25 Settembre 2020 - 09:34

Maratea coast to coast tra spiagge, torri e misteriose grotte marine

maratea

Da Castrocucco al porto di Maratea a bordo di un kayak, navighiamo il mare calmo di settembre sotto il Cristo redentore. Ci accoglie oggi la costa tirrenica della Basilicata svelandoci spiagge, torri, calette e misteriose grotte marine

“Forse in Italia non c’é paesaggio e panorama più superbi. Immaginate decine e decine di chilometri di scogliera frastagliata di grotte, faraglioni, strapiombi e morbide spiagge davanti al più spettacoloso dei mari, ora spalancato e aperto, ora chiuso in rade piccole come darsene. La separa da una catena dolomitica, tutta rocce color carnicino, punteggiata di villaggi,di castelli diruti e antiche torri saracene, un declivio boscoso rotto da fiumiciattoli e torrenti e sepolto sotto le fronde dei lecci e dei castagni.”

Il paesaggio superbo di cui parla Idro Montanelli, è lo stesso che affascinò Cesare Pavese nei suoi racconti del Sud con i suoi “colori primordiali”; è quello “sputo di mare e di macchia sotto un nido di calce” in cui lo scrittore potentino Nigro vedeva concentrata una spaventosa bellezza; è lo spettacolo meraviglioso che Camilla Cederna vedeva negli anni ’50 dalla sua finestra, oltre il balcone fiorito del Santavenere, che al mattino le svelava “un mare teso e deserto a zone turchese, verde, all’orizzonte indaco cupo, abbracciato irregolarmente da scogli neri, da penisolette verdi e da ciuffi di pini frondosi”.

 

È Maratea, una delizia del sud che si dirama in varie frazioni, abbracciata dai profumi dei pini marittimi e degli eucalipti, che corre su pochi kilometri sulla costa tirrenica della Basilicata, ma fa in tempo a “trasformarli in paradiso”.

È Marathìa, come viene chiamata dagli autoctoni nella bellezza del dialetto locale, una “dea del mare” che ha affascinato artisti e intellettuali di ogni tempo e che oggi strega anche noi.

Il tratto che scopriamo oggi di Maratea è un unicum tra il verde della macchia mediterranea, l’acqua schietta che svela i fondali chiari e il nero stridente e fosco delle rocce selvagge. Vista dal mare, spettacolo che ci concediamo a bordo dei nostri kayak in questa domenica di settembre, è un’attrazione continua che ti soddisfa ma non ti sazia.

La nostra immersione piena nella bellezza parte da Castrocucco, ultima frazione a sud di Maratea prima della costa calabrese, e continuerà tutto il giorno, in modo lento fino al tramonto, giungendo al porto della marina quando arriveremo, ebbri di mare, sotto la statua del Cristo redentore.

Il nostro viaggio è breve, ma disseminato di piccole meraviglie e di segreti splendori, ora nel passaggio fugace tra gli archi che formano le rocce, ora nello sfiorare le cime degli scogli che affiorano dall’acqua fin quasi a toccarli, ora nelle soste a largo quando con la testa penzoloni, la pagaia sospesa e gli occhi sbarrati ci sporgiamo dondolando sui branchi di pesci che scivolano sotto i nostri occhi.

Ci destreggiamo in branco come questi pesci, slittando con la prua su un mare placido e quieto.

E si.. voliamo, perché a guardarci sembriamo sospesi sul nulla, tanto l’acqua è trasparente e il fondale lindo.

Sotto di noi, ad appena 20 metri di profondità, le praterie di Posidonia, piante endemiche del Mediterraneo che s’intrecciano strettamente tra di loro creando terrazze sottomarine che, viste da qui; sembrano chiome spettinate, in cui si riparano, si nutrono e si riproducono specie protette. Queste importanti foreste marine assorbono gran parte dell’energia delle onde contenendone la forza prima che giungano a riva, proteggendo così la costa dall’azione erosiva del mare.

Un mare che è bandiera blu, bandiera verde e cinque vele Legambiente, un “habitat di pregio” che ospita spiagge ciottolose, calette oggetto di contesa e grotte marine sommerse e semisommerse.

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Dal Castello di Castrocucco, sul grande costone di roccia sospeso sul mare, fino a qui, è un susseguirsi di torri costiere anticorsare che ci accompagnano dall’alto e di spiagge, grotte e calette che ci seguono dal basso: cala Jannita conosciuta come spiaggia nera, per la sua conformazione di origine vulcanica; spiaggia d’I Vranne con la grotta di Giorgio, la spiaggia d’Illicini con la Grotta della Sciabella, Spiaggia d’a Gnola e cala della secca.

Sostiamo in ogni insenatura che ci accolga e profaniamo ogni grotta, manovrando il nostro bastimento con destrezza e zelo all’interno degli anfratti stretti e bui, in cui si aprono d’improvviso i paesaggi segreti che si nascondono dentro. Urliamo il nostro nome per sentire l’eco tra le pareti rocciose, screziate e rilucenti, che quasi ci vengono addosso mano a mano che avanziamo. Dondoliamo adesso adagio sopra questi pozzi celati dal mare: affondiamo le mani nello specchio d’acqua blu cobalto ed “è tutto vero”.

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Dall’isolotto di Santo Janni, scoglio a 500 metri dalla costa di Castrocucco da cui siamo partiti, abbiamo navigato senza paura sulla cresta della curiosità lungo tutto il litorale, fino al porto, con lo sfondo ora del monte San Biagio sulla cui cima apre le braccia verso la Lucania la statua del Redentore, sovrastante il centro storico, l’abitato di Marina di Maratea e noi.

È quasi sera e il tramonto lo lasciamo alle spalle, mentre il fuoco rosso del cielo si spande, attorno, dentro, sui nostri capelli e intriso nelle nostre chiacchiere. Non c’è luce più bella di quella che sancisce la fine di un’altra lunga, piena e intensa giornata.