9 Marzo 2019 - 09:51

7° Arte #29: Il buono, il brutto, il cattivo – Il numero tre

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La nascita e la consacrazione degli spaghetti western, l’Italia che dopo Fellini e De Sica trova spazio nella storia del cinema, la chiusura della trilogia del dollaro: il film Il buono, il brutto, il cattivo è una pellicola del 1966 diretta da Sergio Leone

Quando ci addentriamo nella rubrica della Settima Arte scoviamo, nel corso degli anni, i fenomeni artistici che hanno mutato il modo di vedere e intendere il cinema.

Ci sono film che consacrano un genere, ce ne sono altri che lo rimodellano e rimodernano, ce ne sono altri che semplicemente attirano l’attenzione, spesso più del pubblico che della critica. Bene: il buono, il brutto, il cattivo fa tutto ciò contemporaneamente. Il 3 è il numero che ripercorre, quasi magicamente, all’interno della pellicola targata (e scritta) da Sergio Leone, ma i motivi per cui doverlo vedere sono molti di più.

Regia di Sergio Leone, musiche di Ennio Morricone, esordio di Clint Eastwood

La trilogia del dollaro (o “trilogia dell’uomo senza nome”) inizia nel 1964 con il film Per un pugno di dollari, per poi proseguire l’anno successivo con Per qualche dollaro in più e concludersi nel 1966 con Il buono, il brutto, il cattivo. L’intero trittico è diretto e scritto dal regista romano Sergio Leone, accompagnato dalle colonne sonore di Ennio Morricone, con protagonista un giovanissimo ed esordiente Clint Eastwood.

Del primo potremmo immediatamente dire che è il capostipite degli “spaghetti western”, un genere che stupì il mondo dell’intrattenimento e che verrà spolpato negli anni sessanta e settanta. Nonostante ciò, è un genere ancora oggi molto amato, basti pensare a Serie TV di notevole successo come Westworld (prodotto dalla HBO) o al film Netflix diretto dai fratelli Coenn, La Ballata di Buster Scruggs.

Ennio Morricone è invece uno dei compositori più famosi al mondo. Un sodalizio col regista di cui sopra che rivedremo in un’altra trilogia, quella del tempo. Una trilogia più drammatica e incentrata sul gangster che toccherà quasi tre decenni, dal finire degli anni ’60 e concludendosi nel  1984 col film C’era una volta in America. Non serve descrivere la colonna sonora ideata per Il buono, il brutto, il cattivo, perché la conosce anche chi non ha mai visto un film in vita sua.

Oggi, per finire il trittico citato, Clint Eastwood rappresenta uno dei cineasti di maggior influenza nel mondo del cinema. Sia per le sue doti attoriali, sia per i film da lui diretti e/o prodotti. Nella trilogia del dollaro lo troviamo giovane, svampito e determinato. Un cinema che lo introduce come meglio non poteva senza dargli un nome (lo chiameranno “Il Biondo”) ma con un carattere dorsale e ferreo che ricoprirà in gran parte della propria carriera.

La trilogia del dollaro e quel 3 che torna sempre

Il buono, il brutto, il cattivo è considerato un prequel dei due film prodotti precedentemente. In questa pellicola, Sergio Leone stila una sceneggiatura in tre parti, relegando il giusto spazio ai tre protagonisti. Se il buono potremmo conoscerlo già, sicuramente il brutto risulta il personaggio meglio riuscito della pellicola. Non per le sue doti balistiche, né per la propria arguzia, bensì per la propria umanità che inaspettatamente entrerà in conflitto con la sua vita da fuorilegge. Tuco Ramirez (Eli Wallach) si stringerà il cappio al collo ben 3 volte, e ben 3 volte riuscirà a salvarsi. All’interno del trittico è il personaggio con più minutaggio ma anche quello con più dialoghi. Esemplare è quello conflittuale col fratello.

Dall’altra parte abbiamo anche il cattivo, noto come Sentenza e interpretato da un magistrale Lee Van Cleef. Se il buono è un personaggio che preferisce agire nell’anonimato, l’esatto contrario si può dire per il cattivo. Agisce nell’ombra ma sotto i riflettori, arruolatosi nell’esercito unionista per realizzare i propri fini. È fra i tre il personaggio che più di tutti funge funzionante nel contesto logicistico e temporale in cui il film è ambientato. La guerra di secessione americana funge infatti da expolit narrativo ma anche da sfondo per le vicende del film. Tramite questa, assistiamo anche a scene in cui i pistoleri mettono da parte le armi e ci mostrano un’umanità che spezza l’adrenalina e l’azione del film, arricchendo una pellicola già meritevole di suo per il montaggio.

Montaggio che, nella parte finale, dà il meglio di sé. I tre personaggi seguiranno varie peripezie per raggiungere ciò che un western impone ai suoi personaggi: la ricerca di un tesoro. Negli ultimi minuti di pellicola, Sergio Leone ci regala primi piani intensi, scenografie mozzafiato e un montaggio da brividi accrescendo il climax e rendendo le scene clou impresse nella storia del cinema.

Quel 3, quello che viene considerato il numero perfetto. 3 come i film che compongono la trilogia, 3 come le figure a cui ruota attorno la pellicola. 3 come le pistole nel finale che aspettiamo di vedere e sentire sparare per il definitivo colpo di grazia.

Un nuovo genere e un nuovo action per il futuro

Un film che spiana la strada verso un genere action che spopolerà a breve, nonostante la critica non abbia esaltato il film di Leone. Uno studio ancora oggi necessario e fonte d’ispirazione per i registi contemporanei. Un action che fino a quell’epoca era considerato accantonabile solo all’epico, grazie a film di successo come Ben-Hur.

Un regista che vedremo spesso, analizzato nella nostra rubrica sulla Settima Arte, è Quentin Tarantino. Famoso per le sue scene di violenza, ricche di azione e pathos, sostiene ancora oggi ciò riguardo Il buono, il brutto, il cattivo:

“Per quanto mi sforzi, non credo riuscirò mai a girare qualcosa di così perfetto come la scena finale di questo film. Proverò a raggiungere quel livello, anche se non credo che ce la farò mai”.