6 Febbraio 2015 - 11:00

Roccagloriosa, dentro il fascino della cappella di Sant’Angelo

A ZONzo torna a Roccagloriosa, per scendere dalla zona archeologica e lasciarsi affascinare dalla complessa struttura urbanistica e dal mistero racchiuso nella cappella di Sant’Angelo, uno dei luoghi più preziosi della storia cilentana

[ads1]Dopo l’ampio percorso nel centro archeologico di Roccagloriosa (clicca QUI), A ZONzo completa il viaggio con un ritorno, per raccontare il centro storico, per entare nella cappella di Sant’Angelo, che ancora oggi non presenta una chiara ricostruzione storico-artistica.

Il borgo si fa risalire a partire dal XIII secolo, passato dai castellani Ruggero D’Apolla e Matteo Mansella, al feudo dei Sanseverino, ai Carafa nel XVI secolo, ai Capece e ai D’Afflitto. Famiglie aristocratiche come testimoniano i palazzi nobiliari presenti. La pietra è il primo elemento compositivo e architettonico che colpisce chi cammina nei vicoletti, ed infatti sono molto i palazzi e i portali che strutturano questo raffinato borgo del Cilento.

Roccagloriosa

Roccagloriosa

Partendo da Piazza del Popolo, dalla quale possiamo ammirare il panorama ai piedi del paese che offre un’ampia visuale del Golfo di Policastro e del monte Bulgheria, incontriamo i portali di Casa Saia, di Casa Guida e del Palazzo De Caro. Continuando a salire lungo le strade di Roccagloriosa, arriviamo al celebre Palazzo De Curtis, che si pensa fosse stato abitato dalla madre di Antonio De Curtis, in arte Totò

Nella parte più alta del borgo troviamo i resti del Castello, costruito tra il VIII e IX secolo, collegato strategicamente con i castelli della Molpa, di Montelmo e di Policastro. Il centro abitato di Roccagloriosa contiene i palazzi La Quercia, Prota, Pappafico, Cavaliere, Balbi e i portali di Casa Falco e Balbi.

A ZONzo però vuole portarti dentro la cappella di Sant’Angelo, alla scoperta del suo affascinante valore artistico e culturale. La complessità e l’originalità della Cappella è stata analizzata, in maniera quasi del tutto inedita, dal nostro compagno di viaggio, l’architetto Luigi Scarpa, che ha comunicato, attraverso ZON, tutta la sua passione per Roccagloriosa.

La cappella di Sant’Angelo, già del SS Sacramento o del Salvatore, appartiene all’eredità italo-greca che ha lasciato tracce significative rispetto alla tradizione longobarda, normanna e angioina. Le vicende della cappella si conoscono a partire dal XVI secolo per i rifacimenti di Marino Crasso, a cui la cappella viene dedicata nel 1525, ma genesi e impianto risale all’opera di evangelizzazione dei monaci eremiti eredi di Sant’Antonio Abate e poi di San Basilio.

La visita alla cappella rivela alcune suggestioni e indicazioni che certamente necessitano di un adeguato approfondimento, ma che comunque risultano marcatamente evidenti.

La cappella, fin dall’origine, si presentava completamente ipogea, collegata con l’esterno solo attraverso il vano di accesso; certamente doveva costituire un eremo ricavato in parte artificialmente adeguando forse una qualche cavità naturale. Un indizio molto interessante è costituito proprio dalla forma del suo impianto. La pianta leggermente rettangolare articola un’unica navata sormontata da una volta a botte molto ribassata e raccordata con due lunette terminali; su entrambi i lati lunghi della navata si aprono due nicchie absidate, poco profonde, che ci riportano ad un altro luogo eremitico non molto distante. La cappella rupestre di Camerota in località San Vito, presenta uno schema simile, anche se le sue dimensioni sono minori. Questa, che al momento è solo una suggestione, potrebbe rivelare una traccia molto interessante alla comprensione di entrambi i monumenti ancora inediti. La cappella dell’Angelo doveva già esistere quando nel XII secolo venne eretta, quasi a sormontarla, la chiesa dedicata a San Giovanni Battista.

L’interno della cappella svela un ricchissimo ed eclettico ciclo di affreschi che con successivi interventi si sviluppano tra il XVI ed il XIX secolo; alcuni di essi presentano comunque tracce di preesistenze e di rilavorazioni che meritano necessariamente di un approfondimento.

[ads1]La volta ad impianto rettangolare è ripartita e decorata in maniera originale: al centro su pianta quadrata è raffigurata la volta celeste nella tradizione Tolemaica con i nove cieli convergenti verso l’Empireo. La geometria dei cerchi concentrici è stata sviluppata proprio per suggerire la presenza di una cupola; una cupola su pianta quadrata che ci riporta, quindi, direttamente alle chiese a pianta centrale di tradizione bizantina. L’immagine della cupola centrale è delimitata da due fasce a guisa di arconi che ospitano quattro ovali, due per parte, con scene del Nuovo Testamento: Annunciazione, Natività, presentazione al tempio e della Passione di Cristo.

Roccagloriosa

Roccagloriosa – Palazzo De Curtis

Molto interessante è la decorazione a “grottesche” che raccorda il pannello della Annunciazione, molto suggestivo è il richiamo proprio alla sacrestia del Vasari (1544) di Santa Maria di Monteoliveto a Napoli. Le lunette terminali semiarcuate, diversamente, risultano assolutamente anonime con degli angeli molto manieristici e raffigurati al tratto. Più in basso delle due lunette vi sono due pannelli rettangolari con scene, invece, del vecchio Testamento: il sacrificio di Isacco, sul lato verso l’interno, dove la mano del Patriarca fermata da un Angelo nel momento del sacrificio, somiglia molto a un personaggio turchesco. Un tentativo di porre la comunità locale sotto la protezione dell’Angelo contro le scorrerie turche?  Un desiderio frustrato solo pochi anni dopo la dedicazione all’Angelo della Cappella con la incursione del 1552 di Dragut rais e l’uccisione o deportazione di oltre 100 abitanti del villaggio.

Roccagloriosa

Roccagloriosa

Ulteriori tracce del culto Greco bizantino sono ricollegabili al culto di Santa Caterina di Alessandria, raffigurata nella seconda abside sulla navata sinistra, una raffigurazione certamente molto tarda con influenze quasi Berniniane nello schema  dell’impianto centrale. Molto più significativa è, invece, l’immagine acheropita del Mandylion o vero volto di Cristo; immagine per tradizione conservata a Costantinopoli da dove scomparve nel 1204 con le distruzioni apportate dalla quarta crociata. L’immagine è riprodotta secondo la tradizione come un lenzuolo, con al centro il volto del Cristo, sorretto da una coppia di Angeli, qui molto rimaneggiati e a tratti improbabili.

L’oculo aperto sulla porta di accesso, l’unico da cui filtra la luce naturale, riporta nel suo intradosso l’indicazione della origine di tale luce, il nomen sacrum: il trigramma Iesous Homen Salvator, IHS, dove la lettera h viene integrata dal segno della croce ed utilizzato da Ignazio da Loyola e dai Gesuiti come proprio emblema.

Quale sarà la prossima tappa di A ZONzo? Continua a seguirci ogni venerdì.

A cura di Annarita Cavaliere e dell’arch. Luigi Scarpa 

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