22 Gennaio 2017 - 20:43

Viaggio in bici: da solo, ad appena 22 anni. Ecco cosa ha fatto

viaggio in bici

Il merito di questo meraviglioso tour va ad un ragazzo di soli 22 anni, che ha compiuto un incredibile viaggio in bici, completamente da solo, viaggiando…

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Viaggio in bici; a soli 22 anni, ha compiuto uno di quei viaggi che si leggono solo nei libri, o si vedono nei film; Enrico Gasparri, originario di Cattolica, ha attraversato in bici l’Europa, pedalando per ben 4.600 km fra Italia, Spagna e Portogallo. Un’esperienza unica e magica, che gli ha permesso di vivere meravigliose emozioni, ammirare panorami mozzafiato, conoscere nuove persone, apprendere nuove lingue, ed acquisire forza e sicurezza in se stesso e nelle sue capacità.

Ecco la sua storia

“Mi ritrovo in Spagna, a Malaga, seduto sulla mia bici, la mia fedele ed unica compagna di viaggio.

Il mio viaggio in bici, Enrico Gasparri.

Sono qui, ed osservo felice, quasi incredulo, il mio taccuino, che mi informa di aver percorso ben 4600 Km in 47 giorni; se ripenso a quando mi accingevo a partire, ed a come mi sembrava folle ed impossibile anche il solo pensiero di iniziare questa avventura… un viaggio in bici. Sono qui e mi chiedo cosa mi abbia spinto ad intraprendere questo viaggio. Ad essere onesto, non riesco a trovare una sola risposta precisa; forse l’idea di usare la bici come mezzo di trasporto per viaggiare è nata quando, a 14 anni, ero fidanzato con una ragazza spagnola e spesso, guardando la cartina geografica, pensavo che in fin dei conti la Spagna non era poi così lontana, e che in bici sarei potuto arrivare da lei per fargli una sorpresa.

O forse tutto è scaturito dal semplice fatto che ho sempre amato trascorrere il mio tempo all’aria aperta, praticare sport e lottare per guadagnarmi tutto quello che volevo; e credo fortemente che viaggiare in bici unisca in sè tutte queste passioni.

Sta di fatto che la cartina geografica ho continuato a guardarla anche quando la cotta adolescenziale è finita; e proprio questa estate, durante uno dei tanti normali giorni di lavoro, ho sentito che ero pronto, ed ho deciso che al termine della stagione lavorativa sarei partito per il mio primo, vero, viaggio in bici, totalmente in solitaria.

 

Così il 17 settembre, all’alba, ho salutato mia mamma e la mia cagnolona, e sono uscito da casa con un gran sorriso sul volto e un casino di dubbi nella testa.

Sapevo solo che volevo arrivare in Spagna, ma non avevo organizzato nulla, né stabilito strade e percorsi; non avevo la minima idea di dove sarei andato, dove avrei dormito, cosa avrei mangiato, né su come avrei trovato la strada da seguire. Forse avrei dovuto sentirmi tremendamente spaventato, ma invece, ad ogni pedalata, mi sentivo sempre più libero: libero dalle convenzioni, libero dalla routine, libero dalle ansie e dai dubbi, libero da tutto; e sentivo nascere in me la consapevolezza che sarei riuscito a trovare le soluzioni a tutte le problematiche che avrei incontrato lungo il mio cammino.

Tutto quello che avevo con me rappresentava l’essenziale: una bici (molto semplice per la categoria, ma che oggi posso affermare molto buona in quanto non mi ha mai dato nessun problema in tutto il viaggio, neanche una foratura), 4 borse da bici, un borsello sul manubrio, una tenda, un treppiedi, una macchina fotografica, il casco sulla testa e una destinazione nella mente: Barcellona; lì mi aspettava una carissima amica, che non vedevo da molti anni.

Il primo giorno è stato fantastico; l’ho percorso tutto d’un fiato; più mi allontanavo da casa e più sentivo scorrermi l’adrenalina nelle vene. Sono arrivato a Firenze dopo 12 ore, e sono stato accolto da un’amica che era riuscita a trovarmi un posto per dormire a casa di suoi amici.

