8 Aprile 2021 - 14:59

Anticorpi monoclonali, una nuova arma da usare contro il Coronavirus?

Anticorpi monoclonali

Cosa sono e come funzionano gli anticorpi monoclonali, il cui utilizzo è in corso di sperimentazione anche in Italia, e perchè potrebbero avere notevole successo nei trattamenti anti Covid

La lotta al coronavirus diventa giorno dopo giorno sempre più serrata, con il mondo scientifico costretto a fare passi da gigante per raggiungere e superare le lunghe distanze occupate dal Covid, che non sembra arrestare in alcun modo la propria proliferazione.

Fortunatamente nelle ultime settimane le particelle virali sparse su e giù per il globo, hanno iniziato a fare i conti con la serie di vaccini sviluppati a tempo di record e che attualmente costituiscono la punta di diamante presente nell’arsenale bellico della comunità medica. Inoltre se ciò non bastasse, la speranza di successo inizia ad essere alimentata anche dal fronte delle nuove sperimentazioni, che per effetto della pandemia hanno risentito di una spinta notevole e tale da condurre a grandi risultati in lassi di tempo relativamente brevi.

In quest ottica tra le varie teorie finite più o meno recentemente sotto la lente di ingrandimento, figura la possibilità di trattare il Covid usando gli anticorpi monoclonali, una tecnica avanguardistica e per ampi versi ancora oggetto di studio, ma le cui applicazioni potrebbero dare una grossa spallata risolutiva alla pandemia.

Gli anticorpi monoclonali, infatti, sono molecole biotecnologiche ottenute mediante tecniche ingegneristiche di ricombinazione del Dna, che emulano il comportamento e le finalità delle cellule immunitarie naturalmente prodotte dal nostro organismo ed allo stesso tempo si differenziano da esse per la maggiore selettività. Le cellule utilizzate per produrre gli anticorpi monoclonali vengono definite ibridomi e si ottengono per fusione in laboratorio di una cellula tumorale, avente la capacità di crescere in maniera illimitata, ed un linfocita B, che invece conferisce proprio la caratteristica selettività.

Per l’utilizzo pratico si sceglie una struttura abbastanza specifica e riconoscibile, in genere costituita da pezzi o molecole espresse da batteri e virus, e la si usa come un vero e proprio bersaglio da intercettare ed eliminare, facendo in modo che l’anticorpo sia in grado di riconoscerla in maniera esclusiva senza interessarsi di altro. Il meccanismo d’azione è lo stesso degli anticorpi naturalmente prodotti dai linfociti B del nostro organismo, ed inizia sempre mediante riconoscimento e legame con il bersaglio, cui segue l’attivazione immunitaria. Il passo successivo prevede il reclutamento di cellule effettrici aventi effetto tossico, oppure cellule in grado di innescare un fenomeno di degradazione della minaccia noto come fagocitosi. Altri anticorpi, invece, dopo aver legato il bersaglio, si rendono fautori di un meccanismo indiretto che prevede l’attivazione di ulteriori enzimi e cellule aventi sempre la finalità di annullamento della minaccia nel più breve tempo possibile.

La rapidità d’azione, l’elevata specificità e la garanzia di successo quasi totale, cui si unisce anche la possibilità di avere una resistenza continua nei confronti di determinati target che una volta riconosciuti dall’anticorpo restano per sempre nella sua “memoria” , sono solo alcuni dei vantaggi posseduti dagli anticorpi monoclonali, la cui diffusione ad ampio raggio è purtroppo frenata da una sperimentazione per ampi versi ancora insufficiente e non totalmente supportata, ma soprattutto dall’elevato costo per la produzione ed il relativo utilizzo (un ciclo terapeutico completo può arrivare a valere anche diverse migliaia di euro), cosa che relega questo trattamento ancora nella nicchia dei casi particolari o in quella della via sperimentativa.

Anticorpi monoclonali e Covid

Le terapie a base di anticorpi monoclonali attualmente approvate sono quelle che interessano un loro utilizzo per il carcinoma della mammella, del colon retto e di alcuni tipi di leucemie, oltre che per casi di asma severa, di Linfoma non-Hodgkin e di artrite reumatoide. A questi si sono aggiunti recentemente anche i risultati di svariate sperimentazioni anti Covid, molte delle quali ancora in atto,e basate sull’utilizzo come bersaglio di una proteina definita spike, necessaria per permettere al virus di penetrare nelle cellule del nostro organismo. Bloccare questo componente significa evitare la replicazione del virus e lo sviluppo della malattia, cosa che è stata evidenziata da numerosi studi condotti negli ultimi mesi da altrettanti team di scienziati in ogni parte del mondo, i quali hanno sottolineato che in molti dei pazienti trattati con anticorpi monoclonali, tra cui figura anche l’ex presidente Usa Donald Trump, si è notata una diminuzione del rischio di peggioramento clinico e di ricovero ospedaliero dovuto a complicanze.

Tra le molecole attualmente oggetto di maggiore interesse ci sono il Bamlanivimab, che ha mostrato un’efficacia del 72 per cento nel ridurre il rischio di ospedalizzazione per i pazienti con sintomatologia moderata, ed il cocktail costituito dagli anticorpi Casirivimab e Imdevimab, la cui sinergia sarebbe invece in grado di ridurre la carica virale in modo significativo e di diminuire del 50 per cento il rischio di contrarre l’infezione. A questi si è aggiunto anche il lavoro delle aziende AstraZeneca, che ha creato una combinazione a lunga durata d’azione in grado di imitare gli anticorpi naturali e che potrebbe essere utilizzata come intervento preventivo in ambienti pericolosi, e della Life Sciences di Siena, i cui ricercatori hanno selezionato gli anticorpi di persone guarite dalla malattia provocata dal Coronavirus isolando quello più potente che sembra essere sulla buona strada per diventare un farmaco vero e proprio.