29 Giugno 2018 - 15:24

Macron: “Centri accoglienza? Non in Francia, solo nei paesi di arrivo”

Emmanuel macron Franco CFA

Dopo la firma dell’accordo non vincolante, Macron ha confermato che la Francia non ha intenzione di ospitare nuovi centri d’accoglienza

Macron interviene a certificare l’inutilità dell’accordo sui migranti raggiunto durante il Consiglio Europeo di questi giorni. Tale accordo, infatti, non prevede misure vincolanti né sanzioni verso i paesi che non collaborano nella ripartizione dei richiedenti asilo. In particolar modo, viene definita facoltativa la costruzione di nuovi centri d’accoglienza, mentre anche i centri nei paesi nordafricani risultano di difficile costruzione, visto che Libia e Tunisia hanno già dichiarato di non essere disponibili e costruire hotspot europei sul proprio territorio.

Contrariamente all’Europa più solidale che il premier italiano Conte ha rivendicato dopo l’accordo, quindi, la gestione del fenomeno migratorio non cambia di una virgola, e anzi viene introdotto un principio contrario allo spostamento da parte dei migranti verso altri paesi che non siano quello di primo arrivo (a cui sono inizialmente vincolati a causa del Trattato di Dublino).

Oggi, una dichiarazione di Macron sembra certificare il mancato cambiamento della politica comune UE sull’immigrazione e soprattutto la sostanziale inutilità dell’accordo di ieri: “I centri sorvegliati di accoglienza in Ue su base volontaria vanno fatti nei Paesi di primo ingresso, quindi sta a loro dire se sono candidati ad aprire questi centri, ma la Francia non è un Paese di primo arrivo“.

Macron usa quindi la non obbligatorietà del documento per non impegnare la Francia in politiche comuni, lasciando il carico ai paesi di primo arrivo (principalmente Grecia, Spagna, Italia e Germania). In effetti, la natura stessa del documento sembra dare pienamente ragione a Macron. Nonostante, infatti, Salvini affermi in queste ore che “le ONG vedranno l’Italia solo in cartolina”, il documento approvato è fumoso e non vincolante constituendosi come una cocente sconfitta politica per l’Italia al Consiglio.

Sembra pertanto che il gruppo Visengrad (l’insieme dei paesi che spingono per un gestione “ognuno per sé” del fenomeno migratorio) stia ottenendo, dopo ieri e dopo l’affossamento della riforma del trattato di Dublino votata dal parlamento Europeo, una serie di vittorie politiche cruciali.

 

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