Da lì in poi, non ho avuto più amici, né amici di amici, ad accogliermi ed ospitarmi, né tanto meno strade più o meno conosciute da seguire; così ho dovuto iniziare ad arrangiarmi.

Per dormire ho usato quasi sempre Couchsurfing, un sito dove persone di tutte il mondo offrono ospitalità gratuita ai viaggiatori; è stata un’esperienza stupenda. E quando non trovavo nessuno disponibile ad ospitarmi, avevo due opzioni: la tenda o l’ostello; poi, lungo il viaggio, se ne sono aggiunte altre due: la panchina o il non dormire.

Usavo, invece, GoogleMaps per visionare la strada da percorrere del mio viaggio in bici. Ogni giorno guardavo la mappa e sceglievo il luogo fin dove sarei voluto arrivare, memorizzavo i nomi dei paesi che avrei incontrato lungo la tappa, mettevo via il telefono e iniziavo a pedalare seguendo le indicazioni dei cartelli stradali, paesino dopo paesino.

Da Firenze sono passato per Pisa fino a giungere a Viareggio, dove ho dormito nella splendida Spiaggia della Lecciona; una delle poche spiagge italiane che ancora preserva il suo stato naturale e, devo ammetterlo, è bellissima!

Ho proseguito seguendo il mare; non il mio mare Adriatico, ma bensì quello Ligure, che mi ha portato a pedalare attraverso le cinque terre, tra paesaggi da cardiopalma (così come il mio battito cardiaco, causa le infinite salite da rampicata) fino a giungere a Genova, dove ho vissuto la mia prima esperienza couchsurfing a casa di Alessia, una simpaticissima ragazza Italiana. Il giorno seguente ho continuato pedalando lungo la costa, fino al tramonto, fermandomi a Marina di Andora dove dormito in tenda di fianco a quella di Rocco. Rocco è un clochard che, da 10 anni, non ha più una casa, né soldi, né più niente; ma nonostante tutto, non ha perso il suo sorriso né la sua generosità, visto che ha voluto a tutti i costi offrirmi la cena cucinata rigorosamente da lui.

Chissà perché mi viene da pensare che la generosità è inversamente proporzionale alla ricchezza!

La Francia era ormai vicina così, in men che non si dica, mi ci sono ritrovato dentro, attraversando il ricchissimo (e privo di biciclette) Principato di Monaco, poi Nizza e Saint Tropez, dormendo sempre in tenda, fino a giungere a Marsiglia; dopo aver pedalato per strade bellissime, e talvolta molto faticose (come la salita del Parc National Des Calanques) una felicissima discesa mi ha portato nella città dove, con quasi 1.000 Km già percorsi, ho deciso di fare la mia prima mini sosta di un giorno; così ho pernottato due notti in città e poi, rigenerato dal riposo, ho ripreso verso Lunel, attraversando il parco nazionale del Camargue dove Dorian, un ragazzo francese interessantissimo, mi ha ospitato, e poi a Montséret, un minuscolo paesino vicino a Narbona dove ho dormito per l’ultima notte in Francia a casa di Severine, una donna con 3 figli che ospitava anche una studentessa americana.

Poi ho attraversato la frontiera e mi sono così ritrovato in Spagna, avvolto da una gioia pazzesca; da una parte mi sembrava quasi impossibile di essere giunto lì in così poco tempo, dall’altro mi era sembrata la cosa più semplice del mondo.

Dopo un’ultima notte in tenda nella campagna fuori Figueres, sono giunto a Barcellona, dove vi era la mia carissima amica Irina ad aspettarmi. Mi sono rigenerato con 3 giorni di puro relax e divertimento, e poi sono ripartito per percorrere una parte del Cammino di Santiago de Compostela.

Ho raggiunto prima Alcarràs, ospite di un altro couchsurfing Victor, e poi Saragozza, dove invece ho dovuto spendere i primi soldi per il pernottamento in hostel, non avendo trovato né couchsurfing né posti adatti a montare la tenda.

Poi sono giunto a Logroño e da lì, percorrendo una lunghissima tappa di 192 Km che sembrava non finire mai, sono arrivato sul Cammino di Santiago de Compostela dove, credenziale alla mano, ho pedalato per 9 giorni lungo il cammino francese, pernottando negli albergue dei pellegrini.

