30 Settembre 2019 - 14:20

Peaky Blinders ci ha abituati alla perfezione, ma non nella quinta stagione

peaky blinders, quinta stagione

La quinta stagione di Peaky Blinders andata in onda sulla BBC, e presto anche su Netflix, è ancora una volta un successo. Ma c’è spazio per le imperfezioni…

Peaky Blinders: la recensione della quinta stagione.

Una famiglia che si ritrova, da un giorno all’altro, con un passivo economico di centinaia di migliaia di dollari. Il crollo di Wall Street, per una qualunque famiglia newyorchese o inglese, sarebbe stata la fine di tutto, ma non per i fottuti Peaky Blinders. È questo l’esplosivo esordio che i fan della serie inglese più amata degli ultimi anni hanno potuto apprezzare, ormai già qualche settimana fa.

Non un nemico dichiarato, non un’altra famiglia che si è frapposta tra la gang di Birmigham e l’affare del momento. È la necessità di monetizzare, il più possibile, la nuova importante missione che Tommy Shelby deve compiere. Ma se il nemico non ha – almeno alle prime battute – un nome, e soprattutto un volto – le crepe in famiglia sono quelle più pericolose, dove le rivalità si accendono per chi deve sedersi “sul trono“.

Tommy Shelby è sempre più tormentato, tanto che la presenza di Grace è ancora più vivida in questa stagione; il rapporto tra Arthur e sua moglie Linda è irrimediabilmente compromesso, Polly che si ritrova a non essere più l’unica donna di Michael, e quest’ultimo che, grazie al supporto della sua amante Gina, vede come concreta l’idea di sostituire Tommy nella guida degli affari di famiglia, a favore della “nuova generazione.

Stagione Tommy-centrica (forse troppo)

La paura di perdere tutto. La presenza, a volte ingombrante, di Grace. L’impossibilità di essere capito dai suoi amici e dalla sua famiglia. Affari che non decollano e che nel “Black Thursday“, crollano. L’intera stagione di Peaky Blinders, molto più delle precedenti, si concentra sulla vita del capo famiglia. Molto più accentuate le sue fragilità, il suo non-quieto vivere, le sue costanti difficoltà dello stare al mondo. Cillian Murphy, granitico anche in questa quinta stagione, riesce ad essere il protagonista indiscusso. Il suo personaggio e la sua interpretazione non sbiadiscono col passare del tempo, anzi. È lui ad impreziosire la sceneggiatura che, in più di un’occasione, è sembrata debole, ripetitiva, un semplice manifesto dello status symbol dei Peaky Blinders. Qui, la prima nota stonata della stagione.

Straordinario Sam Claflin, ma manca qualcosa

La notizia dell’ingaggio di Sam Claflin era stato accolto con grande entusiasmo. Attore di indubbio talento che, tuttavia, arrivava in un contesto già ben predisposto, in un progetto che si distanziava dal genere fino a quel momento affrontato in carriera. L’attore di Ipswich, però, supera ampiamente la prova, riuscendo a tenere testa a Murphy sullo schermo. Un ruolo quasi sostitutivo a quello di Alfie Solomons (Tom Hardy), tuttavia il politico fascista Oswald Mosley sembra essere a volte poco dinamico e non sempre irresistibile. Affascina, ma solo quando la sceneggiatura è a suo completo servizio. Sembra essere catapultato in maniera troppo repentina nella storia, in un modo da sembrare un soggetto estraneo. Davvero Tommy Shelby è pronto a soccombere ad un personaggio del genere? Che la sesta stagione dia più spazio alla figura di Mosley, che sia più compresa questa figura così atipica, dura e ignobile. Che le paure di Tommy siano condivise col pubblico.

Nemmeno il clan di Billy Boy (Brian Gleeson) spaventa. Rozzi e sanguinari, privi però del fascino degli ebrei di Solomons, della malizia degli zingari di Aberama Gold, o della spavalderia dei Changretta della scorsa stagione. Manca la “poesia” nel male di questa season.

Peaky Blinders vuol dire family first

Avere una serie Tommy-centrica vuol dire, d’altra parte, un’inevitabile collisione con gli altri membri della famiglia. A partire da Arthur. I due fratelli, mai come in questa stagione, sono così simili e così vicini. Nessuno dei due vorrebbe, come soluzione ai problemi, altro spargimento di polvere da sparo e sangue. Eppure la lista dei cadaveri aumenta. La mano di Tommy trema dopo un omicidio, le lacrime e il tormento divorano Arthur dopo aver assassinato un intimo amico di Linda. Ed entrambi restano soli. Ognuno si accorge del momento di difficoltà dell’altro, ma gli affari vengono prima di tutto, la famiglia prima ancora di loro stessi.

Michael di ritorno da New York sembra essere un’altra persona. Sicuro di sé, a tratti autoritario. Non ha paura di affrontare faccia a faccia il capo famiglia, né di attirare le opinioni negative di sua madre. Eppure la temerarietà sembra essere particolarmente influenzata dalla presenza di Gina, sua compagna e madre del figlio che porta in grembo. Proprio la ragazza statunitense rendono Michael inviso agli occhi del pubblico. Una presenza “straniera” troppo ingombrante. Che Gina conosca in realtà Oswald Mosley? Che il disegno elaborato dalla coppia (o dal trio?) culmini con l’eliminazione degli Shelby della “vecchia generazione“?

Peaky Blinders: la nota serie TV è pronta a diventare un gioco interattivo

La quinta stagione di Peaky Blinder è un successo, in termini di share televisivo e contenuti. Di certo rispettare le aspettative di un pubblico sempre più ampio ed esigente è alquanto difficile, ma i produttori e sceneggiatori BBC (e si ricorda che Peaky Blinders è stato spostato dal palinsesto della BBC Two a quello della BBC One) si sono quantomeno confermati. Con una sesta stagione e, forse una settima già in programmazione, l’inquietudine è quella legata ad una trama che rischia di essere svilita ed annacquata inutilmente, per esigenze di distribuzione e produzione.

Sarà così? Intanto gustiamoci un’altra ottima stagione di una serie che fa del cast, della fotografia e del montaggio i suoi indiscutibili fiori all’occhiello.