Podemos e Pablo Iglesias alla prova del voto
23 gennaio 2015. La Grecia è alla vigilia di un voto storico, in una piazza Syntagma strapiena sta per prendere la parola il futuro premier Alexis Tsipras; di fianco al segretario di Syriza c’è Pablo Iglesias, il leader di Podemos corso ad Atene per dar manforte al suo compagno al grido di “Syriza e Podemos venceremos”
[ads1] Da quel giorno la popolarità di Iglesias e di Podemos è schizzata alle stelle, ma la loro storia politica inizia da più lontano.
15 maggio 2011, il giorno delle elezioni amministrative nelle principali città della Spagna iniziano dei cicli di proteste da parte di un movimento fluido: in piazza ci sono lavoratori, casalinghe, immigrati, disoccupati al grido di “Non siamo burattini nelle mani di banchieri e politici“.La protesta si espande a macchia d’olio, c’èla voglia di superare la dicotomia politica spagnola formata da Partito Popolare e Partito Socialista. Da lì, da quelle piazze,iniziano tre anni intensi fatte di conferenze, incontri, costruzione della tanto desiderata democrazia dal basso: tutto sembra procedere per il verso giusto.
Infatti, il passo giusto arriva.
Il 17 gennaio 2014 gli attivisti di sinistra del movimento degli “Indignados” fondano il partito politico “Podemos“, viene eletto segretario Pablo Iglesias. Le parole d’ordine sono “basta austerity” e “democrazia dal basso“, l’obiettivo è chiaro: costruire un soggetto di sinistra che non si rinchiuda nelle strette maglie di partito ma che resti un movimento fluido.
Il neonato partito serra le fila con Tsipras e Syriza in vista delle elezioni europee e a sorpresa ottiene uno straordinario 8% delle preferenze, attestandosi come quinto partito di Spagna.
Nel marzo 2015, nella regione dell’Andalusia Podemos ottiene il 15%delle preferenze, attestandosi come terzo partito.
Podemos e Iglesias si sono fatti grandi, vengono riconosciuti a livello europeo come l’esempio che la partecipazione attiva dei cittadini comuni alla politica può portare davvero risultati fruttuosi.
Ma il vero exploit arriva il 25 maggio scorso: si vota in 8.000 città spagnole, tra cui Barcellona, da sempre roccaforte della destra.Dopo l’infuocata campagna elettorale, le urne decreteranno vincitrice Ada Colau, 41 anni, attivista e fondatrice della Pah (una piattaforma per le vittime degli sfratti) con il 25,20% delle preferenze e 11 consiglieri con la formazione civica “Barcelona en Comú”, appoggiata da Podemos: “Davide ha battuto Golia”, queste le sue parole dopo la vittoria.
Di acqua ne è passata sotto i ponti, il movimento è diventato un partito fluido delle sinistra radicale, nel mirino di Podemos ci sono le prossime elezioni politiche spagnole del 20 dicembre. Il programma è chiaro ed articolato, creato con l’apporto di due economisti di primo piano come Viçenc Navarro e Juan Diego Torres:
- la creazione di una banca pubblica
- intrudizione di una tassa sui grnadi patrimoni
- l’introduzione del salario minimo e il limite massimo alle differenze salariali
- l’abolizione delle «riforme» stile “Jobs Act” e del nuovo articolo 135 della Costituzione (pareggio di bilancio e «priorità assoluta» del pagamento del debito su qualunque altra spesa)
- la riduzione dell’orario lavorativo a 35 ore
- incentivi agli investimenti nella green economy
- lotta a sprechi, corruzione e alla casta politica
Un programma politico, economico e sociale scritto con la mano sinistra, la condivisione del banchi dell’Europarlamento con la sinistra radicale rendono Podemos assolutamente poco conciliabile con qualsiasi partito o movimento all’interno dello scacchiere politico italiano. L’unica volta in cui il lader del partito Pablo Iglesias si è espresso in prima persona per appoggiare una lista politica italiana risale al maggio scorso quando, tramite una foto e un appello via twitter, invitò a votare la lista di sinistra per le elezioni regionali in Toscana “Sì-Toscana a sinistra”. Inoltre ha più volte ha confermato di essere “distante dal Movimento 5 Stelle“.
Nonostante tutto però, a 12 giorni dalla cruciale tornata elettorale, i sondaggi non sembrano premiare Podemos: sull’onda della sconfitta del compagno politico Tsipras dello scorso luglio, gli analisti danno il partito di Iglesias solo al 16%, addirittura quarto partito.
Il giovane leader non ci pensa, e dall’Accademia delle Belle Arti di Madrid, insieme a tantissimi attivisti urla e canta “Sì, se puede, Remonta“. [ads2]
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