Melanoma, come conoscere e prevenire il tumore alla pelle
Il melanoma è il più grave dei tumori alla pelle. Tra i più subdoli e aggressivi, vediamo come scoprirlo per scegliere il trattamento più adeguato
Un effetto collaterale del sole che può generare un ospite indesiderato in grado di nascondersi per anni prima di mostrarsi in tutta la sua potenziale pericolosità. Potrebbe essere questa la sintesi perfetta per descrivere il melanoma, uno dei tumori cutanei più pericolosi esistenti che abbina una bassa incidenza ( rappresenta, infatti, solo il 5% di tutti i tumori della pelle) ad una notevole aggressività, grazie alla quale è in grado di svilupparsi molto rapidamente fino ad invadere i tessuti circostanti causando danni e necrosi in brevissimo tempo.
Generalmente il punto di innesto delle cellule maligne sono sempre i nei, le caratteristiche macchie nere della pelle che possono formarsi ex novo oppure svilupparsi a partire da un neo già esistente. In entrambi i casi alla base del processo c’è un addensamento di melanociti, le cellule su cui si regge l’impalcatura dello strato più superficiale della cute (ovvero l’epidermide) aventi il compito di produrre la melanina, un pigmento responsabile della colorazione naturale di pelle, occhi e capelli con la finalità di proteggerci dagli effetti dannosi dei raggi solari. Generalmente i nei sono già naturalmente presenti nel nostro organismo e rappresentano delle appendici cutanee innocue, che solo in caso di proliferazione incontrollata o anomala possono evolvere in fenomeni patologici.
Questi processi possono verificarsi sia naturalmente in soggetti già predisposti a causa di mutazioni genetiche, che artificialmente in seguito all’esposizione prolungata ai raggi solari o alle radiazioni derivanti dall’utilizzo di lampade UV perché sono in grado di penetrare a fondo nelle cellule della pelle danneggiando il DNA, che accumula così mutazioni da cui possono innescarsi processi di sviluppo tumorale.
DIAGNOSI
Pur essendo un fenomeno abbastanza visibile, il melanoma è un tumore che non dà nessun sintomo rilevante e per questo motivo risulta anche difficile da individuare. Generalmente il normale iter diagnostico inizia a partire da una mappatura di tutti i nei esistenti, i quali vengono analizzati attraverso il cosiddetto sistema ABCDE, un test con cui il dermatologo valuta le diverse caratteristiche del neo tra cui l’Asimmetria ( i melanomi sono di solito asimmetrici, con una metà della macchia più grande dell’altra), i Bordi ( neI melanoma tendono ad essere irregolari), il Colore( il neo maligno presenta colori diversi come nero, bruno o rosso), la Dimensione( non deve essere irregolare né superare i 7mm circa) e l’Evoluzione (una lesione cutanea che tende a modificare la propria forma, colore e superficie è da ritenersi sospetta e va verificata).
Se l’analisi visiva evidenzia un neo sospetto, lo step successivo prevede l’utilizzo della biopsia per stabilire se l’appendice cutanea è innocua o cancerosa. In base alle dimensioni del neo da analizzare si possono attuare diverse manovre di biopsia come la escissionale (prevede la rimozione completa di un neo se di piccole dimensioni), l’incisionale (rimuove solo una porzione, e si usa per nei più grandi o per ragioni estetiche), la rimozione superficiale (preleva solo lo strato superficiale se si sospettano malattie che non interessano gli strati più profondi della pelle), e quella profonda (rimozione in profondità del neo, se il sospetto di melanoma è elevato).
La biopsia rappresenta una panoramica generale della situazione perché fornisce informazioni sul grado di proliferazione delle cellule, su quanto il tumore è cresciuto in profondità nella pelle e se ci sono segni di ulcerazioni. In caso di elevata aggressività l’analisi bioptica è seguita dal controllo dei linfonodi, perché quando un melanoma inizia a diffondersi attacca immediatamente i linfonodi più vicini, chiamati sentinella, che drenano la linfa direttamente dal tumore.
L’unione di biopsia e valutazione dei linfonodi consente di stabilire lo stadio del melanoma che può essere catalogato come segue: stadio 0 (melanoma in situ), il tumore è confinato all’epidermide e non si è ancora spinto nel derma; stadio I e II, melanomi primitivi, profondi qualche millimetro, a volte associati a ulcerazioni ma non ancora diffusi in metastasi; stadio III, melanomi di diversa profondità che hanno già dato metastasi confinate ai linfonodi circostanti o all’area attorno al tumore; stadio IV, melanomi in metastasi diffusi oltre il distretto regionale da cui sono originati.
TERAPIA
Nel trattamento dei melanomi non esiste una via univoca, ma la scelta della terapia da utilizzare si basa sempre sulle caratteristiche del tumore e sul suo stadio di progressione.
Chirugia
Generalmente la maggior parte dei melanomi viene rimossa chirurgicamente, limitatamente al neo maligno o a una porzione di area circostante, con una procedura relativamente veloce che si esegue in anestesia locale e comporta una cicatrice e dolore per qualche giorno.
Alcuni tipi di tumori più avanzati possono richiedere la rimozione chirurgica anche dei linfonodi sentinella con un intervento più invasivo che può avere come principale effetto avverso la comparsa di linfedemi, ovvero un ristagno di linfa che causa gonfiore, dolore, bruciore e disturbi della sensibilità nell’area interessata.
Radioterapia
La radioterapia si usa solitamente per melanomi non trattabili a livello chirurgico o in metastasi. Questa metodica utilizza radiazioni ionizzanti per colpire le cellule tumorali e ridurre l’estensione della malattia o prevenire la sua diffusione. Può essere effettuata sia dall’esterno, irradiando in ripetute sedute quotidiane delle aree mirate, che dall’interno (brachiterapia), posizionando dispositivi radioattivi direttamente nei tessuti malati.
Immunoterapia
L’immunoterapia si basa sull’utilizzo di anticorpi monoclonali che agiscono ri-attivando alcune cellule del sistema immunitario impegnate a reagire nei confronti delle cellule tumorali. Si tratta di una terapia caratterizzata da tempi con risposta medio-lunga ed eventuale tossicità tardiva (si può manifestare anche diversi mesi dopo il termine della cura). Tuttavia, il vantaggio è che circa il 50% dei pazienti immunoterapici presenta risultati significativi in termini di incremento della sopravvivenza, valore che aumenta fino all’80% quando i trattamenti immunoterapici sono associati tra loro (nivolumab e ipilimumab).
Quelli appena citati sono trattamenti che risultano fondamentali per impedire la degenerazione di un fenomeno già esistente, e la cui insorgenza definitiva può essere scongiurata solo dal buon senso. Per questo motivo è importante adottare un rigido piano di prevenzione sfruttando anche le accortezze più banali, come il prestare attenzione all’esposizione solare durante le giornate di mare (e non solo), oppure il sottoporsi a processi di autoanalisi dei nei per individuarne eventuali cambiamenti e scongiurare di fatto l’appropriazione indebita della nostra pelle da parte di un ospite potenzialmente indesiderato.
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