erano già imposti per l’ironia grottesca e per il frequente décalage tra i registri impiegati e la materia narrata. Due decenni e dieci lungometraggi dopo questa marcatura è immutata e, nelle vesti di produttori della serie Tv, i Coen sembrano compiaciuti di un prodotto che pur non essendo né scritto né diretto da loro, è così immediatamente riconducibile alla loro produzione.

• Fargo è stata concepita come serie antologica. Quali aspetti la definiscono tale? Non mi sembra una tipologia molto diffusa nel mondo seriale.

– Quella delle serie antologiche non è certo una strategia attuata di frequente nella storia della serialità (pur annoverando esempi eccellenti, come The Twilight Zone). Nello stesso periodo in cui veniva concepita Fargo vedeva la luce anche l’interessante progetto di Nic Pizzolatto, True detective. Entrambe a mio avviso trovano la loro ragion d’essere all’interno dei processi che coinvolgono la produzione seriale nell’ultimo quindicennio, tra cui la messa in discussione dei ritmi di fruizione e le sperimentazioni sui tempi narrativi. Il prodotto antologico mira a fidelizzare il pubblico al genere e, più in particolare, allo stile del racconto anziché a una rosa di personaggi.

• Situazioni paradossali e surreali, dialoghi sempre brillanti e geniali, straordinarietà dei personaggi, regia ottima, tutti ingredienti di una serie evento. Ma secondo Lei cosa davvero denota l’originalità di Fargo?

– Provo un po’ di imbarazzo nel rispondere perché, in tutta onestà, non condivido appieno le premesse della domanda: Fargo è sicuramente una serie interessante e ben scritta, ma non la annovero tra i capolavori delle ultime stagioni televisive. I suoi punti di forza sono, a mio avviso, la fotografia (sempre potente anche nei film dei Coen) e la scelta di un cast straordinario soprattutto nella prima stagione.

• Da “addetta ai lavori”, ma anche da appassionata consumatrice di prodotti mediali, crede che questa serie sia unica nel suo genere? A che pubblico si rivolge?

– Come chiarivo poc’anzi, non credo che Fargo debba essere considerata unica nel suo genere, anche perché molti degli elementi che la compongono sono presenti in altre produzioni contemporanee (dagli scenari glaciali di Fortitude alle bizzarre dinamiche investigative del The Bridge scandinavo passando per il ricchissimo campionario di antieroi proposto dalla serialità odierna) e tuttavia la ritengo un prodotto di grande qualità. Proprio per queste ragioni credo che si rivolga, potenzialmente, ad un pubblico molto ampio, che include gli appassionati del genere crime quanto quelli della commedia sofisticata, senza dimenticare ovviamente i “cinefili“, che non potrebbero restare insensibili al marchio dei fratelli Coen.

Ringraziamo di cuore la professoressa Riccio per aver condiviso con noi il suo parere.

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