(Conosci il Cammino di Santiago de Compostela? Ecco cos’è, clicca qui)

Avevo deciso che Santiago sarebbe stata la tappa finale del mio viaggio, e avevo comprato il biglietto aereo per tornare a casa; ma ho cambiato i miei programmi dopo aver incontrato una coppia di sessantenni dei Paesi Bassi, anche loro arrivati lì in bici da casa, che proseguiva verso il Portogallo. Quell’incontro ha fatto scaturire in me la voglia di oltrepassare un’altra frontiera e così sono partito percorrendo due tappe del cammino Portoghese, Porriño e Barcelos, per poi proseguire senza meta.

Sono giunto ad Aveiro, ospite di un ragazzo italiano in Erasmus, Pietro, che mi ha parlato di una cittadina di nome Peniche dove si stavano svolgendo i campionati di surfing; così ho continuato verso Marinha Grande, dove sono stato accolto da una bellissima coppia, per poi giungere a Peniche, dove ho assaporato l’aria di festa e lo stile da surfista, tra gente con tavole sotto al braccio e furgoni trasformati in case bellissime.

Ho letteralmente perso la cognizione del tempo, rapito dalle spettacolari performance dei surfisti, così mi sono ritrovato di sera inoltrata, senza un posto dove dormire né hostel con stanze libere; tutto era Full.

Così ho deciso di provare una nuova esperienza, che avevo già in mente da un po’, ossia non dormire e continuare pedalando di notte per compiere in notturna quella che sarebbe stata la tappa prevista per il giorno seguente. E’ stata un’esperienza incredibile, meravigliosa e magica; pedalare lungo le vie silenziose, sotto le stelle, fra strade che salivano e scendevano dolcemente e che spesso costeggiavano il mare, fino a giungere di primo mattino a Lisbona, proprio dinnanzi ad una pasticceria che stava appena aprendo.

Mi sono lasciato tentare dal dolce profumo che fuoriusciva ed ho gustato un caffè (senza il quale non avrei potuto compiere neanche un passo in più) e alcuni dolci tipici; poi, con la faccia simile a quella di uno zombie, mi sono presentato a casa di alcuni ragazzi italiani che mi hanno ospitato per due giorni e, con i quali, da buoni italiani Doc, si è parlato solo di cibo, per poi concludere con una divertente serata tra musica e risate.

Sono ripartito di buon mattino, con circa sole tre ore di sonno, pedalando tanto e veloce; poco prima del tramonto mi sono fermato ad un ipermercato per acquistare cibo ed acqua e, quando sono uscito, sentivo freddissimo ed il tempo minacciava pioggia, così mi sono disteso sulla panchina sotto la gran tettoia e… non c’è bisogno che aggiunga altro, anzi sì: la panchina è proprio scomoda per dormire!

Il giorno seguente, ancora prima dell’alba, ero già in strada ed ho pedalato fino a Lagos, dove mi sono fermato in un ostello molto spartano, insieme ad altri ragazzi simpaticissimi che pernottavano anche loro lì.

(Cosa vedere in Portogallo? leggi gli articoli dedicati alle mete più famose, clicca qui: Lisbona, Rota VicentinaSagres, Sintra, Cascais, Lagos, Portimao)

Dopo tre giorni di cibo e relax ero pronto per ripartire, forse anche troppo pronto visto che ho deciso di lasciare il Portogallo per continuare il mio viaggio in bici con destinazione Andalusia, Spagna, percorrendo Lagos-Siviglia in una sola giornata; 24 ore dopo essere partito da Lagos, e dopo aver effettuato ripetute soste per non esagerare nello sforzo fisico, sono arrivato in Spagna, a Siviglia, con il conta chilometri che indicava ben 300 Km percorsi in un’unica giornata.

La mattina dopo sono ripartito verso Rota, un piccolo paesino sul mare dove una donna hawaiana mi ha ospitato in una magnifica villa con terrazza sul mare e tanto di veduta di tramonto serale; l’idea era quella di fermarmi solo per la notte, ma lei era troppo in gamba e in quel posto meraviglioso si stava così bene che mi sono concesso un ulteriore giorno di vacanza, durante il quale ho acquistato il decisivo biglietto aereo di ritorno a casa. Sentivo di essere al termine, ormai, del mio viaggio in bici, e avevo veramente tanta voglia di tornare a casa, perché: solo quando sei lontano riesci ad apprezzare appieno il valore di casa, e solo quando ci rinunci capisci realmente l’importanza di ciò che hai.

