19 Febbraio 2016 - 13:41

Red River: la strage silenziosa

Il Red River del Nord racconta una storia di violenza, stupri e morte. Le vittime sono sempre loro, le donne. Il femminicidio made in Canada riguarda le donne Inuit, con cifre allarmanti. Un vero e proprio eccidio

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Il Red River del Nord, per distinguerlo dall’omonimo affluente del fiume Mississippi, attraversa le città di Fargo e Grand Forks, entrando successivamente in Canada, nella provincia di Manitoba, dove attraversa il capoluogo Winnipeg, che sorge alla confluenza con il fiume Assiniboine.

Le acque del Red River di Manitoba sono tristemente note alla storia contemporanea per essere la culla gelida e immemore di migliaia di corpi. In quest’area, una delle più povere e violente del Paese, ogni anno, decine di donne Inuit del Canada vengono uccise o spariscono senza lasciare traccia. Dal 1980 ad oggi il numero complessivo delle vittime, secondo una stima della polizia canadese e secondo le rivelazioni del movimento Walk 4 Justice, è di almeno 4.232 donne indigene.

Red River: la strage silenziosaDati ammessi e ribaditi dal ministro per per i diritti delle donne, Patty Hajdu, che ha citato i risultati di un’indagine della Native Women’s Association of Canada (NWAC) e ha annunciato l’avvio dell’inchiesta su scala nazionale, seguendo le fila del programma politico del liberale Justin Trudeau.

Il Red River rivela un percorso di morte e violenza, che coinvolge le donne delle tribù aborigene, per lo più ragazzine adolescenti, che vivono ai margini, spesso tossiche, prostitute, autostoppiste ma tutte Inuit.

Vittime perfette, donne vulnerabili, donne di cui la società non si interessa e di cui lo Stato non si è curato finora. Molte di esse risultano scomparse. I casi irrisolti sono 225.

Sono arrabbiati e disperati i familiari delle vittime, che chiedono oggi la riapertura dei casi chiusi, per trovare un po’ di pace per sé e per le donne del Red River.

In una scia di dolore e di ingiustizia omertosa, risuona il caso di Rinelle Harper, una sopravvissuta. La ragazza, una studentessa di 16 anni, è stata ritrovata miracolosamente viva nel fiume Assiniboine, poco prima della sua confluenza nel Red River. Violentata a lungo prima di essere gettata nel fiume, era poi riuscita a nuotare fino alla riva; ma qui l’avevano aggredita di nuovo, lasciandola poi nell’acqua credendola ormai morta. Invece la temperatura freddissima dell’acqua aveva rallentato il suo metabolismo, permettendole di mantenere le sue funzioni vitali.  Poco lontano, la stessa notte, era stata violentata un’altra ragazza. 

Questo caso ha permesso che non si fingesse di dimenticare ancora una volta. Perché chi sopravvive ad un’immane esperienza pretende a gran voce che sia fatta giustizia. E se sei viva e lotti, nessuno può più ignorare la realtà e la sua atrocità.

L’aspetto più inquietante e triste di questa storia – oltre il fatto che sono tante, troppe, le donne uccise e scomparse – è lo status di nefanda “scoperta”, di taciuto al resto del mondo. Una strage silente rimasta troppo a lungo nell’ombra.

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