10 Novembre 2017 - 09:36

Pedalando da Roccadaspide a Stio, verso i sapori antichi della castagna

roccadaspide

Da Roccadaspide a Stio, Outdoor va a ZONzo su 2 ruote pedalando lungo i castagneti dell’entroterra collinare cilentano tra i colori vivi dell’autunno. Corleto Monforte, Magliano, Felitto, Gorga, fino ai sapori antichi della castagna nel centro storico della passata Ostium

Siamo ancora una volta nell’aria protetta del parco nazionale del Cilento, in quella terra interna, tra vallate, colline e montagne, in cui parla solo la Natura, quella autentica, indomita e a volte aspra, che dà voce, a tratti lungo i suoi percorsi, a quei piccoli borghi arroccati in cui risiedono, orgogliosi e semplici, antiche genti del Sud.

E così da Roccadaspide a Stio, oggi ci mettiamo in sella e “fermiamo l’orologio”, attraversando antichi villaggi che pare si siano sottratti al tempo del cambiamento e dell’immediato, per ridarci quello ciclico e lento della natura.

Dimentichiamo a che ora torneremo a casa, i negozi aperti sul corso, l’outfit del giorno di festa, la tv, il divano, l’ora del tea e gli appuntamenti a cui non volevamo andare. Il nostro tempo oggi si dilata e ci regala una giornata di pura vita.

E così, nella terra dei longevi sperimentatori della dieta mediterranea, ci ritroviamo su due ruote, allegri e goliardici come ad ogni uscita, con lo zaino ricco di banane lasciato nel pulmino e il calzino leonardesco che ci copre fino al ginocchio.

Lasciamo a’ Rocca – il paese del marrone con il marchio IGP – a 340 m di altitudine e intraprendiamo la nostra pedalata nella valle del Calore, che inizia e finisce con un omaggio alle “ghiande di Giove”.

Iniziamo la salita con i benestare degli arzilli anziani che ci buttano un’occhiata tra una mano e l’altra di tre sette: “Nun ve stancate” ci augurano sorridendo, “cà ogni lavoro s’adda fare senza pressa”.

Pedaliamo con i colori accesi dell’autunno negli occhi, e lungo la strada cachi, melograni, corbezzoli e tappeti di ricci che nascondono, con tanta premura, sotto le spine le ultime castagne.

Definito il “cereale che cresce sugli alberi” in quanto simile nutrizionalmente al frumento, la castagna è strettamente legata alla vita di molti popoli dell’alto Cilento di origine contadina, perché è stata per lungo tempo una delle fonti principali per l’alimentazione. La raccolta, era un tempo uno degli avvenimenti più importanti della vita agricola, oggi possibilità di lavoro, occasione di festa e momento di condivisione.

La castagna ha letteralmente ciò che si dice essere “l’eleganza del riccio”, piena di aculei fuori, ma morbida e preziosa dentro.
Con le castagne si fanno i dolci più golosi, creme, composte, zuppe e minestre e, grazie alla farina che se ne ricava, anche pizze, pane e pasta.

E il pensiero di queste prelibatezze inganna la nostra fatica. Si, perché la nostra salita non finisce mai: 11 km a duellare con la forza di gravità, dove ad ogni curva pensi che sia finita, che ora arriva la discesa, che la bike stia per diventare più leggera…
E invece stringi i glutei e pedali, muovi le gambe, il bacino, fai pressione sul manubrio per convincere la bici che tu non pesi nulla.

Tocchiamo picchi di 160 battiti al minuto dove il cuore “chiede pietà”, i polmoni non sanno più dove recuperare ossigeno e il cervello diviene sul serio “nà sfoglia e cipolla”.

Ma la salita non è altro che uno stimolo, un luogo dove conosci te stesso, i tuoi limiti e la forza della tua volontà. Con la salita apprezzeremo la discesa e il paesaggio diverrà una conquista.

Ed eccolo il nostro paesaggio, il nostro traguardo, all’ultima curva prima di scavallare: l’ultima botta di pedali verso il monte Vesole e poi finalmente giù, a volare sul passo verso Monteforte Cilento.

La vallata della Diga Alento ci appare meravigliosa. Il mare, Capri e punta Campanella si rivelano inaspettati e noi restiamo finalmente muti per goderci l’epilogo della nostra tenacia.

Scendiamo ora leggeri lungo il costone roccioso delle Rupi di Magliano, tra capre, suoni di campanacci e cori di alberi di una “via silente”.
Tocchiamo quasi i 50 km all’ora di velocità e squarciamo la strada.

Attraversiamo Capizzo, Magliano Vetere e poi Magliano Nuova, antichi e sempre uguali, con i loro vicoli corti e stretti, le piazzette al sole con gli anziani, i tabacchi nelle case al piano terra, i bar con lo zucchero e il caffè in vetrina, e i vecchi empori, ancora esistenti, con i loro pavimenti a macchie bianche e nere.

Il Cilento si apre a chi sa vivere le sue bellezze. I luoghi non s’invadono, si abitano. Anche se per poco tempo.

Attraversare un luogo è come il primo approccio: lo si fa in punta di piedi

Salutiamo il libraio ambulante e il pastore col bastone che vuole venderci il caciocavallo e proseguiamo lungo il bosco di Corleto con il suo fascino crepuscolare. Gli ultimi km di falsopiano verso Felitto sono una sfida con il “sellino”.

Lo shock metabolico della salita è servito per preparare lo stomaco alla serata. Dopo 37 km di strada e quasi 500 m di dislivello, le prime castagne arruscate di Carmelina vengono strafocate.

Dopo una giornata di respiri affannati, marce sbagliate, congiure mancate e scongiuri vari, il nostro tempo insieme non è ancora finito.
Antonio il “furgoncino” porterà questo gruppo di corpi esausti fino al centro storico di Stio, dove un banchetto tra i suoi cortili ci farà recuperare tutte le calorie perdute.

Cavatelli e fusilli, porcini e salsiccia di cinghiale, viccio e sfrianzola e poi la signora castagna, la regina dei nostri scenari e dei sapori autunnali.

Dopo una giornata di sfide vinte, di aria buona, di occhi pieni e di qualche pedalata indietro nel tempo, pare non si voglia più tornare a casa.
Alla felicità non ci si abitua mai.

Nessuna delle nostre piccole sofferenze quotidiane

resiste ad un buon colpo di pedale. Tristezza, attacchi di malinconia…

inforchiamo la bicicletta e fin dalle prime pedalate abbiamo l’impressione

che un velo si squarci.

Didier Tronchet

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