(Cosa vedere in Portogallo? leggi gli articoli dedicati alle mete più famose, clicca qui: Tarifa, Ronda, Granada, Caminito del Rey,Nerja, Marbella, Puerto Banùs)

Così, con il biglietto aereo Malaga-Bologna acquistato per il 6 novembre, sono partito per Tarifa dove sono arrivato stremato, causa il forte vento che incredibilmente sembra soffiarti contro in qualsiasi direzione andassi, e mi faceva sudare ogni chilometro, senza darmi tregua. Lì ho conosciuto Marta, una simpaticissima ragazza romana che quella sera terminava il suo tour dell’Andalusia, e Annalisa, una giramondo giornalista-fotoreporter Napoletana che viaggiava da un anno da sola, zaino in spalla e sorriso sul volto (che ha deciso di intervistarmi; ecco perché mi ritrovi qui, oggi, a raccontare la mia storia); abbiamo deciso di trascorrere una giornata di viaggio insieme (c’erano una volta tre Italiani per caso hahaha) e siamo andati a Gibilterra dove ci siamo divertiti da pazzi facendo trekking sull’Upper Rock, tra infiniti gradini e scimmie divertenti, guardate voi stessi il video: clicca qui.

Dopo la bellissima giornata insieme, abbiamo cenato in un ristorante indiano, poi abbiamo salutato Marta, che si è diretta verso il suo aereo per tornare a casa, mentre io e Annalisa siamo stati ospiti a casa del couchsurfing Steven, un gentilissimo ed ospitale uomo Inglese.

La mattina seguente, non troppo di buonora e non troppo velocemente, ho intrapreso l’ultima tappa del mio viaggio in bici, ed ho pedalato più nei miei ricordi che sui pedali, ed è stato molto emozionante; realizzare che, veramente, ero partito da casa ed ero giunto fin nel Sud della Spagna, dopo aver oltrepassato il nord Italia, la Spagna centrale ed il Portogallo, con la mia bici… realizzare che avevo “realizzato” ciò che fino a poco tempo prima mi sembrava poter essere solo un sogno… è stato incredibile!

Il mio “viaggio in bici”

Questo mio viaggio in bici mi ha veramente insegnato tanto:

Mi ha insegnato a non giudicare le cose né le persone dall’apparenza, perché ogni volta che l’ho fatto, ho sbagliato e mi sono dovuto ricredere.

Mi ha insegnato ad avere una visuale più ampia delle cose, ed a non preoccuparmi né fissarmi su di un piccolo problema; perché molte cose che mi sembravano sventure, si sono rivelate essere, poi, il pezzo di un puzzle più ampio, meraviglioso e felice, che ho potuto comprendere solo dopo.

Mi ha insegnato quanto il nostro corpo sia forte, ed anche quanto sia importante il ruolo che gioca la nostra mente; a volte cerca di “imbrogliarci”, facendoci credere che siamo sfiniti quando in realtà non lo siamo. Ma basta avere la determinazione per continuare, è tutto diventa possibile.

Mi ha insegnato a sorridere, sempre, qualunque cosa accada, ed a prendere tutto con filosofia e positività; se anche non puoi cambiare le cose, puoi sempre cambiare il tuo punto di vista.

Mi ha insegnato che in questo mondo esistono milioni di persone stupende, pronte a darci molto, senza chiedere nulla il cambio, se solo noi glielo permettiamo.

E mi ha insegnato anche un po’ in più di geografia. 😉

Raccontandovi la storia di questo mio viaggio in bici, spero di poter invogliare e spronare tutte quelle persone che amano viaggiare (e magari che vorrebbero compiere proprio un viaggio in bici come me) a far sì che inseguano i loro sogni e si convincano che “possono e dovono farlo”; non abbiamo bisogno di nessun insegnante o insegnamento, se non quello di trasformare i nostri desideri in realtà. Fino a quando non li troveremo di fronte a noi, e a quel punto dovremo solo viverli!”

Enrico Gasparri

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Buon Viaggio…

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