Gianni Agnelli, i 100 anni di un mito italiano: “l’erede designato”
Ad un secolo dalla sua nascita Gianni Agnelli è il simbolo dell’Italia imprenditoriale. Icona di stile, ha affrontato in tre decadi sfide durissime
A 100 anni dalla sua nascita, Gianni Agnelli, è tutt’ora considerato uno dei più grandi imprenditori italiani del post boom economico. Ma la sua figura va ben oltre quella del semplice manager. L’ Avvocato negli anni è diventato un mito di stile, una figura quasi inarrivabile per i “comuni”. Una venerazione dovuta oltre alla spiccata dote dialettica, alla sua capacità di affrontare rivoluzioni sociali ed economiche con fermezza e intelligenza.
Gianni nacque il 12 marzo 1921 a Torino, secondo fra i sette figli di Edoardo. Dopo la morte del padre, il nonno Giovanni ingaggiò un’aspra battaglia con la madre Virginia Bourbon del Monte di San Faustino per la custodia dei nipoti, ma il tribunale li affiderà a lei. Dopo il diploma, come premio il nonno lo mandò in visita negli Stati Uniti, ad osservare le grandi fabbriche di Detroit. Sarà lui l’erede designato.
A venticinque anni Agnelli aveva già una guerra alle spalle come la maggior parte dei suoi coetanei tuttavia non era pronto a prendere il comando di un’azienda così grande e complessa come la Fiat. “Sarei stato un presidente sotto tutela, per la mia giovane età e scarsa esperienza”, ha spesso dichiarato l’Avvocato. La scelta fu dunque lasciare la Fiat nelle mani di Vittorio Valletta che combatteva per trainare l’azienda verso la ricostruzione.
E Valetta ci riuscì e portò la Fiat tra le prime cinque aziende automobilistiche del mondo. L’azienda torinese produceva da sola una fetta considerevole del Pil nazionale. Agnelli sapeva che il suo giorno sarebbe arrivato, sicuro dell’investitura del nonno. Giorno che arrivò nel 1966 quando Valletta dovette ammettere che era giunto il momento di farsi da parte. Così il 30 aprile 1966 l’assemblea degli azionisti della Fiat formalizzò le sue dimissioni e la nomina a presidente di Gianni Agnelli.
Arrivato al comando l’Avvocato aveva in mente insieme al fratello Umberto di rinnovare l’assetto manageriale e soprattutto rivouzionare i rapporti con i sindacati. Ma Agnelli si trovò subito ad affronare l’autunno caldo: aspre proteste operaie, scioperi improvvisi e richieste di dialogo.
Anche se gli anni erano tumultuosi, Agnelli riuscì a cogliere due opportunità impostanti. Nel 1969 infatti acquisisce da Carlo Pesenti la Lancia e dal Commendatore la maggioranza della Ferrari. La Fiat entra nel mondo delle auto di prestigio. Seguiranno però anni di profonda crisi con la crisi petrolifera e gli anni di piombo che misero in seria difficoltà l’azienda.
Dovettero passare 10 anni prima che la situazione migliorasse. Dal 1980 al 1985 infatti il gruppo Fiat passò da una perdita di 422 miliardi di lire ad un utile di 1.682. Ecco quindi che Agnelli trovò le risorse per sbarrare la starda all’entarta della Ford in Italia acquisendo la disastrata Alfa Romeo che stava finendo prorpio nelle mani del colosso americano.
Ma negli anni novanta liberalizzazione del mercato e l’arrivo dei giganti asiatici fanno crollare di molto i profitti. Agnelli a 75anni lascia la presidenza nelle mani di Romiti. Ma l’Avvocato continua a vigilare sull’azienda e nel 2000 annuncia il famoso accordo con la General Motors. “Il mio mestiere mi consente in un solo modo di guardare al futuro: con ottimismo” disse da Biagi sulla trattativa. Poi i drammatici ultimi anni con la malattia e la morte nel 2003